Il mercato del lavoro italiano continua la sua lenta risalita in un clima di incertezza. I dati Istat relativi al mese di giugno confermano la crescita del numero degli occupati, con 166mila posti di lavoro in più in un mese (+0,7%), i disoccupati che diminuiscono di oltre 5 punti percentuali e una discesa – seppur minima, pari allo 0,3% – degli inattivi. Il tasso di disoccupazione scende sotto il 10% (9,7%) e nei primi cinque mesi dell’anno si contano 400mila occupati in più. Anche se, rispetto a periodo pre pandemia, mancano ancora all’appello 470mila posti di lavoro, con il tasso di occupazione più basso di 0,8 punti.
La risalita di giugno, ultimo mese con il blocco dei licenziamenti generalizzato ancora in vigore, sembrerebbe risentire però anche dei nuovi metodi di calcolo dell’Istat, che considera non occupati i cassintegrati oltre i tre mesi. Per la prima volta dall’inizio della crisi crescono molto più i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a termine. E non a caso il recupero coinvolge più i lavoratori over 50 rispetto ai giovani. Un fattore, questo, che andrà verificato.
Molti dei lavoratori senior, con i contratti stabili “congelati” tra ammortizzatori sociali e blocco dei licenziamenti, sono tornati al lavoro con la riapertura delle attività, come si vede anche dall’aumento delle ore lavorate e dalla riduzione del ricorso alla cassa integrazione. Tra gli over 50, non a caso, in un mese gli occupati sono aumentati di 85mila unità. Ma tra gli under 35 se ne contano anche 75mila in più (+32mila nella fascia 15-24, +43mila in quella 25-34 anni).
A soffrire di più, però, è la fascia intermedia 35-49 anni, con soli 7mila occupati in più in un mese: l’unica fascia ad aver perso ben 152mila occupati in un anno. Al netto della componente demografica, in un anno l’occupazione è cresciuta del 7,7% tra gli under 35 e solo dello 0,8% nella fascia 35-49 anni, restando invece stabile tra gli over 50. Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, fa notare che la prevalenza di nuovi occupati under 35 lascia presupporre che la crescita dell’occupazione non sia legata solo alla riduzione del ricorso alla cassa integrazione.
A giugno il lavoro cresce più tra le donne che tra gli uomini, a conferma della riapertura e della ripresa delle attività commerciali. E ad aumentare di più, con un balzo di +117mila, sono i contratti a tempo determinato, che invece a maggio erano cresciuti di sole 6mila unità.
Quello di giugno è il primo mese, da febbraio 2020, in cui la ripresa è trainata dai contratti stabili. Un dato, questo, che difficilmente può essere spiegato solo con nuove assunzioni stabili – nel primo trimestre si sono registrate in totale poco più di 127mila trasformazioni a tempo indeterminato – nonostante i dati positivi sulla ripresa economica e l’occupazione under 35.
Il trend sarebbe quindi anche spiegabile con le nuove metodologie di calcolo dell’Istat: l’aumento netto dei contratti stabili a giugno deriverebbe anche dal rientro al lavoro di molti di coloro che erano in cassa integrazione da più di tre mesi. I rapporti di lavoro a tempo determinato in un mese, invece, sono solo 10mila in più. Con la novità che tornano a salire gli autonomi dopo mesi di crolli: a giugno sono 39mila in più.
Ma se si guarda alle tendenze annuali, rispetto allo scorso giugno salta all’occhio un balzo in avanti fortissimo dei contratti a termine, cresciuti di 344mila unità. I dipendenti a tempo determinato nei 12 mesi sono 146mila in più. Mentre gli indipendenti, diminuiti ancora di 44mila unità nei primi cinque mesi dell’anno, sono 223mila in meno. E rispetto al periodo pre pandemia, si contano 127 mila occupati permanenti in meno, +55mila occupati a termine e -378mila occupati indipendenti. Un dato che mostra come degli autonomi nel numero di occupati diminuiti sia nettamente maggioritario.
Rispetto al primo trimestre, il secondo fa registrare 223mila occupati in più. In un anno, i posti di lavoro in più sono 267mila. La crescita, seppur con differenze notevoli, riguarda uomini e donne, dipendenti e lavoratori di ogni classe d’età. A eccezione dei 35-49 anni. Quella fascia intermedia, senza sgravi e incentivi ad hoc per le assunzioni, che da tempo fa fatica a restare a galla nel mercato del lavoro. E che, nella crisi Covid, ora vede peggiorare la propria situazione.
I prossimi dati di luglio saranno i primi con la caduta del blocco generalizzato dei licenziamenti che era in vigore da marzo 2020. E da lì si potranno cominciare a misurare gli effetti.