Non ci ha messo la faccettaA Roma perderà Meloni, non Michetti (di cui nessuno si ricorderà dopo lunedì)

Il ballottaggio romano avrà un valore enorme per la presidente di Fratelli d’Italia che invece di candidarsi a sindaco ha scelto un personaggio debole

Lapresse

Enrico Michetti aveva fatto sapere di non stare tanto bene, proprio nelle fasi decisive prima del ballottaggio di Roma. Sarà per questo che in un comizio di due giorni fa ha vaneggiato: «Non prendo ordini da Bruxelles, anzi, a Bruxelles non ci sono mai stato». Non è una battuta, l’ha detta davvero.

Una fesseria può certo scappare, soprattutto se non hai nessuno che ti consiglia: ecco il punto, il candidato della destra è stato lasciato drammaticamente solo.

Tra quattro giorni si vota, e tutti si attendevano – noi tra questi – che il candidato della destra venisse accompagnato da una badante di lusso come Giorgia Meloni per girare la Capitale strada per strada, negozio per negozio, quartiere per quartiere, come fa in questi casi un leader vero in una battaglia probabilmente già persa (come avrebbe fatto il Berlusconi dei bei tempi, per intenderci). Ma Giorgia non c’è.

Eravamo convinti anche noi che la leader di Fratelli d’Italia intendesse giocarsela fino all’ultimo anche per farsi perdonare la “diserzione” – a Roma era lei la candidata naturale – e fare la parte che di solito non disdegna, metterci la faccetta.

Può darsi che nel rush finale la strana coppia Michetti-Meloni sparerà le ultime cartucce ma al momento è sparito lui ed è sparita lei, chiaramente affaccendata in tutt’altre faccende, dal grottesco comizio in spagnolo a Madrid alla sghemba arrampicata sugli specchi sulla «matrice» delle violenze squadristiche di sabato scorso, arrampicata ieri “perfezionata” così: a Roma la matrice era fascista, a Milano era anarchica, dunque antifascista. Rossa o nera è sempre dittatura, recita un antico motto qualunquistico.

Ora, a meno che non si voglia concludere che la leader di Fratelli d’Italia si stia dimostrando un bel po’ vigliacchetta nel lasciare solo un candidato che ha scritto “sconfitta” sulla faccia, scegliendo di divincolarsi da un’avventura iniziata male e probabilmente destinata a finire peggio, c’è da chiedersi se Giorgia Meloni non stia entrando un po’ in confusione.

Sarebbe anche comprensibile, essendo per la prima volta in una seria difficoltà, tra le inchieste giornalistiche (il caso Fidanza) e i dubbi sulla sua affidabilità dopo i balbettii sui fatti di Roma a cui ha reagito inventandosi una frase sullo scioglimento di Fratelli d’Italia che Peppe Provenzano non aveva mai pronunciato.

Ma è esattamente quando va in difficoltà che si vede la stoffa di un leader. Se il leader scappa, non è un leader.

La sua scelta di radicalizzare le posizioni di Fratelli d’Italia, se verrà confermata, porterà questo partito a soffiare sul fuoco delle polemiche attizzate dai No vax secondo una linea sfascista del “tanto peggio, tanto meglio”: si tratta di un’eventualità molto rischiosa per tutti. Una trappola nella quale la sinistra non dovrebbe cadere, memore di tante lezioni del passato, quando i neofascisti facevano davvero paura. Nervi saldi servono.

La sinistra ha scelto di utilizzare tre carte: la mobilitazione (la manifestazione sindacale di sabato pomeriggio a San Giovanni); la battaglia parlamentare per lo scioglimento di Forza Nuova che inizia il 20 a Montecitorio; il voto ai ballottaggi domenica e lunedì. Attenzione: le manifestazioni passano, e questa battaglia parlamentare sarà soprattutto simbolica.

È dunque soprattutto il big derby romano tra Roberto Gualtieri e Enrico Michetti, l’appuntamento che nella nuova situazione di radicalizzazione dello scontro assume un valore tutto particolare e dal chiaro impatto simbolico: se la destra di Michetti e Meloni perderà sarà un colpo denso di significato generale.

Per questo sulle spalle di Gualtieri cade una responsabilità che va al di là della “semplice” partita per il dopo-Raggi. Perché se vincerà lui, ad essere bocciato sarà un tale che si chiama Enrico Michetti che dal giorno dopo nessuno ricorderà più, ma sarà bocciata anche lei, la (ex) lanciatissima leader di Fratelli d’Italia, responsabile di una scelta sbagliata.

Sì, sarà una sua sconfitta, di Giorgia Meloni, la prima dopo Fidanza, gli squadristi di Roma e lo show madrileno: una congiunzione di nuvolaglie nere che avranno scaricato un improvviso temporale d’autunno laddove lei si attendeva una comoda ottobrata sotto un tiepido sole romano.