«È l’Europa che deve farsi protagonista della fase di trattative che va aperta al più presto, sostenendo le scelte dell’Ucraina sulla propria sovranità territoriale». Enzo Amendola, sottosegretario per gli Affari europei, reduce da discorso di Emmanuel Macron nella cerimonia per i 72 anni dell’Ue a Strasburgo, alla Stampa dice che spetta all’Europa e non solo alla Nato stabilire le regole della trattativa con Vladimir Putin. Con l’Italia in prima linea, perché «è il momento del coraggio, anche di una nuova Europa a due velocità, come quella disegnata oggi dalle sue massime istituzioni».
E se Macron ha detto che non si può umiliare la Russia e che la pace va fatta con Mosca, Amendola dice di essere d’accordo. «Esprime un punto di vista molto forte tra i leader europei», spiega, «poiché il conflitto nel cuore dell’Europa deve vedere l’Ue schierata per far ripartire la via al negoziato. È ovvio che noi siamo disponibili in qualsiasi formato, in qualsiasi luogo e ora per una trattativa a sostegno delle posizioni di Zelensky e spingeremo perché dal Cremlino arrivino segnali di apertura».
E soprattutto, ribadisce il segretario, «la nostra alleanza per sostenere l’Ucraina non deve mai cadere in un’escalation retorica, questo lo lasciamo ai propagandisti del Cremlino. Bisogna continuare nel sostegno alla resistenza ucraina per riaprire un canale di negoziato».
La posizione è questa: «L’Europa sosterrà nella soluzione del conflitto Zelensky e le sue posizioni legittime saranno alla base della difesa della sovranità ucraina. Allo stesso tempo, ha ragione Macron quando sottolinea che in quel negoziato non porteremo “spirito di vendetta e volontà di umiliazione”. A noi interessa che si fermino le armi per le atrocità che stanno subendo i civili ucraini».
L’Europa «ha la principale responsabilità nel guidare la soluzione pacifica al conflitto», ma «avendo in mente che oltre ai suoi alleati, ci sono attori globali come Cina e India, con cui costruire nuovi assetti di dialogo politico. Come ha detto Mattarella, bisogna replicare gli accordi di Helsinki, l’atto finale di distensione dalla guerra fredda e non gli accordi di Yalta di spartizione dei confini europei».
E sul futuro dell’Ue, Amendola dice che «i trattati di 15 anni fa non sono all’altezza e il diritto di veto ha comportato spesso una paralisi dell’azione comune». Ma si riuscirà a modificarli? «Quello di Macron è un segnale molto forte: ha parlato di aprire la discussione al Consiglio europeo di giugno», dice Amendola. «Non nascondo che già alcuni Paesi hanno mostrato reticenze e timori, ma se veramente vogliamo un’Europa autonoma, competitiva a livello globale questo è il momento del coraggio».
E Amendola sostiene la posizione di Macron anche quando «ha giustamente sottolineato come l’allargamento ad altri Paesi comporterà la nascita di una comunità politica europea più ampia, alla quale deve associarsi in parallelo la facoltà di differenti velocità cui procedere in alcuni settori. È la medesima opzione proposta da Letta con la Confederazione europea».
E Draghi, ricorda Amendola, «ha proposto una conferenza europea sulla difesa comune, perché spendiamo due volte e mezzo rispetto alla Russia e abbiamo sistemi d’arma su base nazionale. Quindi nessuna corsa al riarmo, ma all’organizzazione, con un’economia di scala, di una difesa comune europea. E l’Italia deve essere protagonista di questo processo: difesa comune è spendere insieme e bene». Un messaggio anche agli alleati Cinque Stelle, e a Giuseppe Conte soprattutto, che sull’invio di armi da giorni chiedo chiarimenti dal governo.