Bilancio sostenibileAnche gli artigiani seguono le regole green

Oggi fare quadrare i conti con il Pianeta è un’esigenza percepita sempre da più persone: privati cittadini, grandi aziende e piccoli imprenditori. Ecco perché conviene a tutti finanziare iniziative che vanno in questa direzione

Non c’è più solo il bilancio economico, quello che fa quadrare entrate e uscite. Oggi le imprese fanno anche il bilancio di sostenibilità. Di fatto, è un elemento complementare al mero calcolo numerico e che vive nell’ambito delle attività realizzate per la responsabilità sociale d’impresa. Anche nel settore della ristorazione sempre più aziende lo realizzano una volta l’anno. Lo ha presentato di recente Ferrarelle (che da quest’anno diventerà una società benefit) che punta a rendere più sostenibile l’impatto dell’azienda, che già ora è l’unica realtà italiana del settore ad avere uno stabilimento ad hoc per riciclare le bottiglie in Pet. Lo fanno Sanpellegrino (che ha ridotto del 58% le emissioni di Co2 in 10 anni), Barilla (che con Wasa ha realizzato il primo marchio a zero emissioni nette di Co2), Ponti (che ha ridotto del 9% l’acqua usata per ogni chilo di prodotto) e diverse altre.

Ancora, però, c’è molto da fare: secondo uno studio di Adiconsum, Aduc, Federconsumatori e Comitas, partner di Consumerlab, 8 imprese su 10 ancora non scrivono il bilancio di sostenibilità. Seppur sia un obbligo formale per le aziende di grandi dimensioni ormai dal 2017, anche i più piccoli, che fanno un lavoro artigianale, si stanno spingendo in questa direzione. Ma qual è il senso per un piccolo imprenditore della ristorazione di realizzare un percorso simile?

«La sostenibilità», spiega Guido Gobino, artigiano cioccolatiero a Torino, «è uno dei parametri fondamentali che concorrono a costruire la qualità dei nostri prodotti. La sostenibilità è l’unica strada percorribile per concepire lo sviluppo futuro – aggiunge – Noi, già da tempo, ci impegniamo per garantire un’attenta e corretta gestione ambientale, sociale ed economica nell’intera filiera di produzione del nostro cioccolato».

Come si controlla la sostenibilità? Tutto ruota attorno a un percorso di filiera, dall’uso dei materiali, al consumo delle risorse energetiche, alla produzione fino alla rete di distribuzione. Il settore del cacao è un esempio di prodotto glocale ed è una delle maggiori sfide da seguire: se da una parte le fave provengono dalla fascia tropicale del mondo (e che dunque necessitano di un modello di governance etico e più sostenibile), dall’altra si valorizzano i prodotti locali. Nel caso di Gobino, per esempio, la nocciola tonda gentile delle Langhe prodotta in Piemonte, con il latte della filiera alpina. Un discorso a parte (e che pesa non poco in questo settore) lo ha il packaging. Ormai, alla carta e al cartone (sui quali si punta con le certificazioni Fsc per le foreste gestite in modo responsabile), si associano plastica e alluminio (riciclabili al 100%). Dunque, non c’è solo il trasporto o l’energia dell’impresa a rendere il prodotto sostenibile. La sostenibilità, in fondo, la portiamo anche in tavola e la mettiamo nel piatto, ogni giorno. Dipende, però, da cosa si mangia.

Nel caso di Gobino, per esempio, negli anni è stato possibile garantire che tutte le confezioni di plastica fossero riciclabili al 100%. Il 100% della carta e cartone vergini impiegati sono certificati FSC, provengono quindi da foreste gestite responsabilmente. L’alluminio è un materiale prezioso, impiegato da sempre per l’avviluppamento del cioccolato ed è 100% riciclabile.

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