Mare LiberumL’America non smetterà di lottare per la libertà e la democrazia nel mondo, dice Bill Clinton

Intervenuto al Festival di geopolitica a Catania, l’ex presidente degli Stati Uniti ha sottolineato l’importanza di difendere i valori democratici rafforzando il multilateralismo: «Non si è interrotta la nostra voglia di cooperare e di salvare vite»

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Tutte le strade hanno curve e incroci pericolosi. Quelle di Stati Uniti e Unione europea non potevano fare eccezione: difendere il modello democratico oggi, a maggior ragione dopo una pandemia, è un ostacolo che si può superare soltanto lavorando di squadra. Il messaggio di Bill Clinton a Mare Liberum, il Festival di Geopolitica di Diplomatici e della rivista Eastwest organizzato a Catania con l partecipazione de Linkiesta, è un segnale di speranza e ottimismo per il futuro di un mondo più unito, capace di cooperare e di lavorare a livello globale per risolvere problemi comuni.

«La vera risposta alle difficoltà di oggi non la troveremo solo nelle relazioni bilaterali, ma in quelle con tutto il mondo, con le organizzazioni internazionali, come l’Unione europea o la Nato», ha detto il 42esimo presidente degli Stati Uniti.

L’intervento di Clinton a Mare Liberum – la quinta edizione, quella di quest’anno, è organizzata con Linkiesta, l’Università di Catania, La Sicilia, SkyTG24, Fondazione Sicilia e il Comune di Catania – è un piccolo saggio sulla politica multilateralista e su come si dovrebbe comportare un leader politico sullo scacchiere internazionale. Dopotutto, durante i due mandati presidenziali alla Casa Bianca, che hanno attraversato quasi tutti gli anni ‘90, Clinton aveva dimostrato di credere fermamente negli accordi internazionali, di voler difendere i valori del mondo libero con un approccio multilaterale.

«Io sostenni da presidente l’Unione europea, e lo faccio ancora. Già all’epoca sapevo quanto fosse importante l’unione monetaria dei Paesi europei. Però ancora adesso si nota l’assenza di un’unione politica vera e propria, dovuta al fatto che ogni nazione vuole mantenere la sua sovranità intatta così com’è», ha detto Clinton.

Intervistato da Claudio Corbino e Giuseppe Scognamiglio, l’ex presidente si è soffermato sulla partnership tra Stati Uniti e Unione europea, sempre più necessaria per il nuovo ordine internazionale, e sull’attuale stato di salute della democrazia americana.

«Quando Joe Biden è arrivato alla Casa Bianca – ha detto l’ex presidente – ha fatto capire che non potevamo lasciare sul tavolo le politiche di Donald Trump. È un segnale: questa non è la fine della democrazia in America o nel mondo occidentale, non si è interrotta la nostra voglia di cooperare, di salvare vite in tutto il mondo, di lottare per la democrazia a livello globale. Quando gli Stati Uniti si sono ritirati dal Vietnam il governo di Washington aveva avuto grossi problemi. Anche all’epoca si pensava che fosse la fine degli Stati Uniti così come li conoscevamo. Oggi invece è il Vietnam a essere cambiato, è molto più simile a un Paese occidentale di quanto non lo fosse all’epoca, perché non vuole farsi schiacciare dall’autoritarismo cinese».

È vero però che c’è un calo di reputazione delle istituzioni americane e dell’immagine degli Stati Uniti nel mondo, così come l’Unione europea e la sua stabilità interna è stata messa in discussione dall’arrivo della pandemia. Soprattutto a causa dei successi – veri o presunti – di certi governi autoritari nel contenere il virus.

Ma proprio le strategie messe in campo in risposta al Covid devono indicarci la via per la politica del futuro, dice Clinton: «L’Unione europea ha fatto un ottimo lavoro quando ha stabilito delle politiche comuni di contrasto al virus. Ed è proprio il modello di cui abbiamo bisogno oggi: un coordinamento migliore, maggiore cooperazione economica, istituzioni che lavorano insieme. Questa è l’unica via per preservare la pace, garantire cure a tutti».

Con la Terza Via, assieme a Tony Blair, Clinton aveva forgiato la politica europea, americana, globale tra gli anni ’90 e il Duemila. Ed è qui che si inserisce la domanda posta dal direttore de Linkiesta Christian Rocca all’ex presidente americano: ora che quell’idea di un centro dinamico e progressista, attento ai diritti sociali e alle pari opportunità ma anche rivolto alla crescita economica, è criticata di qua e di là dell’Atlantico dal nazionalismo di destra e dal populismo di sinistra, c’è ancora futuro per un approccio liberal progressista transnazionale?

«La risposta breve è sì, c’è un futuro per queste forze», ha spiegato Clinton. «Ma – aggiunge – dovranno esserci aggiustamenti rispetto a 20 anni fa. Una Terza Via aggiornata oggi dovrebbe essere molto più forte nei capitoli di spesa pubblica, perché le vecchie regole e i vecchi parametri non potrebbero funzionare, a maggior ragione dopo una pandemia che ha sostanzialmente fatto collassare il mercato. Oggi ci vuole una relazione diversa tra mercato e stato: gli stati dovrebbero assicurarsi con maggior insistenza che non ci siano tante disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, e non ci siano limiti alla mobilità economica. Chiaramente nessun piano progettato allora potrebbe essere efficace oggi. Però possiamo aggiornare le nostre idee e metterle in pratica in modi nuovi: pensiamo ad esempio alla possibilità di creare lavoro e muovere l’economia con il settore delle energie rinnovabili. In generale, possiamo ancora ambire a una crescita economica che allo stesso tempo tuteli i diritti civili, i principi di equità in economia, la salvaguardia dell’ambiente».

L’intervento di Bill Clinton è stato l’evento centrale della giornata di Mare Liberum. Nei diversi panel, dislocati in più location, hanno parlato (o parleranno sabato 9) Emma Bonino, Angelino Alfano, Brando Benifei, Claudio Corbino, Giuseppe Scognamiglio, Dubravka Suica (vice presidente della Commissione Ue), Fabio Massimo Castaldo e tanti altri ancora (qui il programma completo).

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