Presidi preoccupatiA una settimana dall’inizio della scuola, più 5mila studenti in Dad

«È ovvio che aumenteranno, visto che in Italia ci sono 400mila classi con una media di 20 alunni ciascuna», dice alla Stampa Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione dei dirigenti. E c’è anche il problema delle quarantene diversificate per alunni vaccinati e non vaccinati

di Kelly Sikkema, da Unsplash

Da oggi comincia la scuola anche per le ultime regioni. E tutti gli studenti italiani saranno sui banchi. Ma – scrive La Stampa – dopo una settimana dall’inizio del nuovo anno scolastico, oltre 200 classi e più di 5mila studenti, dalla materna alle superiori, stanno sperimentando già di nuovo la didattica a distanza.

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, aveva assicurato: «La Dad è finita». E invece il numero delle classi finite in quarantena è cresciuto. «Inevitabile», dice il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, Antonello Giannelli. «Ed è ovvio che aumenteranno, visto che in Italia ci sono 400mila classi con una media di 20 alunni ciascuna». Di queste, secondo i dati del ministero dell’Istruzione, circa 12mila sono sovraffollate. Quelle in cui quest’anno non sarà rispettato il metro di distanza tra gli studenti, in virtù della deroga prevista dal Comitato tecnico scientifico, sono molte di più, soprattutto alle superiori. Ed è lì che il virus può colpire più facilmente, come pure nelle scuole dell’infanzia ed elementari, dove i bambini non sono (perché non possono) essere vaccinati. E in ogni caso, l’obbligo del Green Pass esiste per il personale scolastico ma non per gli studenti.

Ecco qualche numero fornito dalla Stampa. In Alto Adige, dove le lezioni sono iniziate il 6 settembre, le classi in quarantena sono 35, con una settantina di casi positivi. Tra le province di Milano e Lodi la didattica a distanza è già scattata per 37 classi e un migliaio di studenti. A Torino hanno dovuto abbandonare i banchi 380 bambini e ragazzi, suddivisi in 17 classi in isolamento. In Veneto sono decine le classi in isolamento, una trentina solo in provincia di Padova, 11 in quella di Treviso e altre sparse tra Vicenza, Verona e Venezia. In Emilia-Romagna centinaia gli studenti in Dad. Lezioni in presenza sospese anche in cinque sezioni della provincia di Piacenza, in 13 della zona di Rimini e in sei scuole di Bologna. Ma anche una quarantina di alunni a Salerno e nove classi in Abruzzo. Un caso si è registrato anche in Sardegna. A Roma e provincia siamo già a quota 50 classi in Dad e più di mille studenti a casa. Allo scientifico Newton, la preside Cristina Costarelli dice: «L’anno scorso avevamo cominciato con le quarantene a metà ottobre, ora nemmeno siamo partiti ed ecco qua».

In qualità di presidente dell’Associazione presidi del Lazio, Costarelli sottolinea le criticità nella gestione delle quarantene, che «prima era in carico alle Asl e ora è passata ai medici di base, senza che noi dirigenti venissimo informati», con il rischio di «difformità e rientri a scuola alla spicciolata». Gli studenti, infatti, potranno rientrare in presenza dopo aver presentato un certificato medico di avvenuta negatività al Covid, «ma così ci si basa sulle difese immunitarie del singolo e non su protocolli standard uguali per tutti».

Altra complicazione è che non è uguale per tutti nemmeno il periodo di isolamento domiciliare: sette giorni per i vaccinati, dieci giorni per i non vaccinati, fino a 14 giorni per chi rifiuta di sottoporsi al tampone di controllo. «Così c’è chi torna in classe prima e chi dopo, con evidenti problemi per i docenti nell’organizzare la didattica – spiega Costarelli –. Se le le regole restano queste, si rischia di andare peggio dello scorso anno, nonostante i vaccini».

L’idea di adottare il modello tedesco, mettendo in isolamento non tutta la classe, ma solo la persona positiva e i suoi contatti strettissimi, ad esempio i compagni di banco, permettendo il ritorno in presenza degli altri studenti se negativi al test, non trova molti sostenitori. Dal ministero della Salute dicono che questa ipotesi «non viene presa in considerazione» e anche il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, Antonello Giannelli, spiega: «Sulla quarantena si scontrano esigenze contrapposte, meno giorni sarebbe meglio per la didattica, ma uniformare è un’esigenza sanitaria. Servirebbe un contact tracing più rigoroso, ma è difficile perché le Asl non hanno personale sufficiente per analisi così approfondite».

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