C’era una volta un capo della sinistra che diceva: «Nelle città saranno i cittadini a scegliere il candidato sindaco con le primarie». La favoletta, buona per i bambini che cascano dal sonno, viene ripetuta ogni volta che si accenna ai tanti guai che costellano proprio la scelta dei sindaci del centrosinistra, o come si chiama adesso.
Il capo della sinistra – con meno enfasi: Enrico Letta – sapeva in realtà benissimo quello che sanno tutti, e cioè che la partita delle amministrative di ottobre si gioca a Roma, altro che «decidono i cittadini».
E infatti ieri l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi è stato ufficialmente candidato dal triumvirato della nuova sinistra Letta-Conte-Speranza a sindaco di Napoli, con tanto di post e tweet dei tre suddetti, dopo che per giorni Manfredi era prima riluttante poi addirittura indisponibile.
Indisponibile, a meno che… A meno che a Roma non si faccia una bella legge salva-Napoli per aiutare il Comune a ripianare l’ingente debito e dunque agevolare il governo della città, sul modello della norma salva-Roma contenuta nel decreto Crescita del governo Conte I nel 2019.
Può darsi che un provvedimento simile sia giustissimo per dare una mano alla cara Napoli: non è questo il punto. La questione – nel senso etimologico del termine, la domanda – è quanto sia politicamente e istituzionalmente corretto che si ipotizzi una norma per rimuovere i dubbi di un possibile candidato a sindaco. Sbaglieremo, ma sa tutto molto di Prima Repubblica.
Quanto alla favoletta del «decidono i cittadini con le primarie» qui siamo più che ai fratelli Grimm ai fratelli De Filippo, quelli della giovinezza, cioè della farsa. Ma quali primarie, se il trio magico Letta-Conte-Speranza ha già scelto il candidato di Napoli? Come a Roma, peggio che a Roma. Dove le primarie saranno una giornata di propaganda per Roberto Gualtieri, il cavallo scelto al Nazareno dopo la tragicommedia del rifiuto di Nicola Zingaretti.
A tutti quelli, come noi, che non sono affatto ostili alla ripresa del protagonismo dei partiti venga però risparmiata la retorica del primato della società, della libertà dei cittadini, dell’atto creatore della base. Antonio Bassolino a Carlo Calenda forse hanno un argomento in più per le loro campagne. Perché, come si dice a Napoli, ccà nisciuno è fesso.