È arrivato il momento di inaugurare una nuova fase nella lotta alla crisi climatica, per concentrarsi sulle soluzioni. A dirlo è stata Naomi Oreskes, professore di Storia della scienza e professore affiliato di Scienze della terra e dei pianeti all’Università di Harvard, dopo che nell’agosto scorso, durante un’estate segnata da alluvioni e incendi spaventosi, il gruppo di lavoro I del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), che ha come compito quello di chiarire gli aspetti scientifici della crisi in corso, ha pubblicato il suo sesto rapporto, nel quale certifica come la temperatura media del pianeta sia aumentata più di un grado, e quanto l’influenza dell’uomo sul sistema climatico abbia raggiunto livelli di pericolosità.
In un articolo pubblicato da Scientific American, una delle più antiche e prestigiose riviste di divulgazione scientifica, Oreskes sostiene che, visto che anche le conclusioni del rapporto non fanno altro che confermare quelle dei precedenti, differenziandosi solo per nei toni che si sono fatti sempre più allarmanti, sarebbe opportuno chiudere questo gruppo di lavoro e concentrarsi sul rafforzamento dei gruppi II e III, che rispettivamente si occupano delle misure per l’adattamento alle condizioni climatiche avverse e di quelle di mitigazione.
In pratica quel che sta dicendo al mondo intero è di risparmiare tempo e risorse nella ricerca oramai obsoleta delle prove della responsabilità umana sul clima, visto che ve ne sono già in abbondanza. Infatti, negli ultimi trent’anni le conoscenze sulla crisi climatica sono aumentate enormemente, mentre è rimasta pressoché invariata la capacità di affrontarla. Oggi è dunque molto più importante concentrarci sulla messa a punto di strategie per contenerne il futuro aumento e di metodi per adattarci a tutti quei cambiamenti che oramai sono inevitabili e irreversibili.
Anche da noi la posizione è dichiaratamente sulla stessa linea, almeno per quanto concerne le alte cariche della politica e dello Stato, tant’è che il presidente del consiglio Mario Draghi ha aperto la presentazione del Manifesto di Confindustria energia e sindacati su una transizione sostenibile con le seguenti affermazioni: «La lotta al cambiamento climatico è – insieme al contrasto alla pandemia – la sfida più importante dei nostri tempi. Lo è per chi governa, per chi lavora, per chi fa impresa. La transizione ecologica richiederà trasformazioni radicali – nelle tecnologie, nei processi produttivi, nelle abitudini di consumo. Per avere successo dovrà essere sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico».
Tuttavia, pur nella piena condivisione di questa prospettiva basata sull’assunzione che non ci sia più bisogno di ulteriori conferme che la sfida per i prossimi anni sarà mettere la responsabilità al centro delle strategie di organizzazioni e imprese, per una direzione nuova da percorrere, a mio parere quel che ancora manca è la consapevolezza che occorre avviare una ri-evoluzione che sappia dare la giusta direzione al cambiamento in corso verso un’economia che rimetta la persona al centro, secondo un modello che tenga conto di ciascuno dei sette livelli da cui dipendiamo e con cui interagiamo tutti quotidianamente nelle nostre esistenze: il 7P model che ho teorizzato nel mio ultimo libro “Gratitudine. La rivoluzione necessaria”. Dove le P stanno a indicare Person, il singolo individuo e la sfera di influenza in cui quotidianamente si manifesta; People, l’Umanità intera; Partnership, tutte le relazioni che abbiamo con gli altri, con l’ambiente, coi luoghi e gli oggetti; Profit, il Profitto “giusto”, che è poi il “frutto” che dobbiamo produrre con ogni azione della nostra vita; Prosperity, da non confondere con la ricchezza, la quale non sempre contiene la prosperità mentre la prosperità crea sempre ricchezza, non solo materiale ma anche intellettuale ed emotiva; Planet, la nostra Madre Terra; Peace, l’attitudine naturale insita nell’essere umano a mettersi in relazione con e non in contrapposizione a.
La capacità, di agire tenendo sempre presenti nel proprio orizzonte tutte le 7P, dovrà divenire la nuova unità di misura con cui calcolare il ritorno sull’investimento delle organizzazioni e delle aziende che guardano al futuro.