Autogol di OrbánLa reazione dell’Europa all’anacronistica censura dell’omosessualità in Ungheria

Il primo ministro magiaro e leader di Fidesz sembra guardare sempre più come modello anche alla Russia di Putin, soprattutto nell’ossessiva battaglia alle istanze della comunità arcobaleno. Con il nuovo emendamento approvato dal Parlamento ungherese rischiano di essere bandite serie tv o film come Friends, Bridget Jones, Billy Elliot e Harry Potter

LaPresse

Il 20 agosto scorso, festa nazionale di santo Stefano d’Ungheria, Viktor Orbán, tuonando contro un’Europa occidentale che, rinunciando alle sue radici cristiane, «sperimenta un mondo senza Dio, famiglie arcobaleno e migrazioni», aveva invitato i Paesi dell’Europa orientale a stringersi intorno alla «Polonia, nostra nave ammiraglia». Ma il primo ministro magiaro e leader di Fidesz sembra guardare sempre più come modello anche alla Russia di Putin soprattutto nell’ossessiva battaglia alle istanze della comunità arcobaleno. E così, dopo lo scandalo del fedelissimo eurodeputato József Szájer, irriducibile paladino della cosiddetta famiglia tradizionale in patria, frequentatore di orge omosessuali a Bruxelles. Orbán ha puntato sul nem totale alle rivendicazioni delle persone Lgbt+ e sulla compressione dei loro diritti a colpi di legge.

Il 15 dicembre l’Assemblea nazionale ha prima dato il via libera a un pacchetto di emendamenti alla Costituzione – nona riforma della Magyarország Alaptörvénye (Legge fondamentale dell’Ungheria, ndr) in appena nove anni –, con il quale è stato di fatto sancito il divieto di adozione a coppie dello stesso sesso e a single. Quindi, due giorni fa, lo stesso Parlamento monocamerale ha approvato con 157 voti a favore, compresi quelli del partito d’estrema destra antiorbaniano Jobbik, un solo suffragio contrario e nessuna astensione (la restante parte dell’opposizione non si è presentata in aula per protesta) un emendamento al disegno di legge di contrasto alla pedofilia che, sulla falsariga della normativa russa contro la “propaganda omosessuale”, vieta la promozione di quanto attiene all’universo Lgbt+ con una confusione di piani e parole altamente offensive. «La pornografia e i contenuti che rappresentano la sessualità o promuovono la deviazione dell’identità di genere, del cambio di sesso e dell’omosessualità – si legge nel testo – non devono essere accessibili ai minori di 18 anni». 

In pratica, come denunciato da cinque ong tra cui Amnesty International e Budapest Pride, non sarebbero più autorizzati, per la presunta tutela di infradiciottenni, programmi scolastici sull’educazione alle differenze o campagne pubblicitarie come la #Loveislove di Coca-Cola, che nel 2019 ha scatenato in Ungheria violenti appelli al boicottaggio. Potrebbero essere inoltre banditi libri sull’argomento come la raccolta di fiabe con personaggi Lgbt+ (oggetto, nell’ottobre scorso, delle ire di Orbán, che aveva chiesto di «lasciare in pace i nostri figli») e serie tv o film come Friends, Bridget Jones, Billy Elliot e Harry Potter. In quest’ultimo caso, ironia della sorte, si configurerebbe una vera e propria nemesi per J.K. Rowling, impegnata da tempo a twittare contro le persone trans. Le quali, giova ricordarlo, sono state le prive vittime della furia orbaniana, dopo che il 28 maggio scorso il presidente János Áder ha promulgato la cosiddetta “legge insalata” (salátatörvény): l’articolo 33 del provvedimento ha infatti inserito nel quadro normativo nazionale il dato del “sesso di nascita”, che definisce permanentemente il genere di una persona «sulla base dei caratteri sessuali primari e sui cromosomi».  Ciò significa che il dato anagrafico registrato alla nascita, F (férfi per uomo) o N ( per donna), è immodificabile al pari del nome assegnato, per cui è proscritto quello d’elezione anche in caso di intervento di riassegnazione chirurgica del sesso o terapia ormonale.

Tornando all’emendamento approvato martedì, contro il quale alla vigilia avevano protestato 5.000 persone a Budapest davanti alla sede dell’Assemblea nazionale e si era scagliata la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović, esso ha suscitato, come prevedibile, numerose reazioni a livello internazionale. Se l’eurodeputato Sandro Gozi ha detto che sarebbe ora di finirla con le «violazioni sistematiche dei diritti Lgbt+», invocando per tre volte dure sanzioni contro l’Ungheria, una portavoce della Commissione europea ha dichiarato che il testo legislativo è allo studio «per decidere se sia compatibile con le leggi europee o meno” non senza ribadire la chiara posizione dell’Ue: «Chiunque deve poter essere chi è».

Per Yuri Guaiana, componente della segreteria di +Europa, «l’approvazione della legge che vieta la “promozione” dell’omosessualità ai minori è un attacco diretto ai valori europei. Al congresso Alde, l’alleanza dei liberal-democratici europei, è stata approvata una risoluzione del nostro partito che, oltre a chiedere il pieno rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto, individua nelle istituzioni scolastiche il primo presidio europeo per contrastare omofobia e intolleranza verso i cittadini Lgbt+, invitando i paesi europei a promuovere, e non proibire, nelle scuole la diffusione della cultura dei diritti e della gender diversity». Come dichiarato dall’attivista a Linkiesta, «la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato nel 2017 che legislazioni come questa non fanno che rafforzare i pregiudizi e l’omofobia, il che è incompatibile con i valori democratici. Riferendosi alla legge russa, a cui s’ispira Orbán, la Cedu ha sentenziato che la stessa viola gli articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla libertà di espressione e sulla non discriminazione». Secondo Guaiana, «anche se una legge simile esiste già in uno Stato membro dell’Ue, la Lituania, il fatto che questo modello prenda piede dentro i confini dell’Unione è un attacco inaccettabile alla libertà d’espressione di tutti e mostra chiaramente come violare i diritti Lgbt+ significhi violare i diritti umani di tutte e tutti».

Pone invece un parallelismo con certa destra parlamentare italiana Elio Vito, deputato di Forza Italia, che commenta a Linkiesta: «I colori della bandiera ungherese sono gli stessi del nostro tricolore ma posti orizzontalmente. La destra italiana sembra spesso guardare all’Ungheria di Orbán come proprio riferimento politico. Così, mentre in Italia si effettuano, su richiesta soprattutto della Lega, audizioni in Senato che paragonano la pedofilia a un orientamento sessuale, in Ungheria si approva una legge gravemente lesiva e offensiva dei diritti della comunità Lgbt+. Eppure, l’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione europea senza contare che la destra in molte parti d’Europa vara leggi di riconoscimento dei diritti e delle tutele come fa il ddl Zan da noi». Allora, si chiede il deputato azzurro, «Salvini, Meloni, Berlusconi stanno in Ungheria o in Europa? Il nostro tricolore è verticale come la nostra schiena a difesa dei diritti e contro le discriminazioni e le violenze».

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