Il Recovery Plan italiano ha ricevuto la promozione della Commissione europea. A pieni voti come tutti gli altri piani nazionali finora approvati. E per annunciarlo oggi Ursula von der Leyen arriva a Roma. La presidente consegnerà a Mario Draghi l’assessment dell’esecutivo europeo in una cerimonia che si svolgerà tra i set cinematografici di Cinecittà, seguita da una conferenza stampa congiunta. Scelta non casuale, visto che gli stabilimenti rientrano tra i progetti che riceveranno gli aiuti Ue.
I “falchi” della Commissione avrebbero voluto discutere il caso Italia nella riunione collegiale. Ma alla fine tutto si è chiuso con la procedura scritta. E aver presentato il documento complessivo entro il 30 aprile, scadenza prevista dal regolamento di Bruxelles, è stato fondamentale anche per superare i dubbi dei “frugali”, i Paesi del Nord Europa meno accondiscendenti nei nostri confronti – spiega Repubblica.
Come tutti gli altri piani, dunque, negli undici criteri di valutazione, Roma ha ricevuto dieci A (il massimo del voto) e una B. Quest’ultima riguarda i costi. È evidente che, soprattutto per un Paese ad alto debito come l’Italia, che riceverà fino al 2026 quasi 200 miliardi, il tema della sostenibilità dei costi costituisce comunque un fattore da tenere in considerazione.
L’iter per ricevere la prima tranche di 25 miliardi intanto è partito. Questa prima quota dovrebbe arrivare tra la fine di luglio e primi giorni di agosto. A differenza di quelle successive, non è legata al raggiungimento preventivo degli obiettivi fissati dal piano. E una parte di questa somma è già stata destinata su questioni specifiche: oltre un miliardo verrà impiegato nei prossimi sei mesi a favore dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, un altro è stato riservato agli incentivi per l’occupazione femminile, stessa somma per asili nido e scuole a tempo pieno. Tutto il resto sarà suddiviso secondo le “sei missioni” inserite nel Recovery: digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione, inclusione e coesione.
«Quel piano è la condizione necessaria per la ripresa. Guai, però, se lo considerassimo la soluzione di tutti i problemi», dice Romano Prodi in un’intervista a Repubblica. «Per attuare quei progetti occorre un cambiamento radicale del nostro Paese. E non intendo soltanto le riforme che ci siamo impegnati a realizzare: la pubblica amministrazione, il fisco e la giustizia che attendono da decenni. È l’intero sistema produttivo che va trasformato in profondità». L’Italia, dice l’ex premier, è «un Paese che ha mille problemi da risolvere, ma finalmente può riprendere a correre mettendosi in contatto con il mondo che cambia. La mia fiducia nasce anche dal fatto che ritengo l’Italia ben rappresentata da Mattarella, Draghi e Letta».
L’iter decisionale sul Recovery Plan, in realtà, ancora non si è concluso. La Commissione ha formulato la sua indicazione, che dovrà ora essere recepita dal Consiglio europeo. Il percorso, dunque, di fatto si concluderà il prossimo 13 luglio con l’ultimo esame da sostenere: quello nella sede dell’Ecofin, ossia il Consiglio formato dai 27 ministri dell’Economia. Non è certo a rischio la “promozione” anche in quel caso. Ma non è escluso che un’iniziale forma di dibattito sui diversi Pnrr ci potrebbe essere. Sotto esame, ad esempio, potrebbero finire i target temporali. La road map fino al 2026 per l’Italia è infatti molto densa. E potrebbero esserci dei richiami al rispetto di quello scadenzario. In secondo luogo, il riferimento al vero punto dolente del nostro Paese: il debito pubblico. Il via libera dell’Ecofin potrebbe essere accompagnato all’invito a tenere sotto controllo il debito. E a dettagliare meglio alcune riforme, a partire da quella della giustizia.