Il nuovo mondoLe donne che creano il domani sono già all’opera (e un libro le racconta)

Scienziate, studiose, artiste. Ognuna aggiunge un mattone alla costruzione del futuro, di una nuova realtà che ha bisogno anche e più che mai della sensibilità femminile. Chi sono?

Kobu Agency, Unsplash

Chi fabbrica il futuro, oggi, in Italia? Ci sono donne impegnate su questo fronte? E chi sono? In quattro libri precedenti noi autrici di Controparola abbiamo chiesto a una serie di personaggi femminili di raccontarci un secolo e mezzo di storia italiana: Risorgimento e Grande Guerra, nascita della Repubblica e Sessantotto.

Ed eccoci ad ascoltare voci di italiane che avevano fatto la storia, contravvenendo al loro ruolo femminile e collocando un mattone di scenari nuovi.

La domanda che ne consegue è: adesso chi sta lavorando per costruire il domani? Tra qualche decennio, quando il nostro presente sarà diventato passato, quali nomi di donna potranno entrare in un’analoga galleria?

Qui nel Duemila

Nei nostri anni la faccenda del tempo che scorre si è complicata. Perché viviamo nel Duemila, un’epoca che all’immaginazione umana, nei secoli scorsi, è apparsa come il futuro per definizione.

Un’età gravata di sogni utopici e incubi distopici, talmente «futuribile» che è difficile vederla per quello che è. E tanto più vederla quindi, già adesso, come un «passato» di cui liberarsi.

Il Duemila, questo nuovo millennio nel quale stiamo spendendo al presente le nostre vite, è uno scenario che ricorre nei romanzi di fantascienza, l’invenzione letteraria che ha una prima madre in Mary Shelley, con la creatura che il suo Frankenstein fabbrica in laboratorio.

Ma la cui nascita in quanto codificato genere narrativo si fa risalire successivamente, nel 1895, proprio a un romanzo – La macchina del tempo – nel quale Herbert G. Wells immaginava dei primi «cronoviaggi», spedizioni in una quarta dimensione, temporale appunto. Da quell’ultimo scorcio del XIX secolo quello attuale, il XXI, faceva l’effetto di uno scenario così remoto da scatenare la fantasia.

Com’era il nostro Duemila visto da lì? Restiamo nel cortile di casa, con Emilio Salgari. Tra Verona e Piemonte, nell’Italia postrisorgimentale, ecco uno scrittore che è un vero rabdomante di storie e scenari capaci di far sognare bambini, ragazzi e adulti restii a crescere.

A Salgari verrà intestato un asteroide, il 1998 UC23, anche se ha pubblicato un solo romanzo di fantascienza, Le meraviglie del Duemila. In queste sue pagine i terrestri, stimolati dall’energia elettrica che nel salgariano terzo millennio anima il pianeta, corrono a ritmi tali che il protagonista, un giovane americano che si è fatto ibernare ed è arrivato lì dalla pigra Belle Époque, finisce in manicomio..Insomma, quel 2, invece dell’1 che la data si era portata davanti per nove secoli, era perfetto, davvero, a fine Ottocento, per innescare timori o speranze millenaristici.

Più strano è che questo avvenga ancora quando il Duemila è ormai alle porte.

Nel 1968 Arthur C. Clarke e Stanley Kubrick danno vita alla coppia libro più film di 2001: Odissea nello spazio. Nel 1982 un altro film di culto, Blade Runner di Ridley Scott, è ispirato al romanzo “Do Androids Dream of Electric Sheep?” di Philip K. Dick, uscito anch’esso nel 1968 e da Dick ambientato in un 1992 post guerra nucleare; Scott, quando realizza il film, pospone la storia e individua nel 2019 l’anno adatto a ospitare quel fantascenario.

2001: per noi è l’anno che ci ha portato in regalo l’euro, una moneta di cui alcuni già vorrebbero sbarazzarsi. 2019: per noi è già passato..Insomma, libri e film ci dicono che oggi viviamo nel «domani». Ma è come i nostri predecessori l’avevano immaginato? In effetti non assistiamo a sbarchi degli alieni. Né, d’abitudine, ci nutriamo di cibo in pillole. La robotica è entrata nelle nostre vite in maniera assai più subdola e meno spettacolare di come la dipingeva certa fantascienza.

E soprattutto, essendo qui lo possiamo dire, viviamo nel Duemila non come supereroine e supereroi o come automi, ma con il bagaglio delle nostre umane magagne e con l’aspirazione a un normale benessere.

Quando a marzo 2020 un futuro distopico, la pandemia da COVID-19, ha fatto irruzione nelle nostre vite non ci ha trovato in tuta spaziale: ha stravolto, per lo più, delle nostre quotidiane, normalissime abitudini.

La pandemia era una risorsa narrativa che la fantascienza non poteva ignorare: “La peste scarlatta” di Jack London, “Andromeda” di Michael Crichton, tanto per restare ai grandi e dirne un paio…

Già, gli artisti, nell’usare l’intuito, possono sfiorare il paranormale.

Nel 1997 una scrittrice israeliana, Hamutai Shabtai (è la figlia di Yaakov Shabtai, autore di “Inventario”), pubblica un romanzo che si intitola 2020 e dipinge un mondo dove una pandemia costringe gli esseri umani a isolamento e distanziamento: l’idea, ha raccontato nei mesi scorsi, le era venuta negli anni Ottanta, al dilagare dell’AIDS, ma non si aspettava di azzeccare la previsione tanto nel dettaglio.

Se hanno voci narrative come quelle di London e Crichton, ma anche di George Orwell, oppure di due regine della pagina come Ursula K. Le Guin e Doris Lessing, gli artisti possono raccontare il futuro anche meglio di noi che ci siamo immersi.

Ricordate la hate week, la «settimana dell’odio», e i due minuti di odio al giorno che praticano gli abitanti di Oceania in 1984? Qualche parentela con i reali haters di oggi?

L’anarchica Le Guin, nella sua «fantascienza sociale», dagli anni Sessanta del Novecento ha prefigurato invece la centralità che, oggi, nel pianeta avrebbero rivestito due «ismi»: ambientalismo e femminismo («Ma l’unico ismo in cui mi riconosco è il taoismo» amava dire).

Di Lessing basta un titolo: “Memorie di una sopravvissuta”. Dove la voce narrante ci racconta la Terra del futuro in cui si trova: è un mondo dove non si sa come nascono notizie che, in modo altrettanto oscuro, si propagano per tutto il pianeta, e dove legioni di umani, ubbidendo a quelle voci, si spostano da un luogo a un altro, camminando senza un chiaro perché: migrano.

Il libro esce nel 1974: per Internet si doveva aspettare una ventina d’anni, di più per il grande esodo che oggi sposta pezzi di umanità da Est a Ovest e da Sud a Nord.

La Lessing, mezzo secolo fa, è stata la più vicina a premonire una realtà della nostra epoca allora poco preventivata: la globalizzazione, con la conseguente distorsione delle dimensioni di tempo e di spazio.

Per i milioni di persone che migrano il futuro, oggi, non è nel tempo, nel domani, ma è nello spazio, «di là»: in quella parte di mondo senza guerra o siccità o carestia che vogliono raggiungere.

introduzione a “Donne al futuro”, di Paola Cioni, Eliana Di Caro, Paola Gaglianone, Dina Lauricella, Lia Levi, Dacia Maraini, Cristiana Palazzoni, Maria Serena Palieri, Valeria Papitto, Linda Laura Sabbadini, Francesca Sancin, Cristiana di San Marzano, Mirella Serri, Il Mulino, 2021, pagine 20, euro 22