Sul volo di ritorno dal viaggio in Iraq, Papa Francesco spiega di essersi stancato «molto di più che negli altri» viaggi, anche per i suoi 84 anni. Ma che sentiva «il dovere» di partire «pur consapevole dei rischi». Dice di essersi sentito «in prigione» in questi mesi di pandemia e che poter stare con la gente è «rivivere». Poi annuncia una visita in Ungheria e il desiderio di andare in Libano.
Racconta dell’incontro con al-Sistani: «Credo che sia stato un messaggio universale. Ho sentito il dovere di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio. Mi ha fatto bene all’anima, questo incontro. È una luce».
L’idea del viaggio in Iraq, racconta, è nato dopo che un giornalista gli ha regalato «l’edizione spagnola de L’ultima ragazza di Nadia Mourad. L’ho letto. C’è la storia degli yazidi». Quel libro «ha lavorato dentro. Poi ho ascoltato Nadia, che è venuta a raccontarmi delle cose. Alla fine è arrivata la decisione e l’ho presa».
E poi spiega: «La vita dei cristiani in Iraq è una vita travagliata, ma non solo quella dei cristiani. C’è il problema della migrazione. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare e diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano».
Ora, spiega che vorrebbe ricominciare al più presto le udienze generali con i fedeli: «Mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle udienze. Vorrei ricominciare al più presto. Dopo questi mesi di prigione, perché davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo è per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli».
Racconta poi della vista dall’elicottero sulla città distrutta di Mosul: «Da non credere. Una domanda che mi è venuta in mente nella chiesa era questa: ma chi vende le armi a questi distruttori? Chiederei a coloro che vendono le armi che abbiano la sincerità di dire: noi vendiamo le armi. Non lo dicono. È brutto. Mi ha toccato la testimonianza di una mamma a Qaraqosh che nei bombardamenti dell’Isis ha perso il figlio. Ha detto una parola: perdono. Sono rimasto commosso».