Libera Chiesa in libero StatoLa tentazione verticale del Vaticano di modificare il Ddl Zan

La nota verbale consegnata dall’arcivescovo Paul Gallagher è un atto senza precedenti che denota sia il fallimento dell’azione della Conferenza episcopale italiana, cui proprio il Concordato riconosce il ruolo di rappresentanza della Chiesa davanti allo Stato, sia un’inaccettabile ingerenza dei vertici di Oltretevere in ciò che attiene alla sovranità e indipendenza del Parlamento nella sua funzione principe: quella legislativa

LaPresse

È dal 10 giugno 2020 che vescovi, preti e suore, a dispetto di uno sbandierato atteggiamento dialogico, cannoneggiano con zelo degno di miglior causa il disegno di legge Zan. Da quando cioè, ancor prima che il testo unificato di legge fosse depositato in Commissione Giustizia della Camera e perciò conosciuto – il che la dice lunga su un atteggiamento palesemente pregiudiziale nel merito –, fu diffuso il comunicato della presidenza della Conferenza episcopale italiana dal titolo Omofobia, non serve una nuova legge

Da allora si è assistito a un posizionamento diversificato del quotidiano della Cei Avvenire, passato dalla linea di cauto confronto durante il periodo della discussione e dell’approvazione alla Camera a quella di attacco pressoché costante negli ultimi mesi. Indirizzo, quest’ultimo, dato dallo stesso cardinale Gualtiero Bassetti per evitare un nuovo duro pronunciamento della presidenza (che c’è comunque stato il 28 aprile scorso sia pur con toni più soft), come richiesto dal battagliero zoccolo duro ruiniano ancora molto influente in Cei 

Le conseguenze però sono state ancor più disastrose, dato lo stillicidio quotidiano di notizie avverse al ddl e il correlato innalzarsi dei toni in Senato: con chi ha continuato ad agitare lo spettro della legge liberticida secondo il mantra episcopale e chi ha mostrato l’infondatezza argomentativa di tale tesi sulla base, fra l’altro, dell’articolo 4 dello stesso ddl. Il tutto non senza l’imbarazzante spettacolo di vedere auditi in Commissione Giustizia a Palazzo Madama tunicati di ogni sorta come mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, o suor Anna Monia Alfieri.

Ma ieri la situazione è diventata incandescente oltre ogni dire con la notizia della nota verbale consegnata il 17 giugno dall’arcivescovo Paul Gallagher, segretario della Sezione della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati, al nostro ambasciatore presso la Santa Sede. In essa si esprimono preoccupazioni della Santa Sede su «alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato» in quanto «riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato». Sotto attacco della Segreteria di Stato, per la quale si configurerebbe una violazione dell’Accordo di Villa Madama del 1984, soprattutto gli articoli 4 e 7 (comma 3) del ddl Zan: l’uno, cioè, su pluralismo delle idee e libertà delle scelte «purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti»; l’altro, invece, sulle attività nelle scuole in occasione della Giornata nazionale contro l’omotransfobia.

Si tratta di un atto senza precedenti che denota sia il fallimento dell’azione della Cei, cui proprio il Concordato riconosce il ruolo di rappresentanza della Chiesa davanti allo Stato, sia un’inaccettabile ingerenza dei vertici di Oltretevere in ciò che attiene alla sovranità e indipendenza del Parlamento nella sua funzione principe: quella legislativa. C’è da chiedersi quanto Papa Francesco sapesse effettivamente di una tale operazione, messa peraltro in atto da un suo fedelissimo come Gallagher, e quanto l’abbia apprezzata. Dato anche il malumore serpeggiante in Curia al riguardo e lo smarrimento di qualche influente presule italiano, che si è limitato a dire a Linkiesta: «Davvero non ne comprendo le ragioni».

È quella che Pierlugi Consorti definisce sui social «tentazione verticale». Come rilevato dall’insigne canonista e docente di Diritto e religione all’Università di Pisa, «la dinamica dei rapporti fra Stato e Chiesa deve restare nei limiti del principio di laicità e del rispetto dei loro “diversi ordini”. Significa che nessuno dei due può interferire nelle vicende interne dell’altro. La nota sul disegno di legge Zan – che conosco solo per le notizie giornalistiche – sembra invece avere esattamente il contenuto di un’interferenza straniera in un procedimento legislativo. È esattamente volta a determinarne l’esito verso una direzione che la Chiesa preferisce rispetto ad altre possibili soluzioni».

Per l’accademico, se è vero che «la Chiesa può esprimere la sua opinione e può influenzare quella del popolo, non solo cattolico», è parimenti innegabile che la stessa  «può chiedere al Governo della Repubblica di trasmettere al Parlamento la sua opinione facendosi scudo del Concordato. Avendolo fatto, si è insinuata nei processi legislativi e nei rapporti d’indipendenza che caratterizzano, in Italia, la ripartizione dei poteri. La Santa Sede non conosce ripartizione di poteri, e forse ha anche dimenticato cosa sia la distinzione degli ordini». Magari, conclude Consorti, «qualcuno dirà che si tratta di “collaborazione” o “sana laicità”. Io dico che è tentazione verticale. Quello che la Chiesa non riesce a comunicare al popolo – o che, forse, la rende distante da popolo –  prova a comunicarlo con le note diplomatiche. Magari il Governo italiano si spaventa o educatamente avvia un processo diplomatico per sapere meglio quale sia l’idea dei Monsignori. Giuseppe Mazzini, Alcide De Gasperi e anche Giulio Andreotti e Giovanni Spadolini avrebbero già risposto. Vediamo cosa faranno Luigi Di Maio e Mario Draghi. Interessante vedere se sapranno restare verticali, oppure…».