La stretta sulle misure anti Covid-19 fa litigare i Paesi membri dell’Unione europea, dopo la scelta del governo Draghi di introdurre il tampone obbligatorio anche per i vaccinati che provengono dagli altri Stati comunitari. La variante Omicron ha creato due schieramenti: chi ritiene che sia sufficiente affrontare la nuova mutazione del virus solo con i vaccini; e chi, come l’Italia, la Grecia e la Francia, hanno già messo in campo misure ulteriori. A cominciare, appunto, dai tamponi obbligatori per chi viaggia dentro l’Unione. E oggi il Consiglio europeo discuterà proprio di questo.
Mario Draghi intanto ha difeso pubblicamente la sua scelta: «Dobbiamo difendere la normalità che abbiamo conquistato con le unghie e con i denti», ha spiegato in Parlamento Draghi. «Quella varata è una misura necessaria. Abbiamo attuato la stessa pratica che si usa oggi per i visitatori che provengono dal Regno Unito. Non credo ci sia molto da riflettere su questo…». E la stessa Ecdc, l’Agenza europea per la prevenzione, ha avvertito che Omicron sta diventando una minaccia reale e che i vaccini da soli non bastano a fermare l’avanzata del virus.
Ieri, per chiarire la questione, si sono sentiti al telefono il ministro della Salute Roberto Speranza e la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides. Nel colloquio – racconta Repubblica – la commissaria non ha contestato la decisione. Il punto di attrito con l’esecutivo comunitario, in realtà, sarebbe esploso sulla tempistica adottata dall’Italia, perché non è stato rispettato l’impegno a notificare la scelta nelle 48 precedenti. Speranza ha risposto che l’ordinanza è stata trasmessa già l’altro ieri sera agli uffici di Bruxelles e la notifica è partita ieri mattina e arrivata nel pomeriggio. In ogni caso, per Kyriakides, il provvedimento è legittimo giuridicamente (il Portogallo e l’Irlanda hanno già preso quella direzione) e condivisibile politicamente. L’ipotesi di una lettera di richiamo all’Italia, dunque, sembra non realistica.
La motivazione che ha spinto il governo Draghi ad anticipare le nuove misure è forte. Perché, secondo i calcoli riportati da Repubblica, l’Italia avrebbe 15-20 giorni di vantaggio nella diffusione della variante Omicron rispetto al resto d’Europa. Giorni preziosi da non sprecare, ma da sfruttare per immunizzare con la terza dose quanti più italiani possibile. Il calcolo è che entro la fine dell’anno saranno 20 milioni.
Secondo Draghi, aspettare di raggiungere livelli di contagio per una ulteriore stretta sarebbe dannoso e inutile. Le misure restrittive servono e sono tanto più necessarie quanto più un Paese registra una situazione epidemiologica migliore degli altri. È quello che Draghi ribadirà, se necessario, durante il Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles.
Anche perché la scelta dell’Italia è legale e arriva dopo un’analoga decisione di Portogallo e Irlanda. E l’Ecdc ha consigliato proprio ieri di affiancare al vaccino altre restrizioni. Inoltre, la quarantena obbligatoria per chi non è vaccinato potrebbe spingere viaggiatori e lavoratori diretti in Italia e provenienti da Paesi poco “immunizzati” come Austria e Bulgaria, Ungheria e Polonia, a dotarsi finalmente del vaccino. La previsione, per giunta, è che Roma non è sola e altri seguiranno l’esempio. Ieri la Grecia ha già fissato la regola dei tamponi alle frontiere.
L’Ecdc ipotizza che la Omicron diventerà prevalente entro metà gennaio. In Italia, questa è la stima del governo, dovrebbe succedere a febbraio. Per allora, si spera, i booster avranno coperto più di metà della popolazione.
Lo studio diffuso ieri dall’Istituto superiore di sanità stima la presenza della Omicron ancora allo 0,19% del totale. Significa che su 2mila test a campione, quattro erano del nuovo ceppo. Proiettati sui 23mila casi di ieri, si arriva a circa 45 casi. Pochi, rispetto al resto d’Europa. Molti, se si considera la progressione delle ultime ore. Per questo, il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità hanno già deciso di organizzare una nuova “sorveglianza” nei prossimi giorni e di tenerne comunque una ogni settimana.
E a Palazzo Chigi c’è piena consapevolezza di essere entrati in una nuova fase: le due dosi di vaccino non bastano più, bisogna puntare sulla terza dose. E se il virus correrà ancora così veloce, si aprirà poi il capitolo dell’obbligo vaccinale su tutti i luoghi di lavoro.