There is no planet BGli effetti del cambiamento climatico sul patrimonio artistico

Le Ville Palladiane, Aquileia, Venezia e il Parco archeologico di Paestum sono alcuni dei siti Unesco che potrebbero finire sott’acqua, secondo Nature Communications. Ma non è l’unico rischio. Le alte temperature, ad esempio, danneggiano i mosaici e le piogge, sempre più frequenti nelle zone alpine, incidono sulla conservazione dei marmi. Alcuni studiosi del settore ci spiegano come l’Italia si prepara a fronteggiare questa sfida

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Aumento delle temperature e del livello del mare, erosione, incendi sempre più difficili da domare, alluvioni. La crisi climatica già in corso, che si manifesta in fenomeni naturali molto più intensi che in passato, non ha un impatto solo sull’ecosistema e sulla sostenibilità della nostra vita, ma anche sul nostro patrimonio culturale. 

Il cambiamento del clima mette infatti a rischio aree archeologiche, monumenti, città d’arte. Venezia e Aquileia, le Ville Palladiane del Veneto e il Parco archeologico di Paestum. Sono solo alcuni dei siti Unesco che, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, rischiano di finire sott’acqua per l’innalzamento del livello del mare, uno degli effetti dell’aumento delle temperature. Ma non è l’unica minaccia.  

«I siti costieri, come Paestum, sarebbero soggetti a drammatica distruzione, nel caso in cui si alzasse il livello del mare. Ma si tratta di processi a medio e lungo periodo. Ci sono anche altre dinamiche climatiche che stanno impattando, come l’erosione delle coste. O le bombe d’acqua che creano danni diretti e crolli», spiega a Linkiesta Francesco Uliano Scelza, archeologo del Parco di Paestum. 

Secondo Scelza l’inquinamento atmosferico è ancora il nemico numero uno dei monumenti perché ha un effetto immediato e visibile nella sporcizia che si deposita sulla pietra. Ma anche le alte temperature incidono, soprattutto su superfici decorate come mosaici e pitture. C’è infine l’impatto antropico, con gli incendi che possono stravolgere l’equilibrio di un terreno. Il suolo si secca, si creano cavità, si accumulano detriti e ciò che prima era stabile non lo è più. 

«A Paestum cerchiamo di sensibilizzare, conoscere i materiali e monitorare il parco con soluzioni ad hoc sulla base del tipo di evento che si verifica e del tipo di monumento. Ogni edificio ha infatti bisogno di una cura e di una soluzione specifiche», precisa Scelza.

L’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr ha provato a monitorare quali potranno essere in futuro i rischi maggiori a cui sarà esposto il patrimonio per effetto del cambiamento climatico. Sono stati utilizzati dei modelli per prevedere i processi di degrado dei beni culturali e sono state applicati funzioni e algoritmi per provare ad anticipare quali danni saranno più frequenti. Le proiezioni, relative all’ultimo trentennio del secolo, dal 2070 al 2099, indicano tre principali fattori di rischio. 

I marmi con cui sono costruiti moltissimi monumenti saranno maggiormente esposti all’erosione e alle conseguenti infiltrazioni dell’acqua piovana dovute alle piogge che, secondo gli esperti, saranno più frequenti nella zona alpina, nella parte settentrionale della Spagna e in Nord Europa. 

L’aumento della temperatura e dell’escursione termica potranno avere un impatto negativo sulla conservazione del marmo di templi antichi, chiese e monumenti del Mediterraneo. È un fenomeno noto in gergo come “termoclastismo”. Fatto di cristalli di calcite, il marmo si espande in maniera non omogenea quando la temperatura aumenta e si contrae quando scende. La differenza di volume tra giorno e notte produce degli stress termici che possono portare a una disgregazione del materiale. 

Un’altra minaccia al patrimonio artistico potrà arrivare infine dalla cristallizzazione del sale marino, un effetto che si verifica quando l’umidità relativa oscilla attorno al 75 per cento. Un ciclo dell’acqua con umidità attorno a questi valori percentuali produce processi di cristallizzazione che possono causare efflorescenze sulle superfici e mettere sotto stress i materiali più porosi. Gli scienziati prevedono che, a causa delle variazioni di temperatura che si avranno nel corso del secolo, il numero di cicli dell’acqua con umidità al 75 per cento aumenterà in tutta l’Europa centrale. 

«Il risultato dei nostri studi è che ad avere un impatto sul patrimonio artistico non sarà tanto il cambiamento della temperatura quanto il cambiamento del ciclo dell’acqua, ossia del pattern di precipitazioni», spiega a Linkiesta Cristina Sabbioni, associato di ricerca all’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale della ricerca ed esperta dell’impatto del cambiamento climatico sul patrimonio artistico. «Le precipitazioni nell’arco di un anno non cambieranno. Quello che cambierà sarà l’intensità delle piogge e dei periodi siccitosi. Questo avrà un impatto sul patrimonio sia per quanto riguarda la frequenza di eventi estremi, come alluvioni e siccità, sia per i cambiamenti più sottili, come l’alterazione dei valori dell’umidità relativa. Le alluvioni hanno un impatto drammatico per i materiali. Al di là dei danni strutturali, il momento peggiore non è quando un bene finisce sott’acqua ma quando le acque si ritirano e si asciugano. Si rischia di avere un’evaporazione troppo veloce che porta a un degrado irreversibile del legno e dei materiali porosi», precisa la studiosa. 

Per affrontare le sfide future diventerà quindi sempre più importante monitorare lo stato di salute di un bene artistico. Una procedura lunga e costosa ma indispensabile per acquisire i dati necessari a stabilire se il degrado di un monumento sia imputabile a cambiamenti strutturali innescati dalla crisi climatica, come le alterazioni del ciclo dell’acqua e della temperatura, o se sia dovuto piuttosto all’inquinamento atmosferico, un problema con il quale si lotta ormai da decenni.

«Non dobbiamo aspettare che si verifichi un evento disastroso, l’attività di conservazione si fa a monte. Per fortuna a Paestum finora non ci sono stati incidenti ma la situazione è peggiorata rispetto al passato e ci drena molti più soldi e forze. Da studioso ritengo che sia necessario mettere più risorse in questo settore».

Prevenire piuttosto che curare è una delle strategie da adottare. Un ruolo fondamentale per tenere sotto controllo il patrimonio lo giocheranno in futuro soprattutto le nuove tecnologie, già sperimentate da alcuni siti.

 «L’Italia è capofila e all’avanguardia in questi studi, e sta mettendo in atto una serie di monitoraggi molto validi che usano le immagini da satellite per controllare aree molto ampie. Se ci fossero dei cambiamenti strutturali in un monumento, per esempio dei cedimenti, i satelliti riuscirebbero a intercettarli. Così come si può monitorare se i monumenti cambiano colore», puntualizza Sabbioni.

Sia il Colosseo che il Parco archeologico di Pompei stanno facendo ricorso a questi strumenti, e rilevazioni simili sono in programma anche per Venezia, dove saranno monitorati più di 90 campanili per verificare se il fenomeno dell’acqua alta produca un danno tale da riflettersi anche nella stabilità delle strutture. 

La tutela del patrimonio culturale è stata inserita dall’Italia nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il piano di contrasto alla crisi ambientale. Un impegno ribadito e portato all’attenzione internazionale anche durante il G20 della Cultura dello scorso luglio, che ha ospitato una tavola rotonda dedicata al tema. 

«L’Italia non è ferma, ma bisogna accettare che non si potrà salvare tutto, bisognerà individuare delle priorità coinvolgendo le comunità locali e le persone che vivono i luoghi. Per fare delle scelte non solo basate sull’importanza turistica ed economica di un sito culturale, ma fondate anche sul desiderio delle comunità locali di preservare luoghi per loro simbolici e importanti. Molto è stato fatto e molto si può fare», conclude Sabbioni. 

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