Da Roma a Torino, i neo sindaci del centrosinistra esultano dopo i ballottaggi e sui giornali analizzano il voto, facendo i primi programmi per il futuro.
Roma
Roberto Gualtieri, che ha vinto al secondo turno nella Capitale, al Messaggero dice che la prima telefonata dal nuovo ufficio vista Fori Imperiali la farà al presidente del Consiglio Mario Draghi. «Gli chiederò di vederci il prima possibile, per parlare del Giubileo, dell’Expo, del Pnrr; per capire come Roma può contribuire a questa stagione di rilancio del Paese che il governo sta guidando bene. E al tempo stesso come il governo può sostenere Roma», annuncia. «Intanto sul Giubileo mi aspetto che ci siano più risorse per Roma, per esempio con la legge di stabilità, per interventi straordinari sulle strade, sulle stazioni, ma anche per le politiche sociali. C’è tanto lavoro da fare».
Certo, ora che ha vinto, Gualtieri ammette che «fare il sindaco di Roma fa tremare le vene ai polsi, so benissimo che sarà un lavoro impegnativo, questa città ha sofferto tanto, ha conosciuto una stagione di declino lunga, ma può rinascere, ha grandi risorse e io vorrei lavorare per unirle. Non basta una città efficiente, dev’essere una città che recupera anche l’ambizione, deve essere il traino del Paese».
Ma dal risultato di Roma, con 260mila voti in più del primo turno, Gualtieri dice che emerge «un significato politico». E cioè che «se si può vincere a Roma unendo il centrosinistra, si può vincere così a livello nazionale. Il Paese non deve tornare in mano a una destra populista, non popolare». Resta l’affluenza più bassa di sempre, con il 60% dei romani non ha votato. «È innegabile che c’è un tema di distacco della politica dalle persone. Da sindaco, voglio prendere un impegno con chi non ha votato per sfiducia, per rassegnazione o per critica verso il nostro progetto. Lì dove c’è sfiducia, ora che siamo al governo metteremo ancora più impegno».
Gualtieri poi promette «massima rapidità per dare a Roma una giunta di livello». E annuncia che «sarà una squadra con forti presenze esterne, persone competenti, sia nella giunta che nel resto dell’amministrazione, nelle posizioni di vertice». Non si sbilancia però sui nomi. Né su Virginia Raggi. Ma conferma che non ci saranno Cinque Stelle in giunta: «Ovviamente non ci saranno, l’avevo detto in campagna elettorale e sono abituato a fare quello che dico».
Ma dice anche: «Il nostro perimetro politico è quello della maggioranza che si è presentata alle elezioni. Poi ovviamente siamo aperti a figure civiche, come dicevo. In generale, voglio rivolgermi a tutte le forze sociali, economiche, produttive: serve un patto per lo sviluppo, per l’occupazione. Chiedo a tutte le forze di questa città di partecipare a questa stagione di rilancio».
Il primo atto da sindaco? «Serve una pulizia straordinaria della città». Il secondo atto? «Non faremo le cose in serie, prima una poi l’altra. Bisogna lavorare su tutti i fronti, Roma deve essere pulita, serve una buona manutenzione. I trasporti: dobbiamo accelerare il rinnovo della flotta, Atac deve fare più chilometri. Faremo un’agenzia per attrarre investimenti. Ed è fondamentale lavorare per il Giubileo e l’Expo». Ma per il Giubileo serve un commissario? «Io credo che il Giubileo del 2000 abbia funzionato, quello è l’esempio a cui guardare. Sono sincero: l’idea del mega-commissario mi lascia un po’ perplesso, ma ci siederemo subito al tavolo col governo per parlare della governance. E delle risorse».
Torino
Stefano Lo Russo, da nuovo sindaco di Torino, dice subito alla Stampa che «questa è una stagione in cui servono i costruttori» (citazione da Sergio Mattarella) e spera che la sua vittoria, «come quella degli altri sindaci del centrosinistra possa rafforzare un governo che sta lavorando bene», dice.
«Ho recuperato molti voti non solo portando ai seggi gli elettori del centrosinistra, ma anche chi aveva scelto altri candidati», spiega. E da sindaco «sono preoccupato dell’altissima astensione. Mi preoccupa il non voto delle periferie. Il mio lavoro sarà inclusivo e in questi cinque anni lavorerò per ricucire il rapporto con i cittadini per arrivare fra cinque anni ad avere più torinesi ad eleggere il loro sindaco».
In campagna elettorale, Lo Russo ha girato la città con la sedia pieghevole per ascoltare i cittadini. Ora lo farà anche da sindaco, promette: «Lo farò io e lo faranno anche i miei assessori. Abbiamo impostato la campagna elettorale con quella sedia che simboleggiava anche fisicamente il tornare a mettersi in ascolto e dialogare, e questo stile vogliamo riproporlo per tutti i cinque anni di amministrazione. Non lo farò solo io, ma chiederò di farlo agli assessori perché questo metodo non solo riconnette le istituzioni con la città, ma fornisce anche moltissimi spunti programmatici che aiutano chi deve governare».
Lo Russo detta già i tempi: «Lunedì presenterò la giunta. Dobbiamo essere operativi in poco tempo. Sono state settimane intense, abbiamo girato tutta la città, i cittadini ci hanno dato fiducia. Questo è stato un progetto del “noi”, non di Stefano Lo Russo, un progetto in cui ciascuno ha fatto il suo pezzo. Non sarei stato eletto senza. Ecco perché ora chiedo a tutti i torinesi di starci accanto: abbiamo un compito complicato, sarà dura, la città vive un momento di difficoltà, ma ci abbiamo messo tutto il nostro entusiasmo e continueremo a farlo. Abbiamo fatto una grandissima cosa: non ci credeva nessuno invece abbiamo fatto una rimonta pazzesca ed è stata possibile perché ci abbiamo creduto e siamo stati uniti e compatti. Restiamo uniti e faremo tornare Torino grande e forte».
E la sua, ha già annunciato, sarà una giunta a trazione femminile: «Il vicesindaco sarà donna così come la maggioranza degli undici assessori. Le donne hanno potenzialità e chiavi di lettura che in questo momento servono a tutti».
Ma, aggiunge, «la prima cosa che farò, dopo aver composta la giunta, sarà invitare tutte le energie della città, le categorie, i sindacati, il terzo settore, le organizzazioni datoriali a dare una mano alla città. Nei primi cento giorni c’è l’idea di coinvolgere il più possibile, ricreando un “sistema Torino”». Perché «se non facciamo sistema e riusciamo a far valere il peso economico e scientifico della nostra comunità mi spiega come faremo a giocare le nostre carte a Roma sul nostro futuro industriale?».
In primavera il Pd non lo voleva come candidato sindaco della città, perché aveva escluso da subito un’alleanza giallorossa per la città, poi Letta arrivò a Torino e gli diede del secchione. Adesso Lo Russo è l’unico sindaco del Pd nelle città del Nord Italia. «Noi ci siamo presentati come centrosinistra unito, questo progetto è stato accolto molto positivamente: una coalizione politica molto compatta che ha fatto sì che i torinesi ci dessero la loro fiducia. Questa è stata la nostra forza: uniti si vince», spiega.