La ricchezza nascosta nei paradisi fiscali e gli affari segreti di 35 leader mondiali, politici e vip è stata messa nero su bianco nella nuova inchiesta globale condotta dal Consortium of Investigative Journalists (Icij), anticipata dall’Espresso, che fa parte delle 150 testate internazionali che hanno lavorato all’indagine.
L’inchiesta si chiama “Pandora Papers” «perché scoperchia un vaso di veleni di portata mondiale», spiega il settimanale. Dodici milioni di documenti riservati sono stati passati al vaglio a cinque anni di distanza dai famosi “Panama Papers”. All’interno si trovano i nomi di 35 capi di Stato e di governo. Più di 300 politici di oltre 90 nazioni, tra cui ministri, leader di partito e parlamentari. Ma ci sono anche esponenti dell’esercito, capi dei servizi segreti, manager, banchieri.
L’elenco degli azionisti schermati dal velo delle società offshore comprende il premier della Repubblica Ceca, il ministro olandese dell’Economia, l’ex capo del governo britannico Tony Blair, il Re di Giordania e presidenti in carica di Paesi come Ucraina, Kenya, Cile, Ecuador. Nella lista spiccano i nomi di molte celebrità dello sport, della moda e dello spettacolo, come Julio Iglesias e Claudia Schiffer. Ma ci sono anche criminali, ex terroristi, trafficanti di droga. E pure boss mafiosi, anche italiani, con i loro tesorieri.
Si legge sull’Espresso: «Migliaia di personaggi diversi per origini e storie personali, legati tra loro da un unico filo rosso: sono tutti clienti di 14 riservatissimi studi internazionali che fabbricano “offshore”. Cioè società collocate in giurisdizioni estere dove non esistono le tasse. E i titolari possono restare anonimi. Invisibili. E occultare le loro ricchezze al fisco, alla giustizia, agli elettori, a tutti gli altri cittadini. Che quindi sono costretti a pagare anche per questi privilegiati i costi di sanità, sicurezza, scuole, strade, ferrovie, acquedotti e tutti i servizi essenziali finanziati dagli stati nazionali con le entrate fiscali. I danni per la società civile causati dal proliferare di questi rifugi offshore sono ancora aumentati in questi tempi di pandemia, che ha innescato una crisi economica senza precedenti, moltiplicando le spese dello Stato per la sanità e per aiutare i più deboli».