Manca ormai una settimana alle elezioni tedesche, e la SPD continua a essere in testa nei sondaggi, dopo la sorprendente risalita osservata a fine agosto. I socialdemocratici, infatti, sono attualmente al 25,3% nella media dei diversi istituti, staccando la CDU di circa 4 punti. I Verdi, a lungo considerati destinati a rappresentare la vera sorpresa di queste elezioni, sono fermi intorno al 16%, un dato impensabile fino a poche settimana fa. Seguono i liberal-democratici della FDP (11%) e la sinistra della Linke (poco sopra il 6%).
Su queste stime, ovviamente, potrebbero pesare molto gli sviluppi dell’ultima settimana di campagna elettorale e il numero degli indecisi (basti pensare che quattro giorni fa un sondaggio dell’istituto Allensbach sosteneva che circa il 40% degli elettori che intendono presentarsi ai seggi non ha ancora scelto quale partito votare). Tuttavia, è possibile immaginare alcuni potenziali coalizioni di governo e i loro effetti sul programma dei singoli partiti, anche in termini di posizioni europee.
Sembra molto difficile che SPD e Verdi riescano, da soli, a raggiungere una maggioranza assoluta, e la ricerca di un terzo partito di maggioranza potrebbe non essere semplice. Negli ultimi anni i socialdemocratici hanno sofferto molto la coalizione con la CDU, e spesso l’attuale dirigenza ha sostenuto di non volerla ripetere. Qualora dopo il voto la SPD volesse tenere fede a questa linea, dopo aver raggiunto un’intesa con i Verdi avrebbe di fronte a sé due strade, per molti aspetti opposte: includere la Linke o fare un accordo con la FPD. Entrambi gli scenari avrebbero profonde ripercussioni, tanto sulla politica interna quanto sull’Europa.
Un report recentemente pubblicato dall’Istituto Svedese per gli Studi sulle Politiche Europee ha evidenziato ad esempio come un accordo con la Linke potrebbe frenare le ambizioni tedesche verso un’Europa più autonoma in politica estera. Il partito infatti è storicamente contro la creazione di un esercito comune europeo, e scettico verso una politica estera unitaria (così come verso la NATO, ad esempio). I Verdi e i socialdemocratici potrebbero trovare con la Linke diversi punti di accordo sulle politiche sociali e sugli obiettivi ambientali, tanto a livello nazionale quanto in Europa, ma è chiaro che il tema di una politica estera autonoma rimarrebbe un forte nodo interno alla maggioranza.
Come fare notare l’autore dello studio, Valentin Kreilinger, sarebbero invece proprio le politiche sociali e climatiche a creare potenziali conflitti sui temi europei in caso di governo con la FDP. I liberali tedeschi sono favorevoli a un’Unione Europea federale e con una marcata autonomia strategica, oltre che con una propria Costituzione e un Parlamento con più iniziativa legislativa (in linea con quanto chiedono i Verdi). Tuttavia, rifiutano da sempre un debito comune europeo o l’introduzione di tasse comunitarie, due temi che sono invece al centro della visione di SPD e Verdi. La conflittualità si produrrebbe inoltre anche sul fronte interno, dato che tanto i Grüne quanto i socialdemocratici propongono politiche sociali come l’introduzione di una patrimoniale, l’aumento del salario minimo o una tassazione maggiormente progressiva.
Ci sono poi da considerare i numeri: a oggi è incerto se un governo rot-rot-grün (rosso-rosso-verde, così come viene chiamata l’alleanza SPD-Verdi-Linke) raggiungerebbe il numero di seggi sufficienti a esprimere una maggioranza. Anche qualora avvenisse, però, tutto lascia supporre che questa sarebbe debole, e ogni scontro nell’esecutivo potrebbe pesare molto. Un governo semaforo con i liberal-democratici (chiamato così dai colori dei partiti) darebbe maggiore tranquillità in termini puramente numerici, ma il prezzo da pagare potrebbe essere quello di sacrificare parti consistenti del programma elettorale.
Attualmente, il 37% dei tedeschi vede con favore una coalizione semaforo, contro il 27% di favorevoli a un governo con la Linke. La campagna elettorale dell’Union (l’alleanza strutturale di CDU e CSU) insiste molto sul rischio di uno scivolamento a sinistra in caso di vittoria della SPD, che aprirebbe alla Linke. Il candidato socialdemocratico, Olaf Scholz, non ha escluso in effetti un governo con la sinistra, ma a inizio settembre secondo un sondaggio ZDF ben il 57% degli intervistati riteneva che avesse fatto bene a non farlo. Scholz, del resto, è attuale Ministro delle Finanze del governo Merkel ed è visto come il candidato più simile, per profilo e stile, alla Cancelliera: in questo senso, non è detto che agitare lo spauracchio della Linke riesca nell’intento di farlo apparire come inadatto a diventare Cancelliere.
Finora, l’Europa non è stata un tema molto presente in campagna elettorale (cosa di cui si è lamentato pubblicamente il Rappresentante della Commissione Europea in Germania Jörg Wojahn), ma è chiaro che le politiche comunitarie saranno un tema centrale per il prossimo governo, sia per il ruolo che ha la Germania in UE sia per la fase storica che l’Unione attraversa.
Ma se anche questi temi non hanno trovato molto spazio in campagna elettorale, per Scholz la scelta degli alleati sarà il primo grande nodo da sciogliere qualora vincesse le elezioni; una decisione da cui dipenderà l’identità del suo governo, e che non potrà prescindere dalla dimensione europea.