BiginoIl caffè spiegato dalla A alla Z

Sai distinguere un flat white da un cappuccino? E un chicco di Arabica da uno di Robusta? Oggi è la giornata internazionale del caffè e noi lo celebriamo svelando tante curiosità sulla tazzina più amata

A come Americano, il caffè di Hollywood: nel dopoguerra, i baristi italiani iniziarono a diluire il caffè con acqua calda per gli stranieri che chiedevano una bevanda a base di caffè meno concentrata dell’espresso. Era nato il caffè “per gli americani”. Molto diverso da un semplice espresso allungato con l’acqua calda, dall’altra parte dell’oceano l’americano – quello che beve Robert Redford in “Tutti gli uomini del presidente” e che viene servito nei diner non appena ti siedi al tavolino – viene chiamato anche filter coffee. Si prepara con una caraffa elettrica, generalmente di vetro, nella cui parte superiore c’è il filtro per la miscela. L’acqua bollente, riscaldata dalla macchina a una temperatura che varia fra i 93 e i 95 gradi, gocciola lentamente sulla polvere depositandosi nella caraffa.

B come Brasiliano: è una via di mezzo tra un caffè corretto, un cocktail e un long drink da servire a fine pasto per concludere in bellezza una cena. La sequenza di montaggio è rigorosa: sul fondo del bicchiere si versa lo zucchero, un’ombra di crema al whiskey, schiuma finissima di latte e per ultimo il caffè che va fatto scivolare dentro la schiuma. Tocco finale, una spolverata di cacao. Si serve stratificato, senza mescolare, in un semplice bicchiere di vetro (versione giorno) o nella classica coppa del Martini (versione sera).

C come Cappuccino: il caffè con latte preferito da noi italiani, con cinque porzioni di latte schiumato per una di caffè. Una bevanda in cui il sapore del latte si fonde con quello del caffè, senza coprirlo eccessivamente. Se sei in Francia, ti verrà servito un café au lait, un cappuccino più scuro in cui la quantità di latte è decisamente inferiore.

D come Decaffeinato: l’invenzione ha più di un secolo e si deve a Ludwig Roselius, figlio di un assaggiatore di caffè che nel 1905, a Brema, in Germania, riuscì a estrarre la caffeina dal chicco. Si calcola che una tazzina su dieci sia decaffeinata.

E come Espresso, cioè fatto al momento, espresso: trenta secondi di estrazione a una temperatura di circa 90° C, ovvero il simbolo dell’Italia nel mondo. Quello fatto a regola d’arte ha un perfetto equilibrio tra acidità e amarezza, al palato è denso e aromatico, ricoperto da una densa crema naturale color nocciola. Detto in polvere, sette grammi di felicità, l’equivalente di cinquanta chicchi. Secondo i puristi, andrebbe bevuto in purezza perché l’aggiunta di zucchero cambia il suo profilo aromatico.

F come Flat white: popolarissimo nel mondo anglosassone è il cappuccino che puoi ordinare a Londra, New York e Melbourne: una doppia dose di espresso e una di latte montato con una crema molto liquida e sottile.

G come Gaggia Magenta Prestige e le sue dodici declinazioni di bevande della tradizione a base di caffè, da scegliere premendo un semplice pulsante: ristretto, espresso, espresso lungo, caffè, cortadoflat white, americano, cappuccino, café au lait, latte macchiato, latte emulsionato e acqua calda. La funzione Memo consente di personalizzare le bevande (ad esempio regolando l’intensità della bevanda, attraverso la quantità di caffè macinato per tazza, la lunghezza del caffè e/o del latte emulsionato e la temperatura del caffè), salvare le impostazioni per le volte successive e scegliere tra caffè in grani o macinato. Per le bevande a base di latte, Gaggia Magenta Prestige ha in dotazione una caraffa integrata che emulsiona il latte e restituisce direttamente in tazza un crema perfetta, senza bolle d’aria e alla giusta temperatura. Il ciclo di pulizia è automatico e, dopo l’utilizzo, è possibile riporre la caraffa direttamente in frigorifero per un successivo utilizzo. L’esclusivo espresso tray in acciaio inox, consente di appoggiare le tazzine da espresso all’altezza corretta per garantire un’erogazione perfetta, senza schizzi, mantenendo uno strato di crema uniforme e vellutata. Una volta riposto, favorisce l’utilizzo di bicchieri e tazze alti, adatti ad altri tipi di bevande. Il ciclo di pulizia è automatico e dopo l’utilizzo si può riporre la caraffa direttamente nel frigorifero. Gaggia Magenta permette di avere il bar a casa con un semplice click.

H come Hawai: questo angolo di paradiso viene associato a frutta tropicale, fiori e bellezze naturali, non certo al chicco di caffè. Eppure il Kona, così si chiama dal nome della zona dove cresce, è una delle prelibatezze più ricercate, al punto da essere uno dei caffè più costosi al mondo. Il distretto di Kona, che in lingua locale significa “battuto dal vento”, ha le condizioni climatiche e il suolo perfetto per le coltivazioni di arabica.

K come Kaffeostletteralmente, “caffè e formaggio”. L’abbinamento può sembrare decisamente azzardato, ma nella penisola scandinava è abbastanza normale accompagnare intingere nel caffè bollente dadini di Leipäjuusto, anche detto “formaggio da pane” o Finnish squeaky cheese.

I come Iced latte, il caffè con ghiaccio che bevono gli australiani: se sei a Sydney e ordini un iced latte riceverai un bicchiere di caffè espresso freddo, con latte e cubetti di ghiaccio. Se chiedi un iced coffee, il barista potrebbe aggiungere una pallina di gelato.

L come latte emulsionato, la base perfetta per le ricette della tradizione italiana più bevute al mondo: è caratterizzato da una crema compatta, senza bolle, dalla consistenza vellutata. Oltre a quello vaccino ci si può sbizzarrire provando le versioni vegetali – soia, avena, riso, mandorla – per risultati sempre diversi.

M come Mocaccino o Mocha: più sfizioso di un cappuccino o di un caffè macchiato, è un mix goloso di caffè, panna e cioccolato che viene servito di solito al vetro, cioè nel bicchiere e non nella classica tazza. Da non confondere con il marocchino, la variante più light, fatto con caffè, crema di latte e polvere di cacao.

N come napoletano: più che una bevanda, un modo di essere, una magia fatta all’ombra del Vesuvio. Nei vicoli si racconta una storia presa in prestito dai monaci Zen: se il saggio indica la tazzina di caffè che ha preparato, lo sciocco guarda il caffè invece di guardare il dito e vedere dove porta. Il dito porta al napoletano, ed è questo il segreto. Perché va bene l’acqua, il clima mite del Golfo, la tazzina calda e il caratteristico colore “a manto di monaco” ma se chi te lo prepara non ci mette anche un pezzetto di anima verrà sempre fuori una ciofeca (cit. Totò).

O come origini del vero espresso all’italiana, quello con la crema naturale: il “caffè all’italiana” nasce dall’ingegno di Achille Gaggia, un barista italiano che nel 1938 registra il brevetto che da quel momento in poi rivoluzionerà il modo di estrarre l’aroma dal caffè. Achille inizia a costruire le sue innovative macchine da caffè professionali e le diffonde nei bar e nei ristoranti di tutto il mondo. È grazie a lui se oggi possiamo gustare il vero espresso con la crema naturale di caffè: un piacere inconfondibile.

P come Portogallo: a Lisbona, d’estate, si può entrare in un bar e chiedere un mazagran, cioè un espresso con tanto ghiaccio e una spruzzata di succo di limone. Il suo nome esotico deriva da una fortezza in Algeria dove attorno alla metà dell’Ottocento si consumò una delle tante battaglie che portarono alla colonizzazione del paese da parte della Francia. I legionari francesi, al rientro in patria, presero a consumare la bevanda e a farla conoscere al resto d’Europa. E proprio in Portogallo il mazagran ebbe la fortuna maggiore, tanto da essere servito ancora oggi abitualmente nei locali.

Q come qualità: i sommelier dell’espresso sanno riconoscere un buon caffè prima di assaggiarlo. Tutto parte dal chicco, che dev’essere intero, bello grande e gonfio, non troppo scuro né tendente al giallo. Quelli della qualità Arabica, considerata la più pregiata, sono allungati, grandi e con un solco centrale ondulato mentre quelli di Robusta sono più piccoli, rotondi e con il solco dritto. Una buona miscela invece si riconosce dal profumo intenso, dal colore bruno e dalla granulosità omogenea. Al palato il sapore cambia in base alla miscela: può essere floreale, fruttato, con note che ricordano quelle del cioccolato, del pane tostato, della vaniglia o delle spezie.

R come Ristretto: è un espresso ridotto, un caffè dal gusto molto deciso che si ottiene facendo fluire pochissimo liquido nella tazzina (15-20 ml rispetto ai 50-60 di un espresso). Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non contiene più caffeina di un espresso perché il tempo di estrazione è molto ridotto: meno tempo dura il contatto tra acqua e polvere di caffè, minore è la quantità di caffeina nella bevanda.

S come Sospeso, ovvero la tradizione tutta napoletana di offrire un caffè a chi non può permetterselo. Diceva Luciano De Crescenzo che «quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo».

T come Thermos, il modo più ecologico per bere un buon caffè lontani da casa. Fu inventato nel 1892 da Sir James Dewar uno scienziato britannico della Oxford University, che in realtà stava cercando un modo per conservare a temperatura costante le sostanze chimiche. E a proposito di invenzioni che iniziano con la T, un posto d’onore spetta a lei, la tazzina. Il pittore Luigi Tazzini, direttore artistico della Società di Ceramica Richard-Ginori, all’inizio del 900 disegnò una famiglia di tazzine dalle forme simili a quelle che conosciamo oggi e di grandezze diverse in base all’uso: “el tazzinin” per il caffè, “el tazzin” per il vino, la “tazzinetta” per il caffelatte e la “tazzina” per la pasta e fagioli.

U come umidità, il peggior nemico dell’aroma: il caffè reagisce immediatamente al freddo, al calore, alle variazioni di temperatura, umidità e ossigeno perdendo al contempo un po’ del suo profumo caratteristico. Gli esperti consigliano di evitare il frigo e tenere la polvere tra i 15° e i 20° C. L’ideale è la dispensa, fresca e asciutta al punto giusto.

V come Vienna e i suoi leggendari caffè: nel lontano 1683, durante l’assedio di Vienna, gli invasori turchi, nella concitazione della ritirata, abbandonarono sul campo di battaglia numerosi sacchi ricolmi delle loro scorte di caffè ma i viennesi ignoravano cosa fossero quei chicchi e come utilizzarli. Fu un ufficiale polacco, tale Kolschitzky, a introdurre il rito del caffè e a inaugurare la prima Kaffeehaus di Vienna nel 1685. Nel 2011 le Kaffeehaus sono state considerate patrimonio culturale immateriale, in quanto luogo “dove si consumano il tempo e lo spazio ma solo il caffè compare sul conto”. Seduti al tavolino, potete chiedere un Kleiner Schwarzer, l’equivalente del nostro espresso classico o un Kapuziner melange, caffè con panna montata, oppure un semplice mélange, caffè con latte caldo.

Z come generazione Z, cioè i ragazzi under 25: una ricerca condotta da Survey Mokey ha indagato  i loro gusti in fatto di caffè. Dal sondaggio è emerso che sono degli autentici coffee-lovers, leggono le etichette e sono interessati a conoscere l’origine delle miscele che acquistano. Il 95% lo beve sia a casa che al bar, in media due tazzine al giorno, soprattutto la mattina e il pomeriggio. Da sempre la scusa più classica per concedersi una dolce pausa.

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