Triste, solitario y finalConte le prova tutte, ma non ce la fa (e ora comincia a defilarsi anche Casalino)

L’ex presidente del Consiglio a corto di vittorie spera di intestarsi quella di Tommasi a Verona, ma sarebbe inutile

di Vinicius "amnx" Amano da Unsplash

Le scuse accampate da Giuseppe Conte per giustificare la disfatta di domenica riecheggiano quelle, immortali, di John Belushi nei Blues Brothers, da “ero rimasto senza benzina” fino alla mitica invasione delle cavallette. E infatti non convincono le anime morte del M5s, che sconsolatamente pregano il cronista di non fare nomi. Ma è chiaro che un partito che spesso e volentieri non si presenta e laddove lo fa raccoglie percentuali effimere è ormai prossimo alla fine, specie se il suo leader non trova di meglio da dire che se perde è colpa dell’appoggio al governo Draghi oppure che il partito non è strutturato: e chi doveva strutturarlo se non lui che è presidente da oltre un anno?

Proprio su questo punto ieri è tornato a parlare della “fase 2” (ma la “fase 1 qual era?) regalando una frase densa di significato politico: «Dobbiamo essere presenti nelle strade continuativamente». Accidenti, e chi ci aveva pensato. Ma nelle strade per dire che? Adesso tutti si chiedono cosa pensi di questa catastrofe Di Maio che per ora sta ben lontano dai microfoni: «Luigi parlerà ma solo dopo i ballottaggi», dice una fonte dimaiana.

In effetti, Conte ha fissato la sua linea del Piave o per meglio dire la sua “linea dell’Adige”: il legale foggiano è a tal punto disperato che ormai fa affidamento sulla vittoria a Verona di Damiano Tommasi, nel cui gruppone si è infilato con una lista civica, cioè nascondendosi. Se l’ex calciatore al ballottaggio dovesse vincere, impresa che non pare per niente facile visti gli impegni, almeno a parole, di tutti e tre i partiti della destra a sostenere Federico Sboarina, allora Giuseppi potrebbe dire che almeno sarebbe stato determinante in una vittoria storica, una prova di esistenza in vita pur sotto le macerie di un naufragio elettorale per il M5s senza precedenti.

Sarebbe veramente un trucchetto non degno di un ex presidente del Consiglio quello di co-intestarsi una eventuale presa di Verona, una mesta propaganda di quart’ordine; eppure la condizione attuale dell’avvocato è ridotta a questo, mentre tra i suoi cresce ormai la depressione di chi sta per perdere la fiducia, e forse anche il lavoro: qualcuno ha notato – ma forse è solo una cattiveria – anche un certo defilarsi di Rocco Casalino, il che, se confermato, sarebbe un segno inequivocabile di smottamento interno.

Come se non bastasse, sulla testa di Giuseppi pencola la spada di Damocle della nuova sentenza del tribunale di Napoli attesa a giorni sempre sulla questione della legittimità della leadership contiana del Movimento, una decisione che, se dovesse confermare la sentenza precedente, costituirebbe un ko definitivo all’avvocato del popolo rigettando il M5s nelle mani di Beppe Grillo. A quel punto tutto sarebbe possibile, anche una clamorosa uscita di Giuseppi dal Movimento magari per formare una sua nuova forza politica. Ma l’ennesimo insuccesso, come diceva Flaiano, gli darebbe alla testa in modo irrecuperabile

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