Il governo non può aspettare l’autunno per alleviare il peso dell’inflazione sugli stipendi, rischiando di deprimere la domanda interna. Ecco perché, come ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, già «a luglio faremo un nuovo decreto legge, corposo nella quantità e nelle misure». Di questo provvedimento parlerà il premier Mario Draghi domani nell’incontro con i sindacati.
Sul contenuto del decreto, Garofoli non ha dato anticipazioni perché dall’esecutivo si aspettano prima i dati sul Pil che arriveranno nelle prossime ore. In ogni, caso in cassa il governo ha già 8 miliardi circa di extragettito, grazie all’andamento positivo dei conti da inizio anno. Ma la dote per il decreto di luglio potrebbe salire ben oltre i 10 miliardi se i dati aggiornati del Pil nei prossimi giorni indicheranno una crescita oltre le attese.
Come spiega La Stampa, colui che ci spera più di tutti è il ministro dell’Economia Daniele Franco, anche per resistere alle pressioni dei partiti che chiedono insistentemente lo scostamento di bilancio. Passare dallo 0,1% allo 0,3-0,4% significa che il Tesoro avrebbe uno spazio di manovra più ampio e si potrebbe permettere un decreto più «corposo» appunto, fino ad almeno 10 miliardi, forse anche 12.
In questo modo, si riuscirebbero a inserire nel decreto non solo gli importantissimi interventi sulle bollette, ma anche la proroga dei crediti di imposta energetici per le imprese e il rinnovo degli sconti sulla benzina.
Ma sono allo studio anche altre misure anti-inflazione, magari anticipando qualche intervento su salari e rinnovi contrattuali senza aspettare la manovra d’autunno. Draghi lo spiegherà a Cgil, Cisl e Uil, anche nella speranza anche di disinnescare gli ultimatum del Movimento Cinque Stelle sulle emergenze sociali. Sul tavolo c’è la proposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando: considerare il trattamento economico complessivo (Tec) dei contratti collettivi nazionali, firmati dai sindacati più rappresentativi, come livello di retribuzione minima sotto il quale in ciascun settore non si può scendere. Servirebbe una legge a fissare il principio, ma la proposta supererebbe i veti che hanno bloccato la proposta dei Cinque Stelle di salario minimo per legge a 9 euro. Al tavolo si parlerà anche di come dare una spinta ai rinnovi contrattuali, a partire da commercio e servizi, e del taglio del cuneo fiscale. Anche su questa misura, cara a tutti i partiti e a Confindustria, non ci saranno preclusioni. In vista della legge di bilancio, si sta cercando una formula sul taglio del costo del lavoro per i redditi medio-bassi. Ma ciascuno ha la sua ricetta.
Draghi ha voluto impostare l’incontro di domani sui sindacati su una premessa: «Creare un percorso, da costruire assieme». Lo farà anche per rispondere all’accusa del leader della Cgil Maurizio Landini, che dopo aver ricordato di aver «lavorato molto bene con il governo Conte» ha detto invece: «Quello attuale non ci ascolta».
Bisogna agire, in fretta — sono convinti ai piani alti del governo — con un’azione complessiva per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Tutto si tiene: salario minimo, cuneo fiscale, reddito di cittadinanza, misure contro la denatalità. Su ciascun tema bisognerà conciliare le richieste di sindacati e imprese, oltre che di una maggioranza sempre più divisa.
Al tavolo con Orlando, Franco e Draghi si discuterà anche di incentivi al welfare aziendale, di premi di produttività e di possibile detassazione degli aumenti contrattuali e dei buoni pasto. È probabile che si parlerà anche di pensioni e della riforma della legge Fornero, pronta a tornare nel 2023 se non ci saranno prima modifiche.