“Terrorista lo è chi terrorista lo fa”, basta la icastica equazione di Forrest Gump, per comprendere quanto Massimo D’Alema ha sbagliato profondamente nel dire che «definire i Talebani terroristi è una stupidaggine. L’Isis è un gruppo terrorista. I Talebani sono un movimento politico come Hezbollah e Hamas». Va infatti ricordato a D’Alema che il numero delle vittime civili e innocenti degli attentati terroristi dei Talebani in Afghanistan ammonta a diverse migliaia, l’ultimo loro attentato è del 21 aprile 2021. Così come espliciti sono i legami del clan Haqqani, ora in posizioni chiave nel governo talebano, sia con i terroristi di al Qaida che con i terroristi dei Talebani pachistani (Ttp).
Un alto dirigente dell’antiterrorismo con cui parliamo analizza preoccupato la citazione di Massimo D’Alema: «È sconcertante il modo di ragionare dell’ex premier perché ci fa capire come sia ancora impregnato di una sorta di “sovietismo di ritorno” che considera movimenti politici Hamas ed Hezbollah (ambedue sulla lista dei terroristi dell’Unione europea), così come i Talebani a partire solo da un dato che pure innegabile: il consenso popolare di cui godono».
Consenso popolare che li assolve incredibilmente, secondo l’ex ministro degli Esteri, da tutti gli atti terroristici che compiono. D’Alema fu esplicito quando era ministro degli Esteri: «Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese e quindi è interesse della comunità internazionale evitare di spingere questi movimenti nelle braccia di al Qaeda».
È interessante e cruciale notare come la distinzione tra terroristi e movimenti popolari sia applicata da D’Alema solo e unicamente a movimenti anti israeliani e anti americani (qui il suo perenne sovietismo) perché mai e poi mai il Lìder Maximo si sarebbe arrisicato di applicarla a movimenti politici terroristi europei con larghissima base di consenso popolare come la irlandese Ira o la basca Eta.
Per di più, D’Alema smentisce ampiamente sé stesso e il punto focale della propria analisi perché anche il Califfato dell’Isis ha goduto di un amplissimo consenso popolare tra le tribù irachene dell’Anbar, ragione prima del successo travolgente della sua avanzata – e del dissolvimento dell’esercito iracheno – nella primavera del 2014. Identico peraltro è l’impianto un ampio consenso popolare di tanti movimenti aderenti all’Isis, dagli Shebab somali al nigeriano Boko Haram. Dunque, anche l’Isis avrebbe tutte le caratteristiche, secondo lo schema di analisi di D’Alema, per essere definito “movimento politico” e non terrorista col quale è doveroso trattare al pari di Hamas, Hezbollah e i Talebani.
Abbiamo dunque in D’Alema un esempio tipico della continuità della ideologia opportunista e della prassi di potenza dell’Unione Sovietica (che lo hanno formato quando era giovane Pioniere) che con una geniale svolta dal periodo dello stalinismo, con Nikita Krusciov, Michail Suslov e poi con Leonid Breznev avevano promosso a partire dalla metà degli anni cinquanta quali “esemplari movimenti contro l’imperialismo americano da appoggiare” tutti i leader e i movimenti arabi che nel 1940 si erano schierati col nazismo (Gamal Nasser, i palestinesi del Gran Muftì di Gerusalemme e di suo nipote Yasser Arafat, il Baath di Michel Aflaq e poi di Hafez al Assad e di Saddam Hussein).
Da qui le origini formative del riflesso di D’Alema che promuove da terroristi (ripetiamo, quali li definisce l’Unione Europea) a “movimenti politici” Hamas, Hezbollah e ora i Talebani, per la semplice e unica ragione che le loro azioni di terrore sono indirizzate contro Israele (e gli Stati Uniti). Il tutto dimenticando che la premessa per le trattative – che lui auspica con i Talebani – con i movimenti politici terroristi dell’Ira era parte di Tony Blair è stata la fine definitiva della lotta armata e degli atti di terrorismo.
Questo era il punto focale anche dell’Accordo dì Doha siglato da Donald Trump e i Talebani. Punto ampiamente disatteso dai Talebani che hanno continuato a fare attentati, il che avrebbe più che permesso, addirittura imposto, a Joe Biden di dichiarare la decadenza dell’Accordo di Doha.
Ma così non è stato con la conseguenza di un governo Talebano pronto, prontissimo a favorire al Qaeda e organizzazioni terroriste varie.