Nuove frontiereDal Giappone arriva la pentola totale

Si può ancora innovare il nostro modo di cucinare e di stare ai fornelli? Ci ha provato un'azienda giapponese creando una pentola in grado con un solo strumento di grigliare, brasare, friggere, lessare e cuocere al vapore. Tester d’eccezione lo chef Enrico Crippa del ristorante Piazza Duomo di Alba

Un solo strumento per grigliare, brasare, friggere, lessare e cuocere al vapore. Arriva dal Giappone la pentola che suggerisce un nuovo approccio essenziale ed ecologico alla cottura, in linea con la filosofia zen del Sol Levante. Si chiama Anaori kakugama ed è il prodotto di punta di Anaori, marchio giapponese specializzato in strumenti di cottura in grafite di carbonio.
Il concept della pentola si ispira ai principi base della cerimonia del tè: rispetto, armonia, purezza e tranquillità vengono riassunti in un cubo minimalista dai bordi esterni smussati – il termine kakugama è un neologismo creato allo scopo di definirne la forma ibrida – ideato con la collaborazione dello chef Hirohisa Koyama.

La pentola riprende la forma dei contenitori hagama in cui il tipico fondo arrotondato, pensato per finire a contatto diretto della fiamma, favoriva la distribuzione uniforme del calore. Coniugando tradizione e innovazione, Anaori kakugama sfrutta l’ottima resa termica della grafite di carbonio che conserva al meglio i valori nutritivi degli ingredienti indipendentemente dalla fonte di calore utilizzata e dalla tecnica di cottura, mantenendo il sapore originario dei cibi.
La grafite di carbonio genera un infrarosso fino a cinque volte superiore rispetto alla ghisa, caratteristica ottimizzata dalla forma cubica della pentola. Le prestazioni in termini di emissività del calore sono assimilabili a quelle ottenute cucinando con il carbone. La scelta della grafite deriva da un ricordo d’infanzia del fondatore, Eiichi Anaori, che ha voluto riprodurre il sapore delle patate dolci arroventate su frammenti di carbone, che ricordava di aver mangiato molte volte da bambino.
Per presentare al mondo la novità, Anaori ha organizzato un tour in ventiquattro paesi che ha coinvolto altrettanti chef. Ambassador del marchio per l’Italia Enrico Crippa, chef del ristorante Piazza Duomo di Alba, che ha testato la pentola per tre mesi. Il risultato? Un menu ispirato alla filosofia Kaiseki, la tipica portata giapponese con molte pietanze servite in piccole porzioni.

«Ho vissuto tre anni in Giappone, il tempo giusto per capirne la cultura senza diventare giapponese – scherza Crippa. Lì la tradizione prevede di iniziare sempre con qualcosa di crudo e allora, immaginando un percorso a metà strada tra Oriente e Occidente, mi è venuto abbastanza naturale pensare a un’insalata, anche se di solito un’insalata non si prepara in una pentola». Nella rielaborazione dello chef, il bollito in salsa verde si trasforma in un elegante fagottino, un origami di scarola il cui ripieno si svela soltanto alla prima forchettata. Un omaggio alla vocazione piemontese al risparmio, in cui gli avanzi del bollito della domenica venivano utilizzati il giorno successivo come base per il pranzo in vigna. Il tutto con un approccio molto zen verso la materia prima, che significa togliere peso, eliminare la complessità dei sapori per assaporare l’essenziale. Un approccio gentile, una ricerca di equilibrio e rispetto per l’ambiente che si ritrova anche nella filosofia di Anaori.
Compatibile con tutte le fonti di calore – induzione, fornello a gas e forno – Kakugama può essere utilizzata per ogni tipologia di cottura, dalla lessatura alla frittura, dalla griglia alle cotture lente mentre il coperchio in cipresso hinoki contribuisce a trattenere l’aroma umami e a cedere al piatto sentori naturali di bosco.
Per testarla su preparazioni slow Crippa ha scelto uno dei piatti simbolo del Giappone, il ramen. Piatto conviviale, allegro, il perfetto comfort food dopo una lunga giornata di lavoro: «Quando finivamo di lavorare con i miei colleghi ci ritrovavamo sempre a mangiare il Ramen. Ho pensato di cucinare questo piatto popolare e di condivisione trasformandolo nel nostro equivalente nostrano, una sorta di pasta e ceci rivisitata. I miei compagni giapponesi aggiungevano ogni volta di nascosto un po’ di Kimchi (verdure fermentate, ndr) nel mio piatto e io lo trovavo sì delizioso, ma a volte un po’ forte. Per questo motivo, per insaporire il brodo a base vegetale, ho aggiunto una ‘nduja più leggera e un pezzo di pancetta di maiale salata e cotta come un prosciutto».
L’ultimo piatto è un dessert nella pura tradizione giapponese del kaiseki: una macedonia di frutta e verdura in parte cotta e in parte cruda, che ricorda il minestrone contadino da mangiare freddo, d’estate. Leggero, fresco e dissetante, come una giornata di primavera nel tempo della fioritura delle ciliegie.

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