Il dibattito sui difetti della legge Zan, il carattere troppo vago o invece troppo ideologico di alcune sue formulazioni, le critiche della chiesa a questo o quell’articolo del ddl e le proteste degli anticlericali contro le ingerenze della chiesa, comunque la pensiamo nel merito, non dovrebbe farci perdere di vista dove sta il dito e dove sta la luna.
Nel caso lo avessimo dimenticato, comunque, a ricordarcelo ha pensato Viktor Orbán, capo del governo ungherese e promotore, nel suo paese, di leggi apertamente discriminatorie, condannate dall’Unione europea.
È difficile dire quanto la lotta contro la «propaganda omosessuale» sia solo uno dei tanti pretesti usati da Orbán per colpire la libertà di stampa e quanto simili campagne di odio – contro gli omosessuali, contro i migranti e le ong, contro l’immancabile George Soros – rappresentino, più che pretesti, la base stessa di una macchina di creazione del consenso attraverso l’invenzione di minacce e nemici inesistenti.
Quello che dovrebbe preoccupare tutti è che il risultato finale è la costruzione di una «democrazia illiberale», che di democratico ha solo il nome, opera di un politico indicato a modello da entrambi i leader dei due principali partiti della destra italiana – primo e secondo partito del paese, secondo gli ultimi sondaggi – Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che anzi se lo contendono come alleato in Europa.
Chiunque in Italia abbia davvero a cuore la libertà di espressione, la libertà religiosa, la libertà di pensiero e qualsiasi altra forma di libertà dovrebbe preoccuparsi anzitutto di questo: un pericolo assai più concreto – per quei valori – di qualunque comma della legge Zan.
La gravità del pericolo e la peculiarità del caso italiano – momentaneamente coperto dal governo Draghi – sono ben evidenziate dal confronto con gli altri paesi dell’Unione europea. Basta guardare, ad esempio, l’ultima polemica sul cedimento della Uefa, che ha impedito di illuminare con i colori dell’arcobaleno lo stadio di Monaco in occasione della partita Germania-Ungheria, come chiesto dal sindaco per protestare proprio contro la legge anti-omosessuali di Orbán.
Tanto per fare un esempio, il presidente della Baviera, leader della Csu (partito di destra) nonché promotore nel 2018 di una legge per obbligare gli uffici pubblici a esporre il crocifisso, Markus Söder, ha dichiarato: «È un peccato che lo stadio di Monaco non possa essere illuminato con i colori dell’arcobaleno. Sarebbe stato un bellissimo segno di tolleranza e libertà. Dobbiamo lottare con forza contro l’esclusione e la discriminazione».
Non aspettatevi dichiarazioni del genere da alcun dirigente della destra populista italiana. Categoria che comprende ovviamente Beppe Grillo.
Non per niente già nel 2015 sul suo blog, da sempre ricettacolo di tutte le peggiori bufale della destra fascistoide europea, Grillo si schierava in difesa di Orbán e contro Angela Merkel, per la sua decisione di accogliere i profughi siriani, i quali, scriveva il «garante» dei cinquestelle, «si sono messi in viaggio per la Germania osannando Mamma Merkel» e così «hanno invaso la stazione di Budapest per prendere il treno verso la Germania creando il caos perché lì hanno scoperto che quelle della Cancelliera erano solo parole buone per i titoli dei giornali». Ragion per cui «la sua solidarietà a parole si è rivelata dannosa, degna di una Boldrini qualsiasi».
Quante centinaia di migliaia di profughi siriani abbia effettivamente accolto la Germania di Angela Merkel ognuno può verificarlo con l’ausilio di Google, ma non è questo il punto.
Sarebbe invece assai utile alla lotta contro le discriminazioni che i tanti sostenitori della natura democratica, progressista e di sinistra del Movimento 5 stelle, specialmente tra i dirigenti del Pd e di Leu, declamassero questo e altri simili testi grillini davanti allo specchio, per vedere l’effetto che fa.
Se poi qualcuno volesse cortesemente provare a chiederne loro conto anche davanti alle telecamere, con particolare attenzione ai tanti passaggi come quello su Laura Boldrini, farebbe opera di salutare chiarezza, tanto più nei giorni in cui Roberto Fico e tutta l’allegra brigata cinquestellina si erge a difesa della legge Zan, al solo scopo turlupinare ancora una volta gli elettori di sinistra.