Water GrabbingLe guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo

L’oro blu è diventato oggetto di scontri commerciali, tensioni sociali e guerre internazionali. Lo raccontano Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli in un libro che documenta il fenomeno del fracking in Michigan, delle falde superinquinate delle Bangladesh fino a toccare terre, e delle monocolture in Brasile che inficiano la possibilità, per i poveri, di accedere a questo bene primario

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Nei pressi di Carter Road, una strada ombreggiata da ampli aceri argentei, la compagnia estrattiva Cabot Oil and Gas aveva commesso una serie di gravi errori durante le operazioni di fracking, riversando decine di ettolitri di fluidi contenenti agenti chimici, necessari per la fratturazione delle rocce, dentro la falda acquifera. Contaminandola, a insaputa degli abitanti. Sulle prime nessuno sembrava prestare troppa attenzione alle operazioni di fracking.

Tutti rilasciavano interviste ed era possibile assistere, di soppiatto, alle operazioni di fratturazione. Ma lentamente la protesta nasceva. Inizialmente a livello locale, con la gente esasperata dal traffico dei camion sulle piccole strade di campagna e dall’invasione di centinaia di tecnici e operai con le loro trivelle in quella che un tempo era una tranquilla zona rurale, improvvisamente diventata uno dei principali reservoir di estrazione di gas naturale.

Di sicuro nessuna delle decine di persone intervistate in quei giorni pensava che il boom dello shale gas avrebbe sottratto loro l’acqua per sempre. Nei mesi successivi, la popolazione della zona iniziò a soffrire di attacchi di vomito, nausea e sanguinamento copioso: il fluido di fratturazione aveva contaminato la falda raggiungendo le tubature delle abitazioni di Dimock.

Gli abitanti, che già usavano acqua dalle taniche per gli usi alimentari, si ritrovarono costretti a comprare ogni giorno centinaia di litri d’acqua per lavarsi, dopo che era divenuto chiaro che i malesseri erano causati dalla contaminazione, anche solo attraverso contatto. Nonostante la Pennsylvania sia uno degli stati più ricchi di risorse idriche, in una delle nazioni più tecnologicamente avanzate del pianeta, gli abitanti di Dimock erano rimasti a secco.

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Nel corso di dieci anni in giro per il mondo, entrambi gli autori di questo libro abbiamo accumulato decine di storie come quella della Pennsylvania, storie di ingiustizia, di spreco, di cattiva gestione, di sopraffazione e strapotere, di stupidità e avidità umana. Tutte storie riconducibili all’accaparramento idrico.

Dalla guerra delle dighe sul Mekong alla privatizzazione in Bolivia, dalla crisi idrica californiana al depauperamento delle riserve idriche italiane, dalla contaminazione del Golfo del Messico durante l’incidente della Deepwater Horizon all’accaparramento dell’acqua da parte dell’industria del carbone in Sudafrica. Reportage dopo reportage, si è palesato in maniera sempre più consistente un tema di geopolitica spesso troppo trascurato: il controllo delle risorse idriche.

Le guerre del XXI secolo si stanno già combattendo per l’acqua, e la lotta per l’accaparramento del petrolio blu diventerà il leitmotiv di innumerevoli tensioni politiche, che si riproporranno ogni estate, ogni stagione secca, in tante aree geografiche del pianeta, spesso simultaneamente. Si trova poco tra le pagine dei giornali, e i libri in biblioteca scarseggiano. Eppure quella dell’acqua è ormai una crisi sistemica: il superamento di uno dei nove limiti del pianeta raccontati dall’ecologista Johan Rockstöm e dallo Stockholm Resilience Center. L’acqua è scarsa e tutti hanno iniziato la corsa per accaparrarsela.

Questo libro vuole essere una testimonianza che mette insieme scienza e indagine giornalistica, storie di esseri umani e grandi scenari internazionali. Un tentativo di documentare una grande trasformazione politica, sociale e ambientale. Un allarme: siamo entrati nell’era del water grabbing.

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La Terra vista dallo spazio – si pensi alla famosa foto dell’astronauta Nasa dell’Apollo 17, Eugene A. Cernan – è un’affascinante sfera marmorea blu. Il pianeta Terra è ricoperto da 1.390 milioni di chilometri cubici d’acqua, di cui il 97,5% salata, presente nei mari e negli oceani. Solo il 2,5% di essa è dolce, in gran parte sotto forma di ghiaccio nelle calotte polari. Gli esseri umani ne hanno a disposizione solo 93.000 chilometri cubici, pari a circa lo 0,5% del totale.

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Risolvere le questioni ambientali significa affrontare problemi di equilibrio globale di lungo termine.

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«Water grabbing» è un progetto che attraversa molte sfere della comunicazione: giornalismo, ricerca, fotografia, saggistica, cartografia. Trovare molteplici chiavi per raccontare il water grabbing – il timore di non essere sufficientemente chiari è sempre concreto – diviene fondamentale per raggiungere un pubblico più vasto ed eterogeneo possibile.

Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli, Water Grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo, Emi, 2018, pagine 240, 19,50 euro

 

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