L’incontro tra il pubblico ministero milanese Paolo Storari e l’allora componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo, nel quale il primo consegnò al secondo i verbali con gli interrogatori dell’avvocato Piero Amara sulla fantomatica loggia massonica «Ungheria», avvenne a Milano. Come racconta il Corriere, è quello che ha ribadito ieri Davigo nella testimonianza resa in videoconferenza al procuratore di Roma Michele Prestipino e al sostituto Fabrizio Tucci, titolari dell’indagine sul «corvo» che ha recapitato quelle carte riservatissime ad almeno due quotidiani e a un consigliere del Csm. Gli inquirenti, per questi fatti, accusano la ex segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto, che per adesso ha preferito non rispondere alle domande dei pm.
Il dettaglio sul luogo della consegna però è tutt’altro che secondario, perché sposterebbe la competenza delle indagini. Finora ha lavorato la Procura di Roma perché nella Capitale è arrivata la lettera al consigliere Nino Di Matteo che accompagnava i verbali di Amara e accusava il procuratore di Milano Francesco Greco di essere rimasto con le mani in mano. Ma anche perché da altri elementi risultava che Davigo avesse ricevuto le stesse carte a Roma. Perciò la procura della Capitale ha iscritto il nome di Storari sul registro degli indagati per violazione di segreto. Se invece la presunta violazione fosse avvenuta a Milano, sarebbero competenti i magistrati di Brescia, dove il procuratore Francesco Prete ha già aperto un fascicolo sullo stesso reato contro ignoti.
Davigo avrebbe prima ricevuto i verbali via email, e poi avrebbe incontrato Storari a Milano. Adoperandosi così per smuovere l’inerzia investigativa della Procura meneghina su una «vicenda delicatissima» – scrive La Stampa – che toccava le istituzioni ai livelli più alti e per tutelare il pm Storari, che conosce da anni. Le carte ricevute sarebbero state delle bozze Word, «appunti a supporto della memoria». Solo un mese dopo l’incontro, avrebbe poi informato il Csm. Davigo ha raccontato ieri di aver fatto ciò che doveva: e cioè informare, seppur verbalmente, il vicepresidente del Csm David Ermini e il comitato di presidenza.
Ora bisognerà attendere ciò che Storari dirà nell’interrogatorio fissato per sabato. Il pm in un primo momento avrebbe raccontato di essersi recato a Roma, cosa che avrebbe cementato la competenza a piazzale Clodio. Ora, invece, la tesi è che tutto sarebbe avvenuto a Milano. Motivo per cui toccherebbe indagare a Brescia. La consegna sarebbe comunque avvenuta nell’aprile 2020, in pieno lockdown anti-Covid, quando il Csm era di fatto chiuso e per i due magistrati era più semplice vedersi a Milano, dove abitano.
All’orizzonte, però, si profila una inevitabile tensione tra le Procure di Roma e Brescia sulla competenza a indagare – spiega anche Repubblica. Tutto si consuma in una dialettica complessa, non priva di rischi di sovrapposizioni o conflitti, tra le principali Procure d’Italia: sullo stesso fatto, a Milano, si sono mosse la Procura ordinaria e quella Generale. E su quei verbali e sulla loro diffusione illecita indagano Brescia, Perugia, Roma, Firenze. Alla fine, chi indagherà su cosa?
È in questo clima, di profonda crisi della magistratura italiana, che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che presiede al Csm, torna oggi a Palazzo dei Marescialli. Dove sarà spettatore eccellente, con la ministra Marta Cartabia, del documentario di Tv2000 sul giudice-martire Rosario Livatino. Non è previsto che prenda la parola e il Capo dello Stato fa sapere che non interverrà sullo scandalo per non interferire sulle indagini in corso.
Il caso ha sfiorato ieri l’apertura del plenum del Csm: «La magistratura, e anche il Consiglio, sentono forte la voglia di riscatto», ha detto Ermini.