E Draghi governaLa Caporetto del centrodestra e le gravi colpe dei suoi due leader umorali

I leader di Lega e Fratelli d’Italia sono i responsabili di questa sconfitta elettorale non solo perché hanno scelto candidati deboli. Il solito vittimismo, la sindrome dell’accerchiamento, il terrore dei fantasmi del passato: tutto questo ha tenuto la gente a casa

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Una destra guidata da due leader umorali come Matteo Salvini e Giorgia Meloni come reagirà davanti alla disfatta di queste amministrative? Questa probabilmente è la questione che ci si pone nei palazzi della politica: il nervosismo dei sovranisti avrà effetti sul quadro politico? Sul centrodestra sicuramente sì, sulla tenuta del governo sicuramente no.

Se vediamo il voto dalla parte degli sconfitti in effetti c’è da fare i conti con un disastro che era in parte annunciato al primo turno ma che si è rivelato catastrofico al secondo, tanto che è impossibile minimizzare dando tutte le colpe a Enrico Michetti e a Paolo Damilano perché (tranne Roberto Di Piazza Trieste, che ha dovuto inaspettatamente lottare per vincere e l’eterno Clemente Mastella nel feudo di Benevento), i candidati della destra hanno perso dappertutto.

Ecco perché i responsabili della Caporetto hanno nomi e cognomi molto chiari: si chiamano Giorgia Meloni e, dopo, Matteo Salvini (scampa al naufragio il vecchio Silvio Berlusconi), sono loro che hanno mandato al fronte  quei candidati deboli e meno deboli a beccarsi le mitragliate del centrosinistra. Sono i leader sovranisti gli sconfitti, i sindaci riformisti hanno vinto. E Giorgia già chiede un vertice del centrodestra in settimana, comprendendo (sic) che «i tre partiti hanno tre linee diverse e questo genera disorientamento».

L’altro argomento è il solito vittimismo, la sindrome dell’accerchiamento, il terrore dei fantasmi del passato: tutto questo ha tenuto la gente a casa, intendendo la gente “sua”. Insomma, quasi quasi ha perso per Fanpage.

Purtroppo per lei il voto acuirà le differenze. Si rinfacceranno le responsabilità. Il sovranismo di governo (Salvini) verrà accusato dal sovranismo d’opposizione (Meloni) e viceversa.

L’unica cosa buona per entrambi è che in questa circostanza entrambi non dovrebbero avere rogne interne: Giancarlo Giorgetti ha perso a Varese e anche a Torino, dove Paolo Damilano era considerato “suo” e dentro Fratelli d’Italia – se si eccettua la voce libera di Guido Crosetto – non esiste, che si sappia, un dibattito interno. E tuttavia un disastro del genere fa sì che Meloni&Salvini non abbiano più il boccino in mano. E nemmeno una linea chiara. Perché lui tutto vuole tranne che far cadere il governo, mentre lei rischia davvero di perdere il controllo di sé e della situazione: quale può essere la sua prospettiva, se non continuare a ululare contro un esecutivo che – come ha detto Enrico Letta – con questo voto si è ulteriormente rafforzato?

A proposito di Letta, che giustamente non vuole essere trionfalista pur parlando di «trionfo», certamente sarà d’accordo con quanto ha affermato Beppe Sala, cioè «non montarsi la testa» perché le elezioni politiche sono un’altra cosa. E in effetti la buona salute dimostrata dal Pd, per certi versi inattesa, va misurata anche tenendo conto di fattori difficilmente replicabili, lo schianto della destra, la sparizione del Moviemento 5 stelle (al quale ha ripreso i voti che questo gli aveva sottratto in questi anni) e il crollo della partecipazione che ha evidentemente danneggiato la destra in modo irreparabile.

Il dato dell’astensione è effettivamente impressionante. Nelle città, starà ai nuovi sindaci far recuperare credibilità alla politica locale dopo i disastri del populismo metropolitano di Virginia Raggi e Chiara Appendino. A livello nazionale, sarà bene cominciare a lavorare sul rinnovamento di partiti che per un motivo o per l’altro non attirano più l’interesse di milioni di persone. E può darsi anche che nella ennesima puntata della storia politica italiana spunti qualcosa di nuovo, per tentare di recuperare la distanza far politica e società. Mentre Mario Draghi governa.

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