Strategia del voto utileLetta dice che l’obiettivo di Meloni, Salvini e Berlusconi è mandare a casa Mattarella

Per il segretario del Partito democratico, «Renzi ha costruito una trappola che avvantaggia Meloni e Salvini e relega il terzo polo a un ruolo totalmente marginale». Perché «la causa del terzo polo e di Conte è quella di sconfiggere il Pd e di prenderne il posto. Hanno abbandonato da tempo l’idea di contrastare la destra. Rivendico il fatto che gli unici a farlo siamo noi e non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci. Possiamo rigirare un destino che sembra già scritto, possiamo farcela»

(La Presse)

Una vittoria del centrodestra con la conquista del 70% dei seggi sarebbe un pericolo per la democrazia. Il segretario del Partito democratico Enrico Letta torna a ribadirlo in un’intervista alla Stampa. «L’effetto combinato di questa legge elettorale e della riduzione del numero dei parlamentari fa sì che se la destra prendesse il 40 per cento, e il fronte opposto si dividesse in parti uguali, a Meloni, Salvini e Berlusconi andrebbero il 70% dei seggi. Per questo ho fatto un appello al voto utile: siamo gli unici che possono vincere nei collegi uninominali. È incontestabile», dice. Perché «il vero obiettivo della destra», secondo Letta, è «mandare a casa Sergio Mattarella. Berlusconi se l’è lasciato sfuggire, l’intenzione è chiarissima, ma noi ci opporremo in ogni modo».

Il segretario Dem torna a ripetere che, in caso di vittoria, la destra stravolgerebbe la Costituzione a colpi di maggioranza. «Non ho dubbi», dice. «Ci sono la Corte Costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura, per i quali l’equilibrio parlamentare è dirimente. L’allarme di una torsione maggioritaria è reale, sotto gli occhi di tutti. Chi non vuole la destra, ma vota Cinque Stelle e terzo o quarto polo, in realtà semplicemente fa stravincere la destra».

Per il segretario, «Renzi ha costruito una trappola che avvantaggia Meloni e Salvini e relega il terzo polo a un ruolo totalmente marginale». Perché, prosegue, «la causa del terzo polo e di Conte è quella di sconfiggere il Pd e di prenderne il posto. Hanno abbandonato da tempo l’idea di contrastare la destra. Rivendico il fatto che gli unici a farlo siamo noi e non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci. Possiamo rigirare un destino che sembra già scritto, possiamo farcela. In quei 60 collegi in bilico basta che la nostra coalizione cresca del 4%, quindi basta che ognuno dei quattro partiti che la compone cresca dell’1%, per vincere. Una cosa che non è minimamente alla portata né del terzo polo né del Movimento».

Quando gli si fa notare che il Rosatellum e il taglio dei parlamentari però sono il frutto delle scelte di questo Pd, Letta risponde che le colpe vanno cercate altrove: «Si tratta di due storie diverse. La legge elettorale è figlia di Renzi, se l’è costruita con l’idea che il suo 40% potesse diventare il 60 in Parlamento. Un trucco da apprendista stregone che poteva avere solo esiti nefasti. Altra cosa è l’impegno dei Cinque stelle a cambiare il Rosatellum, una promessa che non hanno mantenuto».

Il segretario racconta di aver «fatto di tutto» per cambiare la legge elettorale, «ma ho trovato un Parlamento troppo frammentato. In un anno e mezzo le Camere sono riuscite solo ad approvare le cose che un motore esterno, il governo Draghi, faceva. In tutta la partita del Quirinale, non sono state capaci di fare un accordo solido su nulla».

Poi dice «no» alla proposta di Giorgia Meloni di fare una Bicamerale per le riforme costituzionale. «Il vero problema è l’obiettivo che hanno, inaccettabile. Io sono contro il presidenzialismo, lo trovo una scorciatoia insidiosa, il modo populista di dire ai cittadini: guardate, le cose non vanno bene, datemi tutti i poteri in mano e risolvo io. La verità è che sanno benissimo che non sarebbero in grado di governare un momento così difficile e si stanno costruendo l’alibi perfetto per non farlo», spiega. «È un discorso che si scontra con la storia di questo anno e mezzo. Un periodo in cui l’Italia è stata ben governata senza presidenzialismo, con un esecutivo che ha fatto le cose dicendo dei sì e dei no. Se vogliamo, il sistema può funzionare. Una legislatura che si imbarca in uno scontro di civiltà su un cambio di Costituzione è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno».

E anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza sarebbe a rischio, secondo Letta, in caso di vittoria della destra. «L’ha osteggiato in ogni modo, quando ha potuto si è astenuta e quel che ha detto sulla necessità di cambiarlo ha già messo in fibrillazione Bruxelles e i mercati, dando l’idea che il Paese non è pronto», spiega.

E conclude ripetendo l’invito a Giorgia Meloni a togliere la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia. Il fatto che non abbia intenzione di farlo, spiega, dimostra come non voglia trasformare il suo partito in un moderno partito conservatore. «Così come lo dimostra non aver mai pensato di chiedere scusa alla donna ucraina violentata protagonista di uno stupro che lei stessa ha fatto girare sui social. Non si cambia in due settimane. Io, quando vado all’estero, anche se parlo un’altra lingua resto io, sono la stessa persona».

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