Altre TerreL’inclusività viaggia su un food truck di sole donne

Il progetto di gastronomia inclusiva di MondoDonna Onlus inizia dalla Bolognina martedì 18 maggio alle 11:30. A bordo, quattro cuoche che hanno fatto delle proprie cucine il mezzo per dire «Io ci sono»

Un piatto può raccontare tanto di chi lo prepara. In quelli fatti a bordo del food truck Altre Terre non ci sono solo le tradizioni di paesi lontani come Nigeria, Serbia e Giordania, ma anche le storie di quattro donne che hanno deciso di occupare un posto preciso nel mondo. Il 18 maggio, a Bologna, inizia il viaggio del primo food truck multietnico, progetto gastronomico di MondoDonna Onlus. A bordo non ci sono solo cuoche itineranti, ma donne che hanno superato tante difficoltà senza spegnere il proprio sorriso, grazie anche alla cucina.

Che cos’è Altre Terre

Come spiega Loretta Michelini, presidente della cooperativa MondoDonna, la Onlus è nata per accogliere donne straniere e italiane in difficoltà. «Il nostro obiettivo non è l’assistenzialismo, ma le pari opportunità. Per questo lavoriamo a progetti che possano offrire a queste persone gli strumenti che permettono loro di pensare a un percorso di cittadinanza, aiutandole anche a trovare lavoro». Da 25 anni MondoDonna ha attraversato la vita di tante donne, valorizzandone le capacità. Il lockdown ha fermato il progetto di catering etnico, che ha cambiato forma diventando un food truck.

Grazie al finanziamento di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e al percorso formativo realizzato con lo chef Alberto di Pasqua, Sladjana Zaric, Bunmi Oresanya, Eman Sulaiman ed Ezinne Aki sono pronte ad affrontare il periodo di sperimentazione per poi passare all’autogestione del furgoncino di Altre Terre. Gli squisitissimi cibi viaggeranno su gomma, ma saranno preparati nel laboratorio installato in un centro sociale. La domenica sarà il momento in cui incontrare le prelibatezze, sostando in alcuni parchi della città.

Chi cucina nel food truck Altre Terre

Sladjana ha 40 anni, vive a Bologna da quando ne aveva 20 e viene dalla Serbia. È madre di due ragazzi adulti che la rendono felice e fiera. Alle spalle, tanti momenti difficili. Il suo piatto preferito? I Sarma, involtini di cavolo cappuccio e carne trita che si preparano per le feste di Natale nel suo Paese. Nel food truck ha portato i Burek, delle sfoglie di pasta fillo tirata a mano, ripiene di carne o formaggio, la cui ricetta le è stata tramandata dalla nonna Milica.

Eman, 53 anni e un figlio, viene dalla Giordania e dal suo Paese ha portato nel progetto i Mansaf, gli involtini di foglia di vite ripieni di riso. Ma una delle sue specialità sono i falafel con l’hummus. In Italia li conosciamo bene, ma in Georgia sono il tipico piatto della colazione.

Olubunmi, che tutti chiamano Bunmi, di anni ne ha 43. Viene dalla Nigeria e vive a Bologna dal 2016. Il suo piatto preferito sono i fagioli rossi serviti con le patatine, che nel suo Paese si chiamano dodo. Che street food è senza patatine fritte? Un’altra golosità nigeriana sono i chin chin, piccoli snack di pasta fritta tipici delle feste.

Anche Ezinne viene dalla Nigeria ha 30 anni e vive a Bologna da quando ne aveva 4, quindi si può dire decisamente italiana. La Afang soup, una ricetta a base di verdure e pesce, è il suo piatto comfort, perché è ciò che le prepara la mamma quando vuole farla felice. Nel food truck vuole proporre il riso Jollof, un riso cucinato in salsa di pomodoro ma con una tecnica speciale.

L’inclusione inizia a tavola

Altre Terre non è solo un progetto imprenditoriale, ma è anche una mossa inclusiva che può fare la differenza nella vita di queste donne. «Siamo partiti dai loro talenti, che magari a casa venivano sviluppati non in modo professionale, dando loro la professionalità che meritano. Attraverso il cibo ci si incrocia e si racconta la propria storia, ci si contamina, sviluppando la mission di tutto il nostro progetto».

Cucinare è terapeutico. Attraverso i piatti che le cuoche hanno portato in Altre Terre, hanno potuto raccontare le proprie storie di vita, i traumi di donne maltrattate ed emarginate. Attraverso il cibo, il racconto e la condivisione, hanno imparato a guardare avanti. «Il menu oggi è molto vasto, ma la ricchezza non è nei singoli piatti quanto nella condivisione dei ricettari. La cucina è una, quella di Altre Terre, e ognuna di loro ha imparato a cucinare anche i piatti delle altre». Con la loro resilienza, queste donne sono riuscite a dare una svolta alla propria vita, aiutandosi con il sorriso e il gusto.