Family ActLa ministra Bonetti assicura che, dopo l’assegno unico, arriveranno nuove misure per le donne

Oggi in Senato si vota sul disegno di legge. Da luglio previsti 250 euro a figlio, ma i 20 miliardi stanziati potrebbero non bastare. Ed entro la fine dell’anno è previsto l’intero pacchetto per spingere sull’occupazione femminile

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

«L’assegno unico e universale è un risultato storico perché in Italia facciamo finalmente un primo passo per cambiare le politiche familiari, rimettendo al centro le nuove generazioni, le donne, il sostegno alla genitorialità e la parità di genere. È l’approccio riformista di Italia Viva». La ministra della Famiglia e le pari opportunità, Elena Bonetti, lo dice a Repubblica mentre il Senato oggi vota su una delle leggi a cui ha lavorato per quasi due anni. Ed entro fine anno è attesa l’approvazione dell’intero Family act.

«L’assegno è frutto di una convergenza ampia di proposte e politiche diverse che si sono integrate nella riforma complessiva del Family act», spiega a proposito delle polemiche su chi si debba prendere il merito. «Anziché discuterne la paternità, si tratta ora di evidenziare l’enorme valenza politica, il perché l’abbiamo voluto e che cos’è. E di assumercene tutti, questo sì, la responsabilità».

In che cosa consiste? «L’assegno unico e universale è il primo pezzo di un’ampia riforma a servizio delle famiglie, che diventa legge dello Stato. Tutti i nuclei avranno una somma mensile a disposizione di ogni figlio, la cui quantificazione è commisurata al reddito e cresce dal terzo figlio in poi, a prescindere che i genitori siano lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti. Ma questa, ripeto, è solo la prima delle misure del Family act: alla fine del percorso avremo una visione organica delle politiche familiari su educazione, natalità, sostegno alla genitorialità, lavoro femminile e autonomia dei giovani: con un approccio integrato e non come misure spot e disarticolate».

Ma non basta un assegno, sottolinea la ministra. «E se ci limitassimo solo all’assegno sbaglieremmo di nuovo strategia: ragion per cui questa misura sta dentro al Family act, agganciata ad altre altrettanto rilevanti. Uno degli elementi chiave della denatalità nel nostro Paese è la correlazione tra la libertà delle donne di poter progettare la loro vita e il pieno accesso al mondo del lavoro, anche integrandolo con l’esperienza della maternità».

La soluzione sta nella riduzione delle diseguaglianze nel mondo del lavoro e nelle famiglie, rispetto ai carichi di cura e alle carriere femminili. «Perciò nel Family act sono previste la revisione dei congedi parentali per garantirli a tutti i lavoratori, autonomi inclusi; incentivi al lavoro femminile; decontribuzione di quello domestico; possibilità di rendere meno costoso per le imprese assumere le donne. La maternità deve essere considerata un investimento sociale. Sono i dati europei a dirci che laddove aumenta l’occupazione femminile, aumenta anche la natalità».

Si partirà entro il primo luglio, assicura: «Il presidente Draghi ha dato un’indicazione chiara». I 20 miliardi stanziati potrebbero però non bastare per dare 250 euro a ogni bambino. «Il Mef sta facendo le quantificazioni precise perché nessuno ci perda», risponde la ministra. «L’assegno è universale ma distribuito sulla base del reddito, è questo il vero cambio di approccio: andrà a tutti i bambini, indipendentemente dal fatto che i genitori siano partite Iva o dipendenti. Oggi non tutti ricevono lo stesso sostegno da parte dello Stato».

E con il Family act avremo un’Italia più giusta, dice: «Diventeremo finalmente un Paese dove le donne e gli uomini potranno realizzare i propri progetti di vita. Un Paese che guarda avanti, senza avere paura del futuro. È la differenza che passa tra politiche di sola assistenza e politiche di investimento».

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