Oggi la fiducia sulla giustiziaÈ la riforma di Bonafede non della ministra Cartabia, dice Conte

L’ex premier in un’intervista alla Stampa avverte che nel nuovo corso dei Cinque Stelle «tutti devono uniformarsi alla decisione e all’indirizzo assunti». Poi si prende i meriti del rimbalzo del Pil. E dice che se sul processo penale «ci siamo fatti trovare forse un po’ impreparati», sul Reddito di cittadinanza «non ripeteremo lo stesso errore, perché non permetterò nemmeno che si arrivi a metterlo in discussione»

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

«Mai pensato a causare una crisi di governo», dice l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, leader in pectore dei nuovi Cinque Stelle, dopo una domenica di tensione tra i grillini alla Camera sulla riforma della giustizia. Con 40 deputati assenti, tra cui la co-relatrice Giulia Sarti. Oggi si vota la fiducia in aula sul testo, ma ieri la riunione con i gruppi parlamentari è stata più che accesa.

Conte, protagonista del compromesso nella maggioranza sul testo della ministra Cartabia, prova a inaugurare la nuova stagione grillina, con un approccio non più manicheo su uno dei temi identitari dei Cinque Stelle. Tra qualche giorno l’ex premier sarà incoronato leader del Movimento. E ha un obiettivo che fa trapelare in un’intervista alla Stampa: tornare al governo con le prossime elezioni.

La giustizia è, appunto, il primo test della sua leadership. Un deputato 5S ha già detto però che voterà contro e altri due hanno definito quel testo «un abominio». L’ex premier spiega che «per due terzi resta la riforma Bonafede» e assicura: «Nel nuovo corso del M5S la presenza compatta sarà la cifra della nostra forza politica. Sulle assenze mi sono espresso ieri: non mi piacciono. Ma la fiducia è assicurata».

Poi si prende i meriti della mediazione: «Essere in questo governo ci ha permesso di apportare dei miglioramenti significativi per tutti gli italiani. Senza di noi non ci sarebbero stati. Con il presidente Draghi e con la ministra Marta Cartabia siamo stati chiari sin dall’inizio: il disegno originario della riforma, come evidenziato dai più autorevoli addetti ai lavori, avrebbe provocato un collasso della giustizia penale. E noi non potevamo permetterlo». E continua: «Faccio presente che, di fronte a un blocco di forze politiche che ha fortemente contrastato i nostri interventi migliorativi, a partire dalla Lega che pubblicamente sostiene la lotta alla mafia e poi ha tentato di boicottarci in tutti i modi, abbiamo ottenuto importanti modifiche: un regime transitorio che introduce tempi più lunghi per i processi fino a dicembre 2024, un comitato tecnico-scientifico che monitora l’impatto delle norme e degli investimenti, da qui al 2024 e sollecita al ministro della Giustizia eventuali correttivi. Infine: la possibilità di portare al limite della durata massima tutti i processi su semplice iniziativa del giudicante».

Lancia un messaggio agli elettori delusi: «Prometto a tutti i cittadini che, se alle prossime elezioni politiche ci daranno ampia fiducia col loro voto, il M5S si farà garante di ulteriori interventi migliorativi, se serviranno. Il principio di legalità, il contrasto alla mafia, alla corruzione e ai reati ambientali sono per noi valori assoluti».

Il Movimento però aveva votato compatto il testo in consiglio dei ministri, salvo poi sconfessarlo. «Diciamo che in quel momento non c’era una leadership chiara e riconosciuta con cui il premier e gli altri partiti potevano interloquire», spiega Conte. «La nostra forza in questa trattativa è stata che non abbiamo fatto valere bandierine ideologiche ma l’interesse generale».

Eppure della legge Bonafede, della cancellazione della prescrizione, rimane ben poco. «Guardi che è improprio parlare di riforma Cartabia», puntualizza Conte. «Perché per buoni due terzi resta la riforma di Bonafede che, contrariamente alle polemiche strumentali, ha sempre avuto l’obiettivo di rendere più efficiente la giustizia penale, assicurando tutte le tutele costituzionali agli imputati. Resta in piedi, infatti, il poderoso piano di assunzioni, mai concepito prima di Bonafede. Sono questi gli strumenti più efficaci per velocizzare i processi. Per il resto, come ho già detto, non è esattamente la riforma che avremmo fatto se fossimo stati da soli».

Poi Conte dà la linea futura dei grillini: «In quest’ultimo passaggio sulla giustizia abbiamo introdotto un nuovo metodo di lavoro che varrà anche in futuro. Il leader di turno non decide da solo, ma mette al tavolo tutti coloro che sullo specifico dossier hanno titolo per essere coinvolti. È dal confronto che scaturisce la sintesi finale, che ovviamente spetta al leader. Dopodiché tutti ma proprio tutti devono uniformarsi alla decisione e all’indirizzo assunti, altrimenti non avremo un movimento politico ma un condominio. La libertà di coscienza non va invocata a sproposito. Altrimenti maschera la libertà di incoscienza».

Esclude il dualismo Di Maio-Conte nel Movimento e dice: «Oggi parte la votazione per il nuovo statuto. Se sarà approvato e se poi verrò indicato come leader agirò di conseguenza in una struttura con ruoli e funzioni. Ma chi è nel M5S deve comprendere che può far valere la propria opinione nell’ambito degli organi predisposti e delle assemblee, non mandando veline ai giornali per farsi notare».

Ma quello della giustizia non è l’unico ostacolo per i Cinque Stelle nel governo Draghi, con Renzi e Salvini che puntano già al Reddito di cittadinanza. «Mettiamola così: sulla giustizia ci siamo fatti trovare forse un po’ impreparati, perché eravamo in piena transizione e non siamo riusciti a esprimere chiarezza di posizioni», dice Conte. «Sul Reddito non ripeteremo lo stesso errore, perché non permetterò nemmeno che si arrivi a metterlo in discussione. Il Reddito di cittadinanza non si discute, al massimo si migliora».

Ma perché restare al governo a ogni costo? «È evidente che il premier e le altre forze politiche devono comprendere che il primo partito in Parlamento risponde agli oltre dieci milioni di elettori che lo hanno votato nel 2018. Ma la responsabilità che ha assunto il M5S appoggiando Draghi non verrà meno in questa fase in cui l’emergenza sanitaria continua e si cominciano a vedere i frutti degli interventi pianificati nel periodo più acuto della pandemia».

Eppure c’è chi, come Renzi, pensa che è grazie a Draghi se l’Italia ha svoltato sul fronte economico. Conte non è d’accordo e si prende i meriti del rimbalzo del Pil. «Renzi è lesto di parola, ma duro di pensiero, soprattutto economico», dice. «La crescita attuale, che sono fiducioso potrà arrivare anche al 6%, in parte è dovuta al rimbalzo più forte per un Paese come il nostro che è stato colpito più duramente dalla pandemia, per il resto è merito delle politiche economiche e degli stimoli fiscali attuati lungo tutto il 2020: un totale di 100 miliardi di espansione, più 4 decreti Ristori e una manovra di bilancio da 40 miliardi», risponde Conte. «In questi mesi Draghi si è dovuto concentrare sull’emergenza sanitaria e sul piano vaccini. L’unico decreto Sostegni adottato quest’anno deve ancora dispiegare i suoi effetti. Lavoreremo con lui e daremo il nostro contributo alle scelte in materia di fisco, concorrenza e pensioni, determinanti per far correre e tenere coeso il Paese».

Resta il nodo dell’alleanza con il Partito democratico: «Nei fatti il Pd di Enrico Letta si sta dimostrando la forza più attenta alla nostra agenda e più disponibile a costruire un percorso comune. Solo che un’alleanza non si improvvisa. Per il momento accontentiamoci di crearla in quelle città dove ci sono i presupposti, come a Napoli e a Bologna».

Ma dove si colloca il M5S di Conte? «Al centro del nostro progetto non ci sono vecchie appartenenze ma la sostenibilità ambientale, culturale e sociale. Ci metteremo alle spalle i no ideologici e i veti pregiudiziali, ma anche i toni aggressivi. Il M5S si farà portatore di una cultura ecologica che parlerà ai giovani. L’empowerment femminile sarà un obiettivo prioritario come lo sarà colmare il divario territoriale, anche dei tanti sud che si trovano a nord. Ma sia chiaro: resteremo intransigenti nella lotta alla corruzione, alla mafia, ai disastri ambientali. Come anche nel sostenere una legge sul conflitto di interessi e che regolamenti i rapporti tra politica e lobby. Legge che c’è in tutta Europa».

I nuovi Cinque Stelle, dice Conte, sono «disponibili a fare anche battaglie contro tutti. Come abbiamo fatto sulla giustizia. Saremo moderati nei toni ma intransigenti nei principi e radicali negli obiettivi. Vogliamo con noi tutta la parte sana del Paese». E le imprese «troveranno un M5S con posizioni del tutto nuove. Lo dimostrerò presentando uno statuto fondativo dei diritti delle imprese, come lo fu per i lavoratori, che favorirà tutti i processi di semplificazione e di certezza dei tempi delle autorizzazioni. Sono pronto a raccontarlo agli imprenditori che incontrerò, partendo dal Nord».

Al Nord, dove il M5S è scomparso, «comincerò lì la mia campagna in giro per l’Italia. Ma prima farò tappa a Palermo, come promesso, per ringraziare chi si è ribellato al pizzo».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter