Agricoltura Fiaccole, ibernazioni e paglia per sopravvivere al gelo

Una pratica antica, empirica, rischiosa viene messa in atto quando le temperature notturne scendono sotto il limite dopo che le piante hanno già delle gemme. È uno dei pochi rimedi possibili da mettere in atto su larga scala e in brevissimo tempo, insieme al congelamento preventivo  

Il gelo che ha colpito gran parte della Francia la scorsa settimana si preannuncia come uno dei peggiori degli ultimi decenni, con molte colture in pericolo, tra cui viti, alberi da frutto e persino cereali, dal Nord al Sud del Paese. Le perdite non sono ancora state quantificate – i professionisti concordano sul fatto che occorrerà attendere diversi giorni – ma i primi riscontri mostrano un fenomeno molto ampio.

Era già successo in anni precedenti, nel 1991, 1997, 2003 ma tutti gli indicatori fanno pensare che questo sia in assoluto l’evento più grave della storia in Francia.

Per proteggere i raccolti, soprattutto in vigna, è stato messo in atto un processo molto suggestivo, che abbiamo visto rappresentato nel film “Il Profumo del mosto selvatico”, con fiaccole sparse a intervalli regolari tra i filari, accese la notte quando le temperature diventavano troppo rigide e perduravano a lungo. Una pratica antica, empirica, rischiosa, che però è tra le poche possibili da mettere in atto su larga scala e in brevissimo tempo. La natura non aspetta, e non preannuncia le sue scelte.

Il gelo ha colpito anche l’Italia, seppur in maniera per fortuna più lieve. Ma la pratica è stata comunque messa in atto anche da noi, per esempio in Toscana nell’azienda di Borgo a Mozzano, che produce vino e ha acceso i fuochi nei vigneti nelle scorse notti per salvaguardare la vendemmia.

 

Davvero preoccupante, anche se spettacolare, la situazione a Tenuta di Trinoro nelle notti di mercoledì 7 aprile e giovedì 8 aprile, con il suggestivo scenario delle lanterne nei vigneti situati nel Sud della Val d’Orcia, dove Umbria e Lazio si incontrano. Sono state due notti di luce. Tutta la squadra aziendale, composta da 36 operai coordinati da Calogero Portannese, Enea Barbieri, Lorenzo Fornaini e Marco Rossi, ha lavorato senza sosta nei vigneti per contrastare la gelata notturna. Tutti insieme si sono presi cura delle viti, cercando di proteggere i fragili germogli dal freddo improvviso riscaldando le piante grazie a 3.000 candele anti-gelata, predisposte nelle ore precedenti. Si tratta di secchi colmi di cera, che vengono utilizzati soprattutto in Francia per prevenire le gelate nelle vigne. Gli strumenti caloriferi sono stati posizionati nel vigneto in base a uno schema ben preciso, in questo caso circa 300 candele per ettaro all’interno dei filari.

L’operazione è iniziata intorno a mezzanotte e mezzo con il costante monitoraggio delle temperature ed è entrata nel vivo dopo circa mezz’ora, con l’accensione delle candele e di cataste di legna. Questo ha permesso di mantenere costanti le temperature all’interno dei vigneti e in special modo nella parte pianeggiante, dove le temperature non sono mai scese al di sotto dello zero, mentre nei terreni incolti limitrofi sono stati registrati -4,5 gradi. L’intervento è terminato alle 9.45 del mattino, dopo oltre otto ore di estenuante battaglia contro il tempo.

Stessa cosa che ha fatto anche il giovane Emanuele Perra in Sardegna, questa volta con i falò che hanno illuminato le sue vigne in notturna per combattere le gelate. L’azienda del 31enne è ad Assolo, comune dell’interno di 350 abitanti in provincia di Oristano. Emanuele ha sperimentato questa tecnica, con un lavoro comunitario, aiutato dagli amici, nella sua vigna centenaria di circa un ettaro ereditata dal nonno. Ha utilizzato i balloni di paglia di risulta, quelli inutilizzabili per lettiera in quanto bagnati dalle piogge, posizionandoli nel perimetro del vigneto e qualcuno all’interno dove c’era un po’ più di spazio. Ha monitorato la temperatura attraverso la stazione meteorologica posizionata in vigna e intorno all’una di notte, quando la temperatura è scesa a zero gradi li ha accesi, tenendoli vivi e monitorati fino alle 7 del mattino. La temperatura di notte è scesa fino a -3,7 gradi: un evento epocale in quella zona. Lo stesso ha fatto Lorenzo ad Alanno (Pescara), utilizzando i falò per le vigne, contro il rischio di gelate. 

Non solo le uve vanno preservate: anche le ciliegie, com’è successo all’azienda Dolcefrutta di Enrico e Alberto Concari, in Emilia Romagna. Qui hanno acceso circa duemila fuochi a ridosso dei filari per proteggere i loro alberi da frutto dalle gelate degli ultimi giorni. 

Ma non c’è solo il fuoco come rimedio per l’abbassamento improvviso delle temperature: in Valtellina, nell’Azienda Agricola Meneghina, nelle scorse notti di freddo intenso, per proteggere i meleti in fioritura, gli agricoltori hanno “ibernato” i fiori e le gemme spruzzando sopra le piante, durante le ore più fredde (quindi di notte e nelle prime ore del mattino) dell’acqua vaporizzata, che ha creato un sottile velo protettivo. Questo strato di ghiaccio con lo sbalzo termico conserva il calore della pianta e protegge le parti più esposte, impedendo che vengano danneggiate da temperature ancora più basse. 

 

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