Mani teseIl progetto europeo di accoglienza per i bambini ucraini in fuga dalla guerra

Il Parlamento comunitario compatto nel chiedere accesso a istruzione e servizi sanitari, più un tutore per i minori non accompagnati. A Bruxelles le prime classi ucraine all’estero

AP/Lapresse

Quasi due milioni di minorenni, circa la metà del totale dei profughi, sono scappati dall’Ucraina, dove oltre 300 scuole sono state distrutte dai bombardamenti e altri 2,5 milioni di bambini vivono lontani dalle proprie case. Più di 4mila neonati hanno visto la luce nelle prime settimane di guerra e altre 80mila ucraine dovrebbero partorire nei prossimi mesi. 

Sono i numeri della crisi umanitaria causata dall’invasione russa: a fronte di un’emergenza che non risparmia i più piccoli, il Parlamento europeo chiede una serie di misure ad hoc e gli Stati dell’Unione europea si stanno organizzando per soddisfare non solo le esigenze primarie ma anche il bisogno di istruzione e integrazione dei minori in arrivo.

Le misure per i minori
Con una risoluzione approvata a larghissima maggioranza (509 voti favorevoli, 3 contrari e 47 astenuti), l’Eurocamera chiede la creazione di passaggi sicuri e corridoi umanitari per i minori in fuga dal conflitto, una condizione che però può essere garantita solo dalle parti in lotta.

I 27 Stati europei possono invece fornire sostegno ai minori esposti a violenza e traumi, dare loro alloggi adeguati e creare spazi di assistenza. Si comincia dalle frontiere, dove vanno collocate figure specifiche, in grado di individuare rapidamente i soggetti vulnerabili e registrarne i bisogni specifici.

Per i minori non accompagnati, sicuramente più esposti ai rischi di violenza, abusi e sfruttamento, servirebbero un tutore nel Paese europeo di primo ingresso e l’inserimento nei programmi di protezione dedicati. Ma anche la possibilità di effettuare il ricongiungimento familiare con fratelli, sorelle e parenti più lontani.

L’Unione europea, secondo la risoluzione, dovrebbe mettere a punto una strategia per soccorrere sul campo famiglie e bambini, in particolare quelli appartenenti ai gruppi più vulnerabili: disabili, rom, apolidi, minori privi di documenti.

Le risorse necessarie per queste iniziative si troveranno: sia il Consiglio che il Parlamento europeo hanno appena sbloccato una somma complessiva di tre miliardi e mezzo di euro circa, destinati ai Paesi membri dal fondo React-Eu.

Non si tratta di fondi aggiuntivi, ma della possibilità di accedere in maniera più rapida a una dotazione stanziata. Ogni Stato potrà ottenere un prefinanziamento iniziale del 15% (rispetto all’11% previsto originariamente), che si eleva al 45% per tutti quelli che confinano con l’Ucraina o hanno accolto un numero di profughi equivalente a più dell’1% della  propria popolazione nazionale: Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia, più, al momento, Austria, Bulgaria, Cechia ed Estonia.

Diritto allo studio
Ai giovani bisognerà inoltre assicurare accesso ai sistemi sanitari e all’istruzione che non possono ricevere nel loro Paese, anche per evitare che rimangano esclusi dalla società di approdo. La proposta dell’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Daniela Rondinelli si chiama «Erasmus4Ukraine» e concede agli studenti universitari ucraini di iscriversi gratuitamente all’anno in corso negli atenei europei, con una deroga per il riconoscimento dei titoli conseguiti. Sarebbe un «elemento fondamentale anche rispetto alla partecipazione nella futura ricostruzione del loro Paese», spiega la parlamentare in una nota.

Nel frattempo, le scuole europee si attrezzano per accogliere i nuovi arrivati. In Francia ad esempio, sono già quasi 7mila gli allievi ucraini tra istituti primari e secondari, secondo i dati del ministero dell’Educazione di Parigi.

In Italia, la campanella è già suonata per molti in vari comuni del Paese: il Miur ha dettagliato le linee guida in una circolare e il diritto allo studio per i minori stranieri è garantito dal decreto legislativo 286 del 1998. Il primo stanziamento, da un milione di euro, aiuta gli uffici scolastici regionali ad affiancare mediatori culturali ai professori, per superare la barriera linguistica che inevitabilmente si frappone tra i nuovi arrivati e il resto della classe.

In Belgio si prova a fare ancora meglio: nella regione di Bruxelles, dopo Pasqua, i bambini potranno ricominciare da dove la guerra li aveva costretti a interrompere, riporta la stampa locale. L’associazione Promote Ukraine aprirà otto classi con insegnanti ucraine e l’obiettivo di formalizzare un accordo con il ministero dell’Educazione di Kiev per riconoscere gli insegnamenti. Gli alunni parleranno la propria lingua, seguiranno i programmi scolastici abituali e si sentiranno, forse, un po’ più a casa.