La casa d’aste Bonhams Fine Books and Manuscripts di New York ha messo all’asta un ricettario davvero fuori dagli schemi. Si tratta di Wild Raspberries, libro di cucina autopubblicato da Andy Warhol in tiratura ridottissima (solo 34 esemplari) nel 1959, quando ancora non era un artista famoso e si guadagnava da vivere facendo l’illustratore di libri per bambini.
Diciamolo subito: tra iguane arrosto, piramidi di uova sode e foglie di vite marinate il volumetto, lungi dall’essere un libro di ricette nel senso classico del termine, è una gioia più per gli occhi che per il palato. È noto che Warhol non avesse interesse per il cibo in sé. Narrano i fortunati presenti che per i pranzi alla Factory, l’ex fabbrica di Manhattan dove lavorava Warhol, bastasse fare una telefonata a Balducci, celebre catena di gastronomia italiana, oppure a Trader Vic’s o Wadley & Smythe.
Wild Raspberries è un’opera d’arte, un ricettario sui generis che al posto degli ingredienti e delle spiegazioni tecniche suggerisce idee ironiche e surreali per servire i piatti. Ci sono le Omelette Greta Garbo che vanno vanno mangiate da soli «in una stanza a lume di candela», o il Capriolo scottato «più buono se ucciso alla sprovvista» invece che «dopo un inseguimento». Sotto il maialino arrosto servito su un vassoio d’argento in stile Belle époque la didascalia recita: «Contattate Trader Vic’s e ordinate una succulento maialino da 40 sterline per 15 persone. Parcheggiate la vostra Cadillac davanti all’ingresso del ristorante e ritirate il maiale esattamente alle 6:45».
La genesi del libro è altrettanto divertente. Un giorno l’interior designer Susie Frankfurt visita una mostra di Warhol a Manhattan e ne rimane colpita. I due si incontrano, si piacciono all’istante, nasce un’amicizia. Insieme decidono di produrre un libro a quattro mani che prenda un po’ in giro la pomposa cucina francese, molto in voga tra le casalinghe americane dell’epoca. Lei scrive i testi, lui fa i disegni, la madre, Julia Warhola, ricopia le ricette con tanto di errori di ortografia. Per colorare i disegni vengono coinvolti quattro bambini che abitano nel palazzo di Warhol.
Secondo Darren Sutherland, responsabile della sezione Books and Manuscripts della casa d’aste newyorchese «questi libri auto-pubblicati dei primi Anni Cinquanta gettano una luce affascinante sulla mente e la pratica artistica di Andy Warhol negli anni prima che diventasse un artista da galleria e poi, naturalmente, una delle figure più conosciute al mondo. I libri erano principalmente intesi come regali stravaganti per amici e clienti, ma riassumono perfettamente tutta la giocosità e l’amore per il design grafico che caratterizzò il lavoro di Warhol come artista commerciale e che, in seguito, si ritrova nelle sue opere più mature».
A eccezione di alcune copie vendute nel ristorante di Manhattan Serendipity, Wild Raspberries finisce nel dimenticatoio fino agli anni Novanta quando il figlio di Susie Frankfurt lo ritrova tra gli scritti della madre; oggi, proprio come per un formaggio stagionato o un’etichetta pregiata, il volumetto vale una piccola fortuna (base d’asta 30mila dollari, fino al 30 marzo).
A proposito di etichette su cui investire, la casa d’aste Bolaffi, dopo gli ottimi risultati del 2020, ha deciso di proporre vendite di vino con cadenza trimestrale rispetto alle tradizionali due tornate l’anno. L’appuntamento di marzo ha raccolto 241mila euro, con il 93% dei lotti aggiudicati. Top lot italiano il Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno, con una selezione di 5 bottiglie, dal 1990 al 1997 (4.500 euro), seguito da un lotto di 2 magnum del 2014 (4.100 euro). Terzo miglior risultato, il Barbaresco Santo Stefano di Neive Etichetta Bianca 1970 di Bruno Giacosa, con 11 bottiglie (4.000 euro).
Anche la casa d’aste milanese Finarte ha organizzato in questi giorni una tornata dedicata a vini e distillati da collezione provenienti da privati e mercanti internazionali. Tra i lotti più pregiati, una verticale di Sassicaia (annate 2002-2017), un Barolo Monfortino 2010 Giacomo Conterno, tre lotti di Champagne Grande Charte, per la prima volta sul mercato italiano, e uno Château Lafite Rothschild, unico proprietario certificato, conservato in cantina a temperatura controllata; all’incanto anche una selezione di vini soprattutto siciliani dello chef Filippo La Mantia. «Non è difficile in questo periodo trovare ristoranti che hanno necessità di alleggerire la cantina – spiega Guido Groppi, capo dipartimento Vini e distillati di Finarte. Nonostante i locali chiusi, gli appassionati fortunatamente continuano a bere e a loro non resta che rifornirsi nelle enoteche o andare a caccia di occasioni nelle aste».
Su cosa puntare per un buon investimento? «Solo alcuni grandi vini accrescono il valore con il tempo – spiega Groppi. Per quanto riguarda l’Italia sicuramente Barolo e Barbaresco, l’Amarone della Valpolicella, il Brunello di Montalcino e i Supertuscan, definizione che identifica i grandi vini toscani da vitigni internazionali; fuori da queste denominazioni, ci sono gemme isolate sparse in tutt’Italia, singoli vini che hanno saputo affermarsi nel tempo per la loro straordinaria qualità. La stessa cosa vale per la Francia, dove la provenienza dai territori di Bordeaux, Borgogna, Rodano e Champagne è sinonimo di produzioni di grande qualità sempre molto apprezzate dai collezionisti. Così come per i distillati: le vecchie bottiglie di Whisky, Cognac, Calvados, Cherry e Marsala possono rivaleggiare in apprezzamento con le azioni Apple».
Chi è convinto di avere un piccolo tesoro in cantina, magari qualche etichetta avuta in eredità o qualche acquisto fatto nel tempo, può farsi avanti per una valutazione. «Perché una bottiglia pregiata abbia valore dopo 15, 30, 50 anni è fondamentale che la conservazione sia avvenuta in un luogo con temperatura fresca e stabile, senza umidità eccessiva. La stima non si limita all’aspetto esteriore, con etichetta e capsula integre, ma prende in esame anche il contenuto, il livello di riempimento, il colore e la limpidezza del vino». Se ci sono queste premesse, tentar non nuoce.