«Quando la situazione si fa calda, bisogna mantenere la testa fredda», dice al Corriere Renato Brunetta, Forza Italia, ministro della Pubblica amministrazione. Mentre ormai la campagna elettorale sembra davvero iniziata, lui si dice convinto della necessità che l’agenda Draghi e la sua maggioranza proseguano anche nella prossima legislatura.
Lo scontro Conte-Draghi, le liti su ius scholae e cannabis sono poca cosa, dice. «Altro che crisi su questo o quell’incidente o gossip. Questo tempo richiede senso di responsabilità e di realtà. E coerenza, soprattutto. Inutile dichiarare che il governo deve andare avanti e poi, con frequenza sempre più ravvicinata, lanciare aut aut. Non è serio», ribadisce.
Brunetta si chiede: «Perché affannarsi a pensare a nuovi centri, al centrodestra unito, al campo largo, formule che richiedono dosi sempre maggiori di bandierine ideologiche da piantare e che ci portano fuori strada come sta succedendo da troppo tempo, quando è chiaro, documentato, il successo dell’esperienza che stiamo vivendo? Quando esiste già un programma riformista, riconosciuto dall’Europa, di cinque anni e oltre? Quando c’è già una maggioranza solida e molto ampia a sostenerlo e a portarlo avanti da un anno e mezzo? Ogni altra astrusa alchimia è lontana dai bisogni reali del Paese, oltre che dalla comprensione della gente».
Il ministro dice no all’«ingannevole bipolarismo bastardo» tra centrodestra e centrosinistra. «Questa formula, ormai superata, produce ingovernabilità: in questa legislatura abbiamo visto nascere tre governi, e quello con vita più lunga è proprio l’ultimo, di quasi unità nazionale, figlio manifesto del fallimento del bipolarismo». È l’attuale sistema elettorale «che fa sopravvivere il “bipolarismo bastardo”. Un bipolarismo che forse fa vincere sì ma, a condizioni date, impedisce di governare. Nessuno dei due poli, nell’attuale configurazione, sarebbe in grado di sostenere e perseguire l’agenda Draghi-Mattarella, che è l’unico programma in grado di trasformare l’Italia».
Brunetta ricorda che non sono mai «state fatte così tante riforme, in così poco tempo. L’Italia di Draghi ha appena raggiunto tutti i 45 obiettivi del Pnrr che dovevamo centrare entro il 30 giugno 2022. Considerando quelli già ricevuti, in un solo anno avremo ottenuto 70 miliardi di euro: una “base” di partenza che può garantire al Paese una trasformazione duratura e una solidità senza precedenti». E con tono enfatico dice: «Stiamo cambiando l’Italia, insieme, e abbiamo un orizzonte preciso di riforme condivise e di relativi progetti e investimenti, almeno fino al 2026. Ecco: siamo solo all’inizio».
Quindi il programma c’è e va solo attuato, insomma. «Bisogna parlare di agenda “Draghi-Mattarella”. Nel discorso dopo la rielezione, il presidente della Repubblica ci ha ricordato che “viviamo una fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea. L’Italia è al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa”. È tutto scritto là, in quelle parole scandite dagli applausi dell’Aula e ancora attualissime. La fortuna di avere una guida salda e autorevole, riconosciuta in tutto il mondo, non può essere svilita in schemi stantii, vecchi riti nei quali, tra l’altro, due più due rischia di non fare mai quattro».
Questa agenda, secondo Brunetta, non potrebbe essere portata avanti né dal fantomatico campo largo di cui parla Enrico Letta, «che di fatto non c’è più dopo la scissione nei Cinque Stelle». Né dal centrodestra unito «egemonizzato da un conservatorismo corporativo, e perciò falsamente liberale, portatore di un’idea riduttiva dell’Europa, e in Europa minoritaria».
Il ministro fa appello «alle forze di ispirazione liberale, popolare e riformista presenti dentro i due schieramenti elettorali: solo sostenendo senza se e senza ma l’agenda Draghi, possono sottrarsi a una subalternità che negli ultimi anni ha ridotto il loro peso, e recuperare un protagonismo. Gli attori futuri sono già tutti in campo adesso, Lega compresa». «Il programma per l’Italia di domani c’è già. Mettiamo gli italiani in condizione di scegliere tra questa rivoluzione in corso e l’ingannevole bipolarismo bastardo, indotto da una legge ormai vera “camicia di forza” per coalizioni innaturali. Il resto verrà da solo».