Perlage 50 sfumature di bolle

Quanto ci piacciono le bollicine? Dagli ultimi dati sembra moltissimo, ma siamo sicuri di sapere di cosa parliamo quando parliamo di vini spumanti? E che differenza c’è fra Prosecco e metodo classico? Piccolo vademecum per fare bella figura con gli amici e scegliere consapevolmente

Le adoriamo: secondo l’accurato Dossier Spumanti nel 2020 sono state prodotte 750,6 milioni di bottiglie di vini spumanti italiani, di cui 600 milioni a denominazione. In prima fila c’è il Prosecco, con il 56% del totale imbottigliato e 417 milioni di bottiglie prodotte. Segue il Moscato piemontese, e ben distanziate la Lombardia con la Franciacorta e l’Oltrepò, e poi Trentino, Emilia Romagna e Friuli.

Ma sappiamo esattamente di che cosa parliamo, quando parliamo di vini spumanti? Proviamo a fare ordine, e a scoprire come le varie zone siano in grado di proporre vini differenti e dalle caratteristiche spesso lontane tra loro. Perché se nel calice frizzano tutti, non è detto che siano tutti fatti nello stesso modo, anzi.

Partiamo dalla base: il vino frizzante è un vino a leggera effervescenza, e non viene considerato un vino speciale. Scartiamolo nella nostra mappa, dunque.
Vino speciale è invece lo spumante, termine un po’ fuori moda che però caratterizza tutti i vini effervescenti. Secondo la legge, un vino spumante di qualità deve avere una sovrappressione non inferiore a 3,5 bar ad una temperatura ambiente di 20 °C. Effervescenza pronunciata, dunque, che fa subito festa e fa saltare il tappo.
“Spumante” è un termine generico, una tipologia, al di sotto del quale ci sono tantissimi altri vini che comunemente conosciamo come “bollicine”, un termine che agli intenditori piace un po’ di più e soprattutto negli ultimi anni è usato per definire questa tipologia di prodotti.

Metodo classico vs Metodo Martinotti

Come si differenziano le bollicine? Innanzitutto, a seconda della metodologia di produzione.
Sostanzialmente sono due i modi per creare l’effervescenza nel vino: la prima è detta “metodo classico”, e prevede che il vino dopo una prima fermentazione sui lieviti abbia una seconda rifermentazione in bottiglia. È il metodo con cui viene prodotto lo Champagne in Francia, e che in Italia abbiamo adottato. Si poteva definire anche “champenoise”, ma da diversi anni non si può più fare, perché i produttori francesi hanno – giustamente – protetto questa loro metodologia di produzione. Possiamo quindi usarla in produzione, ma non definirla così. Solo il vino prodotto nella regione francese della Champagne può essere definito come prodotto con metodo champenoise.
Ma torniamo alle bollicine italiane: oltre al metodo classico, per produrle si può usare il metodo Martinotti o Charmat, che prevede una rifermentazione in autoclave.
Perché si formano le bollicine? Perché questa rifermentazione avviene in un ambiente chiuso, sia essa la bottiglia o l’autoclave, che mantiene al suo interno l’anidride carbonica.
Differenza tra le due rifermentazioni? Un lavoro più sofisticato, complesso e certosino per la rifermentazione in bottiglia, e un lavoro un po’ più semplice per chi rifermenta in autoclave. In generale, e non ce ne vogliano i bravi produttori con metodo Martinotti, un risultato più complesso nel bicchiere.

Il Prosecco

La maggior parte delle bollicine italiane viene prodotta con metodo Martinotti: il Prosecco, per esempio, vino italiano più esportato e conosciuto, è prodotto così.
Un prosecco è uno spumante, dunque, ma non tutto lo spumante è Prosecco.
E non tutto il Prosecco è uguale, anzi.
Ci sono tre diverse denominazioni, che corrispondono sostanzialmente alle zone di produzione. Il Prosecco Conegliano Valdobbiadene, una docg che proviene da 15 comuni in collina, la zona storica che produce un prosecco superiore, con circa 90milioni di bottiglie all’anno.
Poi c’è il Prosecco superiore docg Asolo, che produce circa 20 milioni di bottiglie nella zona collinare al di là del Piave.
E poi c’è il Prosecco DOC, che viene prodotto su 25mila ettari di terreno tra Friuli e Veneto (senza le zone di Verona e Rovigo): sono circa 500 milioni di bottiglie all’anno.
Basta così? In Italia, sì. Ma esistono anche un Prosecco prodotto in Australia e uno prodotto in Brasile da emigrati veneti. Sono aziende tutto sommato piccole, non possono esportare al di fuori del Paese di produzione, ma possono comunque chiamare Prosecco il loro vino. Purtroppo.

Il metodo ancestrale

C’è un terzo metodo di realizzazione di bollicine, ed è il metodo “ancestrale”: la seconda fermentazione avviene in bottiglia (proprio come nel metodo classico) ma c’è una grande attenzione alle temperature, che vengono abbassate tra la prima e la seconda fermentazione. Il vino viene poi imbottigliato e la seconda fermentazione riparte naturalmente in estate, quando le temperature esterne risalgono.
Se nei due metodi più noti alla fine del processo avviene il cosiddetto dégorgement, che prevede l’apertura con inserimento del collo nel ghiaccio delle bottiglie, che serve ad espellere i lieviti esausti e permette di ottenere un vino limpido, in questi vini ancestrali i lieviti non vengono espulsi e rimane un “fondo” che li rende forse più torbidi, ma sicuramente regala loro una grande complessità aromatica. Sono i vini che normalmente troviamo in vendita come “sur lie” o “col fondo”.
Per gli esperti questi sono spumanti puri, prodotti senza immissione di zuccheri e aggiunte, che mantengono le caratteristiche delle uve ed esprimono al massimo il territorio da cui provengono.

Bollicine metodo classico

Se il Prosecco è il re del metodo Martinotti, quali sono le bollicine italiane più famose prodotte con il metodo classico?
Muovendoci per l’Italia possiamo trovare i Franciacorta, vini spumanti prodotti nella zona collinare situata tra Brescia e l’estremità meridionale del Lago d’Iseo. Il territorio, per lo più collinare e anticamente cosparso di boschi, è stato trasformato con l’impianto di numerosi vigneti che lo caratterizzano. La vivacità spumantistica della Franciacorta è relativamente recente, anche se la vite pare fosse stata impiantata in epoche remote: tanti i rinvenimenti di vinaccioli di età preistorica e di materiale archeologico su tutto il territorio.
E poi i Trento DOC, il primo metodo classico italiano, e uno fra i primi al mondo, ad aver ottenuto la Denominazione di Origine Controllata. Questo territorio, così vario e diversificato, produce bollicine di montagna, autentica espressione del territorio. Giusto accanto, un po’ più a Nord, ci sono poi gli spumanti Alto Adige, anch’essi di grande pregio.
L’altro territorio che dà vita a spumanti italiani celebri è l’Oltrepò Pavese, zona ancora troppo poco frequentata ma di grandissimo fascino: la fascia collinare pavese che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia produce tantissimo Pinot Nero, uno dei vini d’elezione insieme allo Chardonnay, per la produzione di vini spumanti.

E adesso che sapete scegliere, via libera alla degustazione. Perché che sia Prosecco, Franciacorta o Ancestrale, l’importante è che finisca nel bicchiere per la vostra felicità.