Don Mateus è partito dall’Italia all’inizio degli anni Ottanta e ha deciso di fermarsi in quest’angolo di mondo per imparare l’antica arte di curare anima e corpo assieme allo spirito. Arrivato nel paesino montano, incontra un anziano sciamano che gli rivela il suo potenziale. Un’opportunità di carriera imprevista che lui accetta mancando l’appuntamento col volo di ritorno in Italia. La sua è la storia di una chiamata e la prova reale che la vocazione esiste al di là di confessioni, istituzioni e persino confini culturali. Del resto, la prospettiva di diventare curandero non gli concedeva alcun privilegio se non la promessa di fare molti sacrifici. In effetti, una vera iniziazione richiede un’esperienza di purificazione di ben tre anni, in solitaria, in mezzo alla natura. Con una varietà di astinenze che vanno dallo zucchero, al cibo in scatola, a come si dorme, al sesso. Uscito da quell’ordalia, lo aspettava un tirocinio di altri sette anni assistito da un gruppo di anziani che ti leggono nel cuore. Al compimento del decimo anno finalmente il primo paziente da curare.
Bisogna mettere in rilievo che anche la zona dove Don Mateus vive non è un luogo qualunque. Secondo la cosmologia huichol, uno dei popoli indigeni del Messico, qui è nato il sole in cima a una montagna. La tradizione narra che sulla cresta alta del Cerro Quemado si trovi un luogo del Tonal dove il Cosmo e la sua luce dialogano di continuo con la “terrestrità”. Secondo questa prospettiva, l’Universo è costituito d’energia a cui possiamo associare sia luce che spirito. L’energia è qualcosa di simile all’elettricità e di conseguenza dove c’è vita e materia c’è pure energia.
Alle due partiamo. Stiamo salendo lungo una montagna arida e tondeggiante, senza alberi, via via sempre più spoglia, che raggiunge i tremila metri. Noto che la roccia grigia ferisce il terreno attraverso infinite crepe cercando di farmi inciampare a ogni passo. Finalmente alzo lo sguardo. A distanza l’intero anfiteatro di montagne e punteggiato dalle rovine delle antiche miniere spagnole. Mura diroccate, ricoveri per gli operai, qualche torre di un forno d’altri tempi. Resti di una corsa all’argento che un veto governativo al momento sospende da ogni futura prosecuzione. L’area è protetta. Anche dal turismo come fonte di reddito. Facciamo una breve sosta in un posto particolarmente scenografico. Dirimpetto verso il deserto, a ovest, spicca la sagoma del Cerro Quemado. «Don Mateus, perché ci sentiamo bene quando camminiamo in mezzo alla natura? Lungo i deserti, sulle montagne o nelle foreste mi sento sempre libero e rinvigorito. Anche questo ha a che fare con le energie?». Mi guarda per un attimo e strizzando l’occhio abbozza un mezzo sorriso divertito. «Be’, libero perché hai lasciato tutti gli affanni del consorzio civile alle spalle, rinvigorito invece perché hai intorno a te la natura e i suoi elementi, la loro energia. Cosa significa? Che anche camminare è una chiamata a cooperare con l’Universo. A entrare in sintonia con le energie della Creazione che da sempre presenziano a un palmo da te. Dipende da te sviluppare una pratica del camminare che ti renda cosciente di quanto sia ricco e complesso il mondo che ti circonda. Come ho già detto in altre occasioni, sono due le chiavi per una crescita evolutiva. L’attenzione e l’intenzione».
Riprendiamo a salire lungo la scarpata in diagonale. A passo svelto. È dura stare dietro a questo benedetto uomo. Nella progressione manca l’aria e pertanto l’andatura rallenta ma procediamo al punto da arrivare a una specie di casupola. Giace in una valletta nel punto d’incontro tra due montagne. Da fuori sembra una stalla o un rifugio per pastori. Ha una porta doppia in legno, semplice, senza chiavistello. Dà l’impressione che basti spingere una delle ante per entrare. E così faccio. All’interno risalta un tripudio floreale che fa risplendere tutti gli angoli umidicci dell’edificio. Persino il soffitto. Al centro, troneggia un crocefisso appoggiato a un altare di legno che appena spunta in mezzo a una miriade di fiori multicolore. Soprattutto rosso magenta. Ma chi l’avrebbe mai detto di trovare una cappella votiva nel mezzo del nulla. Non resisto dal chiedere spiegazioni.
«Scusa, ma possiamo considerare anche questo un luogo del Tonal?» Don Mateus s’avvicina, sbircia per un attimo dentro e con massima calma risponde. «Sì e No! Come esistono il papa e i cardinali, esistono luoghi del Tonal e luoghi aiutanti chiamati tupil. Sono come specchi che connettono verso un punto centrale. Per esempio, il Cerro Quemado. O se preferisci sono come i santi che possono fare da tramite. Per un curandero e importante entrare nel mondo del Tonal. Solo così può aiutare a riconfigurare l’energia in una nuova direzione. Alla radice di tutto c’è la dimensione del Tonal. La dimensione delle cause. La malattia, il bisogno materiale, persino i pensieri sono soltanto manifestazioni passeggere dove l’energia si forma e si trasforma. Lo sciamano con umiltà offre una mediazione».
«Essere in sintonia col mondo circostante e importante. Sentirsi connesso pure. Ma il nocciolo di tutto è l’intenzione. Quello che intendi chiedere alla Vita attivando una possibilità.» Si torna sempre all’intenzione. È davvero un punto di partenza dell’intero sistema di pratiche di Don Mateus. «L’intenzione è basilare. La luce è nata con l’intenzione. Tanto tempo fa. E anche tu sei parte di quella Creazione. Di conseguenza, esiste dentro di te di più di quello che puoi immaginare. Soprattutto la forza dell’intenzione. Ma è importante che l’intenzione venga prima della parola. Che sia un’emozione sentita in tutto il tuo corpo. Sin nelle budella del tuo essere. L’intenzione non è un costrutto mentale presidiato dall’ego. Non dice “voglio”. Anzi non dice nulla, sente solo il flusso di una corrente che va in una certa direzione e prova a seguirla. Come quando scrivi una poesia e segui un’ispirazione. L’emozione deve venire dalla pancia, essere radicata alla terra. E tu devi guidare tutto questo con la tua coscienza. Perché è l’energia dell’intenzione ad attivare varie possibilità nel mondo. A noi, non resta che aspettare che l’Universo lavori coi suoi tempi per un equilibrio».
A quelle ultime parole segue il silenzio mentre l’occhio riprende a scrutare il pietrisco che continua a salire. Le piante di agave spuntano dappertutto intorno a noi. Ci stanno dirigendo verso un passo. Le seguiamo. Anche il fiatone cambia prospettiva quando l’aria si fa più fina. Arrivati alle rovine spagnole, sediamo su di un muretto per guardare a quell’immenso panorama di monti e deserto. Presenziamo silenziosi come in un tempio. In alto, il cielo sgombro di nuvole infiamma di luci azzurre fino alla Sierra Madre. Non chiedo nulla alla brezza che ha appena sfiorato il mio volto. Il mio cuore è fermo. Non crea parole o movimenti del corpo. È interamente immerso nell’istante. Un’aquila emerge da un pendio giù in basso. Passa di fronte a noi. Planando devia il volo oltre un versante assetato di pioggia. Segue leggera il soffio del vento. Ariose, le sue piume danzano nell’intenzione.
da “Leggere nel cuore. I segreti di un curandero”, di Massimo Maggiari, Giunti, 216 pagine, 16 euro