Il 4 ottobre del 2019, il Washington Post scrive che la Corte Suprema si accinge a rivedere la legge che regolamenta l’aborto in Louisiana e la possibilità dei medici di spostarsi dall’ospedale in cui operano abitualmente per praticare aborti. Resterebbe a quel punto solo un medico che faccia aborti in tutto lo Stato (neanche fosse il Molise).
Joe Biden è in campagna elettorale (verrà eletto Presidente un mese dopo, il 5 novembre), e il giorno dopo linka l’articolo commentandolo con un tweet che fa così: «Roe v. Wade è una legge della nostra nazione, e dobbiamo combattere ogni tentativo di annullarla. Da Presidente, codificherò Roe in una legge e assicurerò che la scelta si compia tra una donna e il suo medico». Si capisce che è un tweet vecchio dall’uso di «donna», ma non divaghiamo.
Per chi non ha familiarità con l’assurda giurisprudenza statunitense, occorrerà precisare che il tweet non è contraddittorio come sembra. Roe versus Wade è una sentenza che riguarda l’inviolabilità della privacy; in un Paese di common law le sentenze che costituiscono precedente valgono quanto le leggi; senonché era un po’ forzato regolamentare l’aborto in base alla sacralità della privacy, e infatti un bel giorno la Corte Suprema ha detto: ma nella Costituzione mica si parla di aborto.
Il feticismo nei confronti delle costituzioni, se non sei Roberto Benigni, produce disastri. È per quell’inadeguata Costituzione che ci fu l’assalto a Capitol Hill: la Costituzione americana prevede che trascorrano più di due mesi tra l’elezione e l’insediamento del nuovo Presidente, perché nei secoli di carrozze a cavalli in cui è stata scritta quel tempo lì era necessario per raccogliere i voti, contarli, notificare tutto a tutti. E dalla Costituzione americana viene la convinzione che si debba avere il fucile sotto al cuscino, ma non viene una soluzione che sia una ai problemi della contemporaneità: come potrebbe mai fornire chiavi adatte al presente un documento scritto da gente che non aveva l’acqua corrente?
Ma, prima che qualche signorina Silvani sospiri «Ah, pure costituzionalista», vorrei tornare a Biden, che twittava che avrebbe fatto fare una legge federale che regolamentasse l’aborto, e poi nel suo primo anno e mezzo di presidenza neppure ci ha provato – come d’altra parte chiunque prima di lui.
Lui, però, ha una responsabilità in più. L’ha ricordato a quest’epoca senza memoria Maureen Dowd, nel suo editoriale di domenica: se Clarence Thomas divenne giudice della Corte Suprema nonostante le accuse di Anita Hill, è per l’inettitudine di Joe Biden, allora presidente della Commissione Giustizia al Senato degli Stati Uniti, nel condurre le audizioni.
Era trentuno anni fa, e temo che la lezione principale da trarne sia una certa qual mancanza di carattere di Biden, propenso ad assecondare lo spirito del tempo più che a indirizzarlo. Nel 1991 era considerato normale liquidare senza troppe storie le accuse d’una tizia secondo la quale Thomas sul lavoro aveva comportamenti molesti; in questo decennio è considerato normale che il 20 gennaio del 2020, subito dopo aver giurato, il Presidente Biden firmi come prima cosa un’ordinanza esecutiva non per dire che chi ha un utero deve poter abortire se ritiene di farlo, ma per dire che chi ha un pene che però percepisce vagina deve poter utilizzare gli spogliatoi femminili nelle scuole pubbliche.
Clarence Thomas – ve lo dico casomai, come Lilli Gruber l’altra sera quando ha letto l’agenzia che riportava una sua dichiarazione, leggeste il suo nome col tono di chi non l’abbia mai sentito e si chieda se sia un personaggio di Mandalorian – è professionalmente contrario all’applicabilità di Roe v. Wade all’aborto da trent’anni: la prima volta che mise a verbale il proprio dissenso fu in una sentenza del 1992. È una personcina dalle idee progredite che tre anni fa paragonò la contraccezione all’eugenetica, e secondo la quale gli unici diritti garantiti dalla Costituzione sono quelli che erano riconosciuti quando venne ratificata la Carta dei Diritti (cioè: nel 1869).
Insomma: rivuole il tempo di quando sua moglie non aveva diritto di voto (il suffragio femminile negli Stati Uniti esiste dal 1920).
Desiderio che peraltro lo accomuna a molta sinistra americana, giacché la moglie di Thomas mandava messaggi al capo dello staff di Trump incitandolo a non accettare il risultato delle elezioni e a organizzare una rivolta e insomma sarebbe tra le responsabili morali dell’assalto a Capitol Hill – ma non vorrei chiudere troppi cerchi rispetto alle colpe delle costituzioni né diventare di quelle per cui le colpe dei coniugi sono in comunione dei beni. Facciamo già troppe eccezioni alle nostre convinzioni, con gli impresentabili: sui social si portano molto gli insulti razzisti a Thomas, perché se sei nero e di destra i miei neuroni semplicisti non possono farsi una ragione del fatto che sia tuo diritto esistere.
Come in tutte le circostanze che generano isteria, è molto complicato capire cosa sia realistico e cosa sia paranoico, nelle previsioni delle conseguenze di questa decisione. I social – e i giornali che ne riportano le analisi senza alcuno spirito critico – non aiutano: se una tesi viene ripetuta cento volte è perché è fondata o solo perché nessuno l’ha verificata?
Davvero bisogna cancellare le app che tengono traccia dei giorni del ciclo, altrimenti qualche esponente di qualche Stato antiabortista potrebbe accorgersi che a un certo punto non ti venivano le mestruazioni ma non hai mai partorito e incriminarti per aborto clandestino o oltre confine? È un pericolo reale o è come quei picchiatelli convinti che scaricando Immuni sarebbe arrivato qualcuno a prendere nonna infetta per portarla in un lager alla Martesana?
Tutte quelle che scrivono che ora facciamo Lisistrata, ora fine della sessualità, ora voi uomini la patonza ve la scordate, perché noi senza aborto ci ritiriamo dal settore della lussuria, tutte queste militanti di buona volontà perché parlano come se i contraccettivi non esistessero? Ha senso un dibattito sull’aborto che affronta la questione come se la contraccezione fosse ferma a cent’anni fa e Thomas non avesse poi tutti i torti a rimarcare che la Carta dei Diritti non la prevedeva?
Alexandria Ocasio-Cortez, che chiede a Biden di costruire con fondi pubblici cliniche per l’aborto su territorio federale, non ce l’ha un assistente che le dica all’orecchio onorevole, esiste l’emendamento Hyde, è vietato usare fondi federali per l’aborto? O è che l’eccezione all’emendamento Hyde (stupro e incesto) rappresenta una percentuale infinitesimale nella realtà ma enorme nel dibattito: il gran ricatto di noialtri pro-choice è «E allora come la mettiamo con le bambine stuprate», mica evochiamo mai le trentenni che la danno in giro senza precauzioni.
Insomma, è un gran casino, e temo abbia ragione Jamelle Bouie quando scrive sul NYT che il Congresso avrebbe tutti gli strumenti per ridimensionare i poteri della Corte Suprema, ma non li userà perché ai democratici non va per niente di andare a impantanarsi sull’aborto: è pur sempre una cosa che secondo alcuni uccide bambini, e non è affatto detto che quegli alcuni non ci votino.
Non ho ancora letto da nessuna parte una spiegazione convincente di come possa mai, chiacchiere a parte, il cattolico Joe Biden essere a favore della libertà di scelta. Sì, lo so che viviamo nell’epoca in cui trasecoliamo che i cattolici siano cattolici e che il Papa non sia abortista; ma forse toccherà a noialtri recuperare lucidità e spiegarlo agli americani: a noialtri che abbiamo avuto parecchie occasioni per capire che i cattolici, anche se di sinistra, sono innanzitutto cattolici.