I parlamentari Cinque stelle e gran parte degli attivisti sul territorio sono furibondi con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Talmente tanto, racconta Repubblica, che sui telefonini dei dirigenti grillini sono arrivate precise richieste di dimissioni. E l’ex premier Giuseppe Conte ha dovuto affrettarsi a far sapere di aver chiesto «un chiarimento», fissando un incontro per il 14 settembre.
«Gli ambientalisti radical chic sono parte del problema», ha detto il ministro alla festa di Italia Viva a Ponte di legno. Per di più, Cingolani ha aperto addirittura al nucleare, sostenendo che «si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Ci sono Paesi che stanno investendo su questa tecnologia, non è matura, ma è prossima a essere matura. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia».
Apriti cielo. I Cinque Stelle da tempo sono convinti che Cingolani, confortato da un’investitura che gli arriva direttamente da Beppe Grillo, non stia in alcun modo rispettando le idee del Movimento su rinnovabili, auto elettriche, gas, decarbonizzazione.
Ma anche Cingolani è convinto che ci sia un pezzo di Movimento che lavora contro di lui. E che si tratti soprattutto degli esponenti più contiani: quelli che a luglio, con un blitz in commissione, hanno mandato sotto il governo vincolando alcune decisioni del Mite in tema di appalti semplificati al Parlamento. E che a ogni passo ne criticano le scelte.
Per Conte, le idee che ha espresso a Ponte di legno «sono un problema». Cingolani però non ha intenzione di tornare indietro: è stata la Francia, insieme ad altri 10 Paesi, a chiedere la possibilità di avere una certificazione verde per il nucleare di ultima generazione. Se quella certificazione arriverà, bisognerà porsi il problema. Così come per il ministro bisogna porsi il problema di un parco macchine completamente elettrico che – con la maggior parte dell’energia proveniente dal carbone – non risolverebbe il problema delle emissioni. «Non capisco questa resistenza ai numeri», ha detto ieri.
Ma i Cinque Stelle spiegano che «Cingolani non ha mai tentato di instaurare un rapporto con il Movimento, non prende in considerazione le nostre proposte e le nostre richieste, non ha ancora mai incontrato Conte. Ma delle due l’una: o è in quota a noi che nel governo avevamo diritto ad avere cinque ministri, o se non lo è vuol dire che gli equilibri devono cambiare». Dalla sua, il ministro ha ancora Beppe Grillo – che sente di continuo – e Luigi Di Maio, ma c’è tutta un’area che monta e protesta, rischiando di spaccare soprattutto il fronte governativo. E di creare una nuova fibrillazione nell’esecutivo Draghi dopo quella sulla ministra della Giustizia Marta Cartabia.
A dividere Cingolani e i Cinque Stelle è l’idea stessa di ambientalismo. Troppo pragmatico, quello del ministro, per fare breccia nel cuore dei grillini. Ma anche nel cuore dei Verdi. Angelo Bonelli, leader di Europa Verde, su Repubblica dice che oggi il ministro è «il problema che ferma la transizione ecologica» e che il suo Pnrr è «inadeguato. Solo il 10 per cento degli autobus e dei treni regionali saranno sostituiti. È nemico dell’auto elettrica. Nulla è previsto contro il congestionamento delle città: a Madrid hanno più chilometri di metro che in tutta Italia». E aggiunge: «Gli ho scritto più volte e non mi ha mai risposto».
Monica Frassoni, ex eurodeputata, ambientalista di lungo corso chiamata da poco da Enrico Letta nel gruppo dei sei osservatori indipendenti della Agorà del Pd, alla Stampa dice che gli ambientalisti ideologici «è vero che ci sono, ma sono molto meno problematici dei rappresentanti dei poteri forti che sono fortissimi e a quanto si vede hanno anche un ascendente su Cingolani».
Nei Cinque Stelle ora tutti aspettano l’esito dell’incontro del 14 settembre. Se Cingolani non dimostrerà di voler cambiare registro, dopo il vertice a due, allora sarà il tempo di portare avanti «un’opposizione fortissima» contro di lui – scrive La Stampa.