Le armi servono per le guerre, per uccidere, e servono per evitare le guerre, la cosiddetta deterrenza. Quando sono utilizzate in guerra possono servire, tra l’altro, per invadere un Paese democratico o per difenderne la libertà, come sta avvenendo in Ucraina.
Oggi ci rendiamo ancora più conto di ciò che abbiamo sempre saputo, le armi servono e serviranno fino a quando saremo in presenza di società che si fondano su oppressione, autoritarismo e violazione di diritti fondamentali. Qualcuno a ragione può affermare che l’oppressione è possibile sopratutto per via della disponibilità di armi, ma mai è stata individuata e percorsa una via per un disarmo globale, immaginabile del resto solo in presenza di una federazione mondiale democratica.
In queste settimane è ancor più evidente che senza l’organizzazione militare chiamata NATO molti paesi europei, oggi liberi, avrebbero corso e correrebbero enormi rischi, limitati attualmente dalla presenza di 100 mila soldati americani integrati nell’apparato NATO europeo e da sistemi d’arma prodotti dall’industria statunitense ed europea. L’integrazione industriale europea sugli armamenti e il coordinamento operativo delle forze armate è in continuo avanzamento.
La deterrenza – che evita l’attacco diretto dell’avversario – può essere nucleare o convenzionale. Quella nucleare ha retto dopo la seconda guerra mondiale portando a un disarmo, seppur incompleto; quella legata agli armamenti convenzionali ha collaborato a una pace ininterrotta, almeno nei territori UE, tutelando, nei paesi entrati nell’ultimo quarto di secolo nella NATO, il compimento di un pacifico processo democratico.
Nonostante il comprovato legame armi-deterrenza-libertà non sono mai cessati in Europa, e ancor più in Italia, generici appelli a una insidiosa riduzione delle spese militari, pensiamo a quante volte abbiamo ascoltato populisti di destra e di sinistra richiamarsi al taglio del programma F-35 (i caccia acquisiti dal nostro paese) per investire in scuole, asili, ospedali etc, creando una percezione distorta dell’utilità di un apparato difensivo integrato con i paesi alleati. Peraltro senza mai riportare che gli F-35 che stiamo acquisendo stanno sostituendo aerei da combattimento vetusti.
Una svolta sulla necessità di una crescita della spesa militare l’hanno data le recenti dichiarazioni dei socialdemocratici Olaf Scholz e Lorenzo Guerini che, solo a seguito dell’aggressione in corso, hanno potuto dire ciò che in altri periodi sarebbe stato insostenibile solo ipotizzare, per via dei teorici della pace senza libertà.
Rispetto alla minaccia missilistica da parte russa, anche di testate nucleari, il sistema di protezione missilistico europeo si basa sullo scudo NATO (Ballistic missile defense), in primis da spesa, strutture e armi statunitensi, che appare insufficiente e va rafforzato, inevitabilmente investendo risorse.
Quantità e qualità dell’apparato militare convenzionale della NATO hanno dunque un peso straordinario sulle dinamiche geopolitiche e derivano dalla capacità economico-finanziaria dell’insieme dei paesi che compongono l’alleanza e, in questo senso, va detto che il PIL dei paesi NATO è 3 volte quello di Cina e Russia insieme (4 volte quello pro capite).
Si può dunque affermare che la superiorità militare può essere a lungo confermata o ampliata a patto di accrescere la percentuale del Prodotto interno lordo indirizzata in spesa militare, anche, auspicabilmente, come spesa comune da bilancio UE
È utile dunque ricordare e documentare come la potenza della NATO sia non solo largamente superiore a quella della Russia di Putin, ma superiore anche a quella combinata di Russia e Cina, sia dal punto di vista della capacità industriale – difficile dire fino a quando – che da quello quantitativo e qualitativo delle armi a disposizione.
Serve premettere che la resistenza ucraina si sta reggendo in primis su armi portatili anticarro e antiaereo (missili Javelin e Stinger) di fabbricazione americana (lo Stinger viene prodotto su licenza anche in Germania) e fornite agli ucraini essenzialmente dagli Stati Uniti prima dell’inizio dell’invasione russa. Armi che ora vengono inviate anche dai paesi UE.
Veniamo alla comparazione. Il budget per la difesa combinato dei paesi NATO è tre volte quello di Russia e Cina. Il numero delle testate nucleari si equivale essendo il frutto di vari accordi di riduzione. Si equivalgono anche il numero dei soldati, quello dei carri armati e quello dei sistemi missilistici. Sugli altri autoveicoli armati la superiorità NATO è netta. La NATO dispone inoltre di 3 volte gli aerei militari e i droni di Russia e Cina e 4 volte di elicotteri. La forza navale NATO è largamente superiore.
Un dato qualitativo/quantitativo significativo è quello degli aerei da combattimento: tenendo conto dei soli caccia di quarta generazione e mezza (o avanzata) e di quinta generazione (tra i quali il citato F-35) – caccia tra l’altro in grado di aggirare, molto più di quanto sta avvenendo in Ucraina, la contraerea, e di prevalere con i caccia di generazioni precedenti – la differenza è chiara, i paesi della NATO dispongono di 1100 unità, Russia e Cina di 470. Al numero NATO si aggiungono poi i caccia, così evoluti, a disposizione delle aviazioni di Giappone, Canada, Svezia, Austria, Australia, Corea del Sud e altre ancora.
In conclusione questa comparazione va considerata non tanto nel senso di promuovere un ulteriore avvicinamento tra Russia e Cina, che peraltro potrebbe promuoversi da solo – per quanto i cinesi paiono più interessati ai mercati ai quali vendere i loro prodotti o rifornirsi di energia piuttosto che delle vicende ucraine – ma nel senso di riaffermare l’importanza dello strumento militare integrato con gli alleati come, in primis, deterrente per iniziative scriteriate di autocrati inevitabilmente fuori controllo.