«Stiamo già parlando con le autorità libiche e con il governo ad interim di Abdel Hamid Dbeibah, ci sono riscontri e opportunità positive, sono pronta a impegnarmi per esplorare la possibilità di chiudere un nuovo accordo con la Libia senza aspettare le elezioni di dicembre». La svedese Ylva Johansson, commissaria Ue agli Affari Interni, parla con Repubblica dei negoziati con il nuovo governo di Tripoli per mettere fine alle partenze dei migranti verso Lampedusa, che spesso si trasformano in tragedie in mare.
La commissaria è a Roma in attesa di partire, oggi, con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, per la Tunisia. Con Tunisi l’Europa, su spinta della diplomazia italiana, è pronta a chiudere il primo grande accordo globale («entro fine anno») per la gestione dei migranti. I tempi per questi accordi però non sono immediati e dunque Yohansson spiega: «Sto contattando i governi dell’Unione per mettere i piedi un sistema di ridistribuzione volontario e provvisorio per aiutare l’Italia ad affrontare l’estate».
Il problema è che la grande riforma delle politiche migratorie proposta a settembre è ferma, bloccata dai veti incrociati tra i Paesi di Visegrad e quelli mediterranei. I negoziati vanno a rilento, e l’impressione è che fino alle elezioni in Germania di ottobre sarà impossibile chiudere il pacchetto.
«È fondamentale che l’Italia riceva la solidarietà europea», dice Johansson. «Abbiamo imparato che la ridistribuzione volontaria non è abbastanza e dunque l’approvazione della riforma delle politiche migratorie con i ricollocamenti obbligatori è essenziale». La commissaria spiega che «negli ultimi mesi siamo andati avanti piano perché a causa del Covid abbiamo avuto pochi incontri fisici con i ministri mentre un tema così divisivo va affrontato guardandosi negli occhi. A breve potremo riprendere a vederci di persona e andare avanti».
Ma esclude che la riforma si chiuderà entro l’estate. «No, ci vorrà più tempo», dice. Intanto, spiega, «sono in contatto con i governi per organizzare una rete di aiuti volontari, di ridistribuzione volontaria che possa aiutare l’Italia nei mesi estivi fino a quando non approveremo la riforma Ue». Se ci sarà o meno un nuovo accordo come quello siglato a La Valletta nel 2019 però non si sa: «Sto sondando quanta voglia ci sia tra i partner di impegnarsi. Penso che l’Italia riceverà un aiuto con la redistribuzione, ma al momento non posso dire di più. Non so ancora se procederemo con una seconda dichiarazione come quella di Malta o se useremo un meccanismo diverso. Intanto lavoriamo anche per bloccare le partenze».
Come? Oggi, dice, «sarò con il ministro Lamorgese in Tunisia per un accordo globale che da un lato consenta al Paese di riprendersi dalla forte crisi economica causata dal Covid, dall’altro per fornirgli le risorse per contrastare i trafficanti di esseri umani». Sarebbe il primo grande patto europeo a tutto campo con un Paese di origine e di transito. «Non lo firmeremo durante questa visita, ma spero di arrivarci entro la fine dell’anno», precisa. «Ci saranno finanziamenti europei per l’economia, gli investimenti e l’occupazione mentre le autorità di Tunisi si impegneranno nella gestione dei confini, a riprendere i loro cittadini partiti verso l’Europa (il 15% dei migranti in Italia, ndr) e di rimpatriare gli stranieri nel loro Paese che non sono rifugiati».
Dall’altro lato, l’Ue è pronta poi anche a un accordo con Tripoli: «Stiamo già parlando con la Libia e non penso che sarà necessario aspettare le elezioni di dicembre. Abbiamo riscontri molto positivi con il governo ad interim, ci sono opportunità di lavorare bene con Tripoli. Sono pronta a impegnarmi con la Libia per esplorare le possibilità di un nuovo accordo. Detto questo, ogni Paese ha le sue specificità, non si può fare un copia incolla di altre intese come quella con la Turchia. La Libia ha anche bisogno di strumenti e capacità nella gestione dei migranti e inoltre è inaccettabile lasciare le persone nei campi in cui oggi sono rinchiuse».
E poi commenta il comportamento del Marocco che per una disputa diplomatica con la Spagna ha spinto migliaia di migranti, con il rischio di affogare, verso Ceuta: «Il Marocco è un partner dell’Unione e mi aspetto che continui a cooperare con noi anche prevenendo le partenze irregolari».