«Si è consumato un fatto grave a discapito innanzitutto delle tante donne e tanti uomini vittime di violenze e discriminazioni e si è consumato per un incomprensibile rifiuto della ricerca della mediazione, che nella politica è sempre necessaria: si è voluto procedere con un muro contro muro». Così Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità di Italia Viva, commenta sul Corriere la sconfitta in Senato sul ddl Zan. Proprio mentre dal Pd accusano il suo partito e il leader Matteo Renzi di aver appoggiato le destre nel fallimento della legge contro l’omotransfobia.
«Noi di Italia Viva abbiamo da subito denunciato che questo era il modo per affossare la legge. Se si fosse accettato un dialogo di un’ulteriore settimana come era stato chiesto, probabilmente non si sarebbe arrivati a questo scontro che purtroppo ha dato l’esito che ci si doveva aspettare, date le premesse», dice Bonetti.
Perché è successo? «Nel rispetto delle decisioni degli altri partiti, non do interpretazioni delle motivazioni che li hanno condotti a questa gestione, che è quella che ha portato al fallimento della legge. Il segretario Letta aveva aperto con grande chiarezza e poi di fatto la mediazione non è stata portata avanti. I Cinque Stelle e LeU non si sono seduti al tavolo e lo stesso Pd non ha poi operato nell’ottica della mediazione. Io credo sia un atteggiamento irresponsabile che va stigmatizzato anche in generale: più la politica si polarizza in modo ideologico meno sa esercitare il suo ruolo, che è quello di ricomporre le parti per dare risposte concrete ai diritti e ai bisogni degli italiani».
Eppure il Pd dice che i franchi tiratori erano in Italia Viva. La ministra risponde così: «Quando non si vuole ammettere una responsabilità evidente si cerca sempre in altri un capro espiatorio. Noi però rispondiamo con la chiarezza dei numeri e dei fatti. Italia viva ha sempre votato in modo coerente e i numeri dicono palesemente che non sono stati i voti di Iv a mancare. Il nostro è stato sempre un atteggiamento trasparente: abbiamo fatto una battaglia a viso aperto. Abbiamo detto pubblicamente “i numeri potrebbero mancare, sediamoci a un tavolo”. Sono altri, e il Pd in particolare, che prima hanno detto “la legge non si cambia”, poi hanno aperto alla mediazione e quindi hanno fatto retromarcia».
La conclusione, secondo la ministra, è che «quello che è accaduto comunque mette in evidenza quanto sia oggi necessario consolidare una proposta riformista per il Paese, perché solo così si evitano questi scempi nei confronti nei diritti delle persone. Le polarizzazioni ideologiche, a destra come a sinistra, portano al muro contro muro e al nulla di fatto. Oggi più che mai si evidenzia che nel nostro Paese c’è bisogno di una forza riformista».
E a chi vede in questo voto un campanello d’allarme per le votazioni del presidente della Repubblica, dice: «Io penso che queste siano dinamiche parlamentari purtroppo note, che dimenticano i cittadini e il dovere di confrontarsi per trovare soluzioni. Per questo è importante che adesso le forze politiche mettano in campo un dialogo maturo e una volontà di incontro e di composizione. Il processo democratico di elezione del presidente della Repubblica deve essere vissuto con una consapevolezza istituzionale alta. In gioco c’è il bene del Paese».