La proposta tedescaIl necessario ma faticoso percorso verso la costituzione europea

Il nuovo governo in Germania ha proposto una fase costituente dopo la Conferenza sul futuro dell’Europa. Il nuovo trattato dovrà essere elaborato, approvato ed entrare in vigore in modo conforme alla Carta dei diritti. Innanzitutto dal punto di vista delle competenze dello “stato federale” e poi delle politiche che nasceranno da queste competenze, fino alle regole di una vera democrazia Ue

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All’inizio ci furono soltanto dei codici di doveri: il Codice di Hammurabi del diciassettesimo secolo a.C., i Dieci Comandamenti del tredicesimo secolo a.C. e le Dodici Tavole della Legge del quinto secolo a.C. Dovere e Diritto sono come padre e figlio: non c’è padre senza figlio ma è il padre che genera il figlio e il Dovere viene prima del Diritto. Più tardi – per riprendere un’espressione di Immanuel Kant – ci fu la rivoluzione copernicana delle dichiarazioni dei diritti fondamentali. 

Niccolò Copernico “fece girare” i pianeti intorno al sole: il Bill of Rights del 1689, la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati americani del 1776 e la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1789 fecero del cittadino il perno dei sistemi giuridici moderni.

La Dichiarazione del 1789 fu adottata dall’Assemblea nazionale il 26 agosto dopo una lunga e aspra discussione sulla priorità da attribuire ai diritti fondamentali o alla Costituzione. 

Alla fine della discussione, l’Assemblea decise a grande maggioranza che la Dichiarazione dei diritti (che qualcuno definì’ come «l’atto di costituzione di un popolo») dovesse precedere la Costituzione, che fu approvata due anni più tardi, nel 1791.

È ciò che noi abbiamo sempre pensato che dovesse avvenire nel processo di integrazione europea e che traspare in qualche modo dal programma semaforo.

Dalla Dichiarazione del 1789, la concezione individualista della società e la protezione delle libertà fondamentali hanno fatto molta strada: i diritti della persona, affermati nelle costituzioni nazionali, sono riconosciuti e proclamati al di là delle frontiere statuali e la dottrina del diritto internazionale ne è stata sconvolta perché ogni individuo è divenuto un soggetto della comunità internazionale mentre prima lo erano solo gli Stati-nazione sovrani.

Questo percorso – di valori e di diritti – è stato segnato da cinque tappe, che è utile ricordare oggi dopo la decisione del nuovo governo tedesco di proporre l’avvio di un processo costituente che abbia come punto di partenza la Carta dei diritti: 

– la costituzionalizzazione dei diritti e cioè la loro iscrizione nelle costituzioni nazionali e dunque l’affermazione del loro carattere vincolante e della loro giustiziabilità;

– l’ampliamento del loro campo di azione dai diritti civili, politici e del cittadino ai diritti economici, sociali e culturali;

– l’universalizzazione dei diritti e cioè il loro riconoscimento a livello internazionale e la loro protezione al di là della cittadinanza statuale;

– la specificazione dei diritti e cioè la loro affermazione riguardo al genere (uomo/donna/orientamento sessuale), le fasi differenti della vita (bambino/anziano), delle condizioni di speciale difficoltà (malato/portatore di handicap…)

– la protezione dei diritti collettivi che concernono lo sviluppo della democrazia locale e della democrazia partecipativa, i diritti delle minoranze, i diritti dei popoli e l’affermazione di importanti diritti economici e sociali.

Nella visione del nuovo governo tedesco il concetto di democrazia non può essere dissociato da quello dei diritti e delle libertà della persona umana: la miglior realizzazione della democrazia è quella attraverso cui gli individui (tutti gli individui) – liberi ed eguali – possiedono, ciascuno, una parte di sovranità: sapendo che gli esseri umani non nascono liberi ed eguali e che la libertà e l’eguaglianza non sono dei fatti ma delle prescrizioni di un dovere (che deve essere compiuto dai poteri pubblici).

Il rapporto fra i poteri e le libertà si è rovesciato e, in linea di principio, le libertà precedono oggi i poteri: crediamo sia necessario precisare “in linea di principio”, perché la realtà delle nostre società ci mostra quotidianamente e dappertutto nel mondo i pericoli che pesano sulla democrazia, sulle democrazie e la fragilità dei mezzi a disposizione dei cittadini per esigere il rispetto dei diritti riconosciuti dalle costituzioni nazionali e dalle convenzioni internazionali.

Il sistema comunitario non aveva previsto né un catalogo dei diritti fondamentali né una procedura interna per la loro protezione. In seno alle Comunità prima e all’Unione poi non era stato creato un sistema di garanzie di protezione dei diritti né un metodo che permettesse ai cittadini di rivendicare il rispetto delle loro libertà fondamentali di fronte alle istituzioni europee, ai loro funzionari e agli Stati quando applicano la “legge” europea.

Nonostante questo evidente vuoto giuridico, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha elaborato, fin dagli inizi degli anni ’70, un’importante giurisprudenza comunitaria per proteggere le libertà individuali. I giudici hanno utilizzato il loro diritto pretoriano per affermare – nella “causa 4/73 Nold, Kohlen e Baustoffgrosshandlung contro la Commissione delle Comunità europee” che «i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto» e che questa garanzia si ispira alle tradizioni costituzionali degli Stati membri.

Nelle sue sentenze successive, la Corte ha proseguito l’elaborazione di una giurisprudenza sui diritti fondamentali, approfondendo l’esame dei rapporti fra i diritti e le libertà individuali nell’ambito economico e sviluppando in particolare l’aspetto dei diritti sociali. 

La giurisprudenza comunitaria ha influito sull’atteggiamento delle istituzioni comunitarie che hanno adottato, nell’aprile del 1977, una “Dichiarazione Comune” nella quale Parlamento europeo, Consiglio dei Ministri e Commissione europea «sottolineano l’importanza primordiale che essi attribuiscono al rispetto dei diritti fondamentali quali risultano in particolare dalle costituzioni degli Stati membri cosi come dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali».

Nel suo progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea (il “progetto Spinelli” del 14 febbraio 1984), il Parlamento europeo affermò che quest’Unione doveva essere fondata sulla «adesione ai principi della democrazia pluralista, del rispetto dei diritti dell’Uomo e sul primato del diritto».

Il progetto del Parlamento europeo riprese così l’idea di una garanzia (autonoma da quella della Convenzione europea dei diritti umani e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa) dei diritti fondamentali associandola alla proposta di una “dichiarazione” da adottare in un termine di tempo di cinque anni dall’entrata in vigore del progetto e da sottoporre alle stesse procedure previste dal progetto per le modifiche del trattato.

Il progetto di trattato approvato dal Parlamento europeo prevedeva inoltre che la nuova Unione dovesse:

– proteggere la dignità dell’individuo e riconoscere a ogni persona sottoposta alla sua giurisdizione i diritti e le libertà fondamentali quali risultano dai principi comuni delle costituzioni degli Stati membri e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali;

– impegnarsi a mantenere e a sviluppare, nei limiti delle sue competenze, i diritti economici, sociali e culturali che risultano dalle costituzioni degli Stati membri e dalla Carta Sociale Europea;

– deliberare, entro un termine di tempo di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato, sulla sua adesione alla Convenzione di Roma, alla Carta Sociale e anche ai patti delle Nazioni Unite relativi ai diritti civili, politici, economici, sociali e culturali.

Infine, il Parlamento europeo aveva introdotto la previsione di sanzioni contro uno Stato membro responsabile di una «violazione grave e persistente dei principi democratici o dei diritti fondamentali». Secondo il “progetto Spinelli”, dopo la constatazione della Corte a richiesta del Parlamento europeo o della Commissione, il Consiglio europeo avrebbe potuto giungere fino al punto di sospendere la partecipazione di uno Stato dalle stesse riunioni del Consiglio europeo, del Consiglio dell’Unione o di ogni altro organo dell’Unione all’interno del quale uno Stato è rappresentato in quanto tale.

Questa previsione è stata ripresa tale e quale dall’articolo 7 del Trattato di Amsterdam e poi nel Trattato di Lisbona, con la sola esclusione – non giustificata e non giustificabile – del ruolo della Corte di Giustizia nella procedura prevista dal Trattato per applicare le sanzioni.

Nel dar seguito al “programma” stabilito nel suo progetto del 1984, il Parlamento europeo ha elaborato – nel marzo 1988 – un “Libro Bianco” che raccoglie tutte le più importanti garanzie esistenti a livello europeo di diritti fondamentali ed ha adottato – nell’aprile 1989 – una “dichiarazione solenne sui diritti e sulle libertà fondamentali“, integrata successivamente nel progetto di costituzione europea approvato dall’Assemblea nel febbraio 1994.

Come un fiume carsico, l’idea di una carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è tornata periodicamente in superficie: le conclusioni del Consiglio europeo di Madrid del 15 e 16 dicembre 1995 contengono la proposta di un catalogo” di diritti e quest’idea appare di nuovo nelle discussioni del “gruppo Westendorp“, incaricato dai governi dei Quindici di preparare la Conferenza intergovernativa sul Trattato di Amsterdam.

Il Forum permanente europeo della società civile – una piattaforma di oltre duecento organizzazioni non governative creata nell’autunno del 1995 a iniziativa del Movimento Europeo Internazionale – aveva chiesto ai governi, alla vigilia del negoziato di revisione del Trattato di Maastricht, di porre il cittadino al centro dell’Unione europea e di contribuire allo sviluppo di una società europea portatrice di valori. 

Per realizzare questo progetto, la costruzione europea avrebbe dovuto ispirarsi – secondo il Forum – alla logica federale e alle esigenze prioritarie seguenti: solidarietà e tolleranza all’interno e all’esterno dell’Unione; sviluppo di vere politiche comuni; attenzione alla protezione dell’ambiente; democrazia politica; democrazia partecipativa; rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri.

Secondo il Forum, la collocazione centrale della cittadinanza nel nuovo trattato avrebbe avuto una rilevanza politica, morale ed educativa superiore anche ai suoi effetti giuridici: in un’Europa attraversata da fenomeni di intolleranza e di razzismo, l’affermazione dell’eguaglianza dei diritti civili per ogni persona residente all’interno dell’Unione avrebbe permesso di dare una risposta forte e senza ambiguità a questi fenomeni. 

Reagendo al carattere mediocre del negoziato intergovernativo, il Forum decise – nell’ottobre del 1996 – di «lanciare una campagna di discussione, di elaborazione e di mobilitazione il cui scopo fondamentale sarà la redazione di una carta della cittadinanza europea da sottoporre al Parlamento europeo, alla Commissione e ai governi nazionali prima della fine della Conferenza intergovernativa».

Il Consiglio europeo, riunito a Colonia il 3 e 4 giugno 1999 sotto presidenza tedesca, ritenne che fosse necessario («allo stato attuale dello sviluppo dell’Unione») elaborare una Carta di diritti «al fine di sancirne in modo visibile l’importanza capitale e la portata per i cittadini dell’Unione». Secondo il Consiglio europeo, questa carta avrebbe dovuto essere elaborata da un «organo composto di delegati dei capi di Stato o di governo e del Presidente della Commissione europea nonché di membri del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali» e il progetto avrebbe dovuto essere presentato in tempo utile prima del Consiglio europeo del dicembre 2000 a Nizza.

Così è stato e la Carta dei diritti è diventata, con il Trattato di Lisbona, costituzionalmente vincolante e, a nostro avviso, si sovrappone allo stesso trattato.

Cosicché appare a noi una scelta essenziale – che riguarda cioè l’essenza della costruzione europea come stato di diritto – il fatto che il nuovo governo tedesco abbia deciso che la fase che si dovrà aprire dopo la Conferenza sul futuro dell’Europa attraverso una non meglio precisata convenzione costituente debba fondarsi sulla Carta dei diritti fondamentali che giunse al traguardo di Nizza grazie alla proposta che l’allora governo tedesco propose al Consiglio europeo di Colonia.

Il nuovo trattato – o la futura costituzione europea – dovrà essere elaborato, approvato ed entrare in vigore (fra gli Stati che lo accetteranno) in modo conforme alla Carta: innanzitutto dal punto di vista delle competenze dello “stato federale” e poi delle politiche che nasceranno da queste competenze, quindi dalle regole di una vera democrazia europea e infine dai mezzi di cui essa dovrà disporre per offrire a chi vive nell’Unione europea i beni comuni che derivano dai diritti affermati nella Carta.

Attendiamo ora che i partiti europei a cui appartengono SPD, Verdi e Liberali – ispirandosi all’internazionalismo socialista, alla cultura ambientalista e al cosmopolitismo liberale e coinvolgendo il popolarismo universalista laddove ha salvaguardato l’europeismo dei padri fondatori – si impegnino a dare un seguito concreto e coerente al programma europeo della “Ampel Koalition” a cominciare dalle conclusioni a cui dovrà arrivare la sessione plenaria della Conferenza sul futuro dell’Europa in tempi adeguati alla complessità del dialogo fra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa.

Attendiamo ora che i movimenti europeisti – che si sono per ora adagiati sull’idea apparentemente pragmatica di considerare la Conferenza come lo spazio da cui dovessero emergere proposte di alcune modifiche dei trattati da sottoporre inevitabilmente a un negoziato intergovernativo – accolgano e sostengano la via costituente che è stata concepita a Berlino e che dovrà condurre al superamento del Trattato di Lisbona firmato quattordici anni fa quando le sfide dell’Unione europea erano profondamente diverse da quelle attuali.

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