Donare per la libertàIl crowdfunding polacco per regalare un drone all’Ucraina

In pochi giorni 215mila persone hanno raccolto 5 milioni di euro per comprare il Bayraktar TB2, decisivo contro la artiglieria russa. Anche in Lituania e Norvegia sono partite iniziative simili

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È stato raggiunto addirittura cinque giorni prima della conclusione del crowdfunding, l’obiettivo che i promotori polacchi dell’iniziativa si erano dati: raccogliere 22.500.000 złoty (circa 5 milioni di euro) con cui acquistare un drone Bayraktar TB2 da regalare all’esercito ucraino. L’arma di fabbricazione turca, oltre a essersi rivelata la più efficace nell’attacco ai sistemi antiaerei e di artiglieria, nonché ai corazzati russi, è divenuta anche un simbolo della resistenza ucraina: Bayraktar è stato chiamato un cucciolo di lemure nato nello zoo di Kiev, Bayraktar è anche il titolo di una canzone divenuta famosissima. «Un tempo volevano conquistarci con la forza, ma noi abbiamo reagito a questi orchi. Bayraktar ha trasformato i banditi russi in fantasmi», si dice nel testo.

Ideatore della raccolta è il giornalista Sławomir Sierakowski, collaboratore di varie testate, che l’ha lanciata il 30 giugno. I contributori hanno superato quota 215mila unità; tra loro molti artisti polacchi (la regista Agnieszka Holland, l’attrice Maja Ostaszewska, lo scrittore Andrzej Stasiuk), gente comune, nonché persone che poco o nulla condividono dell’orientamento politico progressista di Sierakowski. L’etichetta: “Sierakowski è un nemico, ma io pago per l’Ucraina” è stata capace di attrarre 55.000 złoty (circa 11.000 euro) all’interno del crowdfunding, seconda solo all’etichetta: «I bielorussi in Polonia acquistano un Bayraktar per l’Ucraina» (100.000 złoty, circa 21mila euro). Questi dati mostrano quanto l’iniziativa, nella causa comune del sostegno all’Ucraina, abbia condotto il Paese per un momento al di là di ogni distinzione e differenza.

«Questa azione doveva spingersi, e così è andata, al di là di ogni divisione. Durante tutto il periodo della raccolta fondi ho evitato i commenti politici; fin dall’inizio ho invitato alla partecipazione personalità riconducibili alla Destra, anche se non su larga scala, e la cosa ha avuto un discreto successo. Molte persone, seppure con opinioni di quella parte politica, hanno deciso di contribuire», racconta Sierakowski. «Il successo dell’etichetta bielorussa è il secondo aspetto molto importante di questa operazione: i bielorussi che vivono in Polonia hanno simbolicamente dimostrato di essere dalla parte degli ucraini. La Bielorussia è un paese occupato come l’Ucraina orientale e, prima o poi, si batterà per la propria indipendenza e democrazia, così come esige la stragrande maggioranza della società».

In realtà, Sierakowski ha subito alcuni attacchi trasversali rispetto alla liceità dell’acquisto di un’arma potenzialmente mortale da parte di cittadini comuni, cui si è sottratto tentando di spostare la discussione sulla differenza tra civili e soldati: «Il drone Bayraktar è uno strumento che non colpisce obiettivi civili indiscriminatamente, come fanno i russi, ma, disponendo di bombe a guida laser, colpisce con precisione solo obiettivi militari; inoltre, protegge la vita dei soldati ucraini, cui permette di analizzare e preparare il territorio, e scoraggia le truppe nemiche». L’iniziativa è stata salutata con riconoscenza da un tweet del ministero della difesa ucraina: «Dear Poland, we are blessed to have a neighbour like you (Cara Polonia, siamo fortunati ad avere un vicino come te.

La Polonia, tuttavia, non è il primo paese i cui abitanti diano vita a una raccolta fondi per l’acquisto di armi in favore dell’Ucraina. In precedenza era già capitato in Lituania, con 5 milioni di euro raccolti in poco più di una settimana; mentre in questi giorni è partita un’iniziativa analoga in Norvegia. Il drone lituano, di nome Vanagas (falco), è arrivato in Ucraina ed è ormai pronto all’utilizzo. Nel caso specifico, inoltre, l’azienda Baykar produttrice di questi droni ha deciso di regalare il Bayraktar all’esercito ucraino e di destinare così la somma raccolta dai lituani in favore degli aiuti umanitari. Gli organizzatori polacchi si augurano avvenga lo stesso anche nel caso del loro crowdfunding: «Lo spero, ma non possiamo esserne sicuri. L’azienda Baykar sa della nostra raccolta fondi e di quanto il drone Bayraktar si sia affermato nell’immaginario collettivo polacco, come in precedenza in quello ucraino e lituano. Curando minuziosamente il successo di questa operazione, ci siamo assicurati che fosse onnipresente in tutti i media polacchi e stranieri, nonché sui display pubblicitari che abbiamo approntato in tutte le principali città polacche e nei luoghi più frequentati», aggiunge Sierakowski.

Il grande successo delle azioni intraprese in sostegno all’Ucraina mostra quanto sia diversa la sensibilità alla guerra in certe zone d’Europa, dove è la solidarietà a prevalere anzitutto. In un recente sondaggio del Pew Reserach Center, centro studi indipendente con sede a Washington, risulta che la percentuale di polacchi che considerano la Russia un grave pericolo è salita negli ultimi due mesi al 94% (nel 2018 era al 65%); i giudizi più negativi nei confronti della Russia, insieme ai polacchi, in Europa li esprimono gli svedesi (94%). Gli uni e gli altri, polacchi e svedesi, concordano sulla grande fiducia da accordare a Biden (rispettivamente all’82% e al 74%) e alla NATO in genere (rispettivamente 89% e 79%). 

Malgrado il grande dibattito che si faccia sull’invio di armi all’Ucraina qui da noi in Italia, poi, giova ricordare che il nostro paese risulta ancora oggi agli ultimi posti tra i contributori. Al primo posto c’è l’Estonia, che ha devoluto agli aiuti (in gran parte militari) per l’Ucraina quasi lo 0,8% del proprio PIL. La Polonia è al secondo posto, con lo 0,18%; seguono Lituania, Slovacchia e Svezia, tutte accomunate dal pericolo della vicinanza con la Russia. L’Italia, con 260.000.000 di euro di impegno negli aiuti, viene dopo Regno Unito, Germania e Francia, ma anche dopo Cechia e Croazia, con un’esposizione pari allo 0,015% del proprio PIL. Una maggiore trasparenza sui dati dell’invio delle armi, come avviene in altri paesi, sarebbe dunque auspicabile per avere un quadro corretto su cui poggiare determinati ragionamenti. I dati più recenti attribuiscono all’Italia l’invio di obici trainati FH70, mitragliatrici leggere e pesanti, mortai, missili Stinger MANPADS e armi anticarro.