Cursus honorumLa lunga gavetta democratica che dovrebbe fare il M5S prima di entrare nei socialisti europei

I grillini chiedono di entrare nel secondo insieme più numeroso del Parlamento europeo per ottenere vantaggi politici e una legittimazione democratica. Ma dove sono il travaglio, i congressi, le dichiarazioni circa le idealità, il rinnovamento programmatico, il contributo originale apportato che tutto ciò dovrebbe presupporre e non seguire?

LaPresse

Sta facendo scalpore l’impegno del Pd per favorire l’ingresso ai parlamentari europei del Movimento Cinque Stelle nel Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo. 

Quest’ingresso nasce sicuramente dai vantaggi materiali notevoli, che offre sia al gruppo che ai senza gruppo del Movimento Cinque Stelle, che – va ricordato – hanno bussato quasi a tutte le porte dei gruppi e delle famiglie europee, finora, senza riuscire a entrarvi. 

L’ingresso in un gruppo parlamentare, tuttavia, porta o dovrebbe portare con sé la questione della relazione con la famiglia politica retrostante, a livello continentale o addirittura mondiale. I gruppi parlamentari al Parlamento europeo ovviamente sono sempre esistiti, con implicito rimando alle culture di riferimento. Ma i partiti europei veri e propri nascono più tardi: i popolari europei nel 1976, i socialisti europei prima, nel 1973, ma come Confederazione e solo dal 1992 come Partito (quindi in sostanza Federazione), quando le relative internazionali erano nate da tempo.

Una volta c’era l’identità politica e culturale, prima di tutto. E l’internazionalismo. Un ingresso simile anche solo nel gruppo parlamentare era cosa complicata. Si cominciava, appunto, dall’Internazionale. Fu quello il blocco che dovettero superare, ad esempio, i post-comunisti per rifluire nella famiglia del socialismo europeo. La differenza fondamentale è che l’ingresso nelle famiglie politiche richiedeva e richiede, a differenza che nei gruppi parlamentari, il consenso dei partiti nazionali già presenti: è una forma di cooptazione. Oggi l’ingresso dei Cinque Stelle nel Partito del socialismo europeo richiederebbe l’assenso non solo del Partito Democratico ma anche del Partito socialista italiano.

L’allora segretario del PSI Craxi, ad esempio, cercò sempre di ritardare, con cavilli più che con una contrarietà esplicita, l’ingresso del PDS ( (Partito democratico della sinistra)) nell’Internazionale socialista. Il PDS partecipò dapprima da osservatore ai lavori al congresso di Stoccolma dell’Internazionale socialista (giugno 1989). La direzione del PDS, nel frattempo, per favorire l’ingresso nell’Internazionale decise di staccarsi dal gruppo degli altri comunisti europei e di dar vita al gruppo “Sinistra unita europea”. Il congresso di Bologna del PDS deliberò di regolarizzare le condizioni di adesione e solo dopo quattro mesi di dissidi interni si arrivò a scrivere e inviare la lettera con la richiesta formale di adesione a Willy Brandt, redatta da Giorgio Napolitano nel giugno 1991. Nel congresso di Berlino dell’Internazionale socialista del 1992 il PSI firmò finalmente la dichiarazione comune e il PDS fu accolto all’unanimità nella famiglia socialista, dopo che già il Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi) si era espresso favorevolmente. Molti rimprovereranno quell’atto finale di generosità di Craxi, a loro dire.

È interessante riprendere una parte del comunicato congiunto del PDS-PSDI, ancora oggi reperibile sul sito dell’AdnKronos: «Le delegazioni del Pds e Psdi che prenderanno parte al prossimo congresso dell’internazionale socialista a Berlino si sono incontrate oggi. oggetto dell’incontro – informa un comunicato congiunto dei due partiti – è stata l’adesione all’internazionale avanzata dal Pds, su cui il congresso di berlino dovrà deliberare. La delegazione del Pds ha richiamato le motivazioni di principio, ideali e politiche, più volte espresse, e su cui è fondata la richiesta di adesione, decisa peraltro nel congresso costitutivo del Partito Democratico della sinistra. La delegazione del Psdi ha rinnovato il suo apprezzamento per la decisione del pds ed ha ribadito la propria volontà di appoggiare e sostenere nel congresso di Berlino un pronunciamento favorevole. L’ingresso del Pds nell’internazionale socialista determina il fatto nuovo e significativo che per la prima volta saranno presenti in quella organizzazione tutte le forze che, in Italia, si ispirano alle idealità socialiste e sono nate nel solco del movimento operaio. Tale ingresso avviene in una fase in cui le grandi novità del mondo impongono sfide nuove e ardue alla sinistra, e sollecitano un forte rinnovamento ideale, programmatico e di iniziativa; è positivo che a esso possa contribuire la intera sinistra italiana di ispirazione socialista, con tutte le sue componenti, portatrici di comuni esperienze e di originali contributi».

In quello stesso anno – 1992, a l’Aja – nacque il Partito del Socialismo europeo (PSE) sulle ceneri della unione più blanda della Confederazione europei dei partiti socialisti. Il PDS ne sarà un membro costitutivo. Nel 2009 nasce, infine, il gruppo parlamentare dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo (S&D), per consentire l’ingresso anche di forze non socialiste o comunque plurali. Sono i mesi infatti della nascita del Partito Democratico, su cui si ripongono anche dal versante europeo dei socialisti grandi aspettative, ma per contrasti interni il partito riuscirà ad aderire al gruppo parlamentare, e al Partito, solo nel 2014, (grazie all’allora segretario Matteo Renzi) quando il PSE per l’occasione ha aggiunto la dicitura nel logo ufficiale di «socialisti & democratici».

È vero che i Cinque Stelle stanno provando a entrare nel gruppo parlamentare dei socialisti e democratici, e non già nell’omologo partito. Ma dove è il travaglio, i congressi, le dichiarazioni circa le idealità, il rinnovamento programmatico, il contributo originale apportato che tutto ciò dovrebbe presupporre e non seguire?

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