«Alzare il tetto del contante? Il mercato non lo richiede, perché oltre certi importi ormai non si paga più cash, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa». A dirlo è il presidente dell’Autorità anticorruzione, Giuseppe Busia. Che sulla Stampa mette in guardia dal rischio «di rivedere di continuo le soglie, posto che le imprese negli anni hanno fatto degli investimenti sui pagamenti digitali per attrezzare i loro sistemi, a partire dall’utilizzo dei Pos, e ora sarebbe utile una stabilità normativa, anche per sfruttare l’investimento fatto. E comunque occorre andare avanti con la digitalizzazione dei pagamenti per tutti, compresa la pubblica amministrazione, senza pensare ovviamente di abolire il contante che resta pur sempre utile per le transazioni più piccole o per andare incontro alle abitudini delle persone più anziane».
Dopo la proposta lanciata da Matteo Salvini sull’innalzamento del tetto al contante dagli attuali 2mila a 10mila euro, il governo guidato da Giorgia Meloni sarebbe orientato nel fissare l’asticella tra i 3mila e i 5mila euro, ma da quello che trapela si dovrebbe chiudere a 5mila euro. La soglia a 10mila euro suggerita dai leghisti è considerata anche da Fratelli d’Italia troppo alta. Un aiuto enorme per evasori, riciclatori e mafie.
Meloni, che ieri ha avuto la prima riunione operativa a Palazzo Chigi sulla legge di bilancio con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro agli Affari europei e al Pnrr Raffaele Fitto, il futuro viceministro Maurizio Leo – che avrà la delega sul fisco – e il sottosegretario della presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, ha condiviso questa preoccupazione. Anche perché ha visto la reazione scandalizzata di una buona parte dell’opinione pubblica e i distinguo che sono già partiti nella coalizione di governo, con il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, Forza Italia, che ha gelato gli alleati: «L’aumento del tetto non è una priorità».
Giuseppe Busia, pur non entrando nel terreno della politica, segnala quelle che chiama «evidenze scientifiche». La prima «riguarda la diffusione dei pagamenti elettronici: sebbene durante la pandemia questi siano cresciuti, siamo ancora indietro. Stando ad uno studio della Bce, l’Italia è sotto la media europea. Un altro aspetto che emerge è che la domanda di pagamenti elettronici cresce al crescere delle cifre e quindi il bisogno del mercato di pagare in contanti si riduce al crescere della cifra. In pratica tanto più si alza la cifra, tanto meno il tetto è richiesto, perché la gente oltre certi importi, normalmente (se non ci sono altre ragioni) usa sempre di più la moneta elettronica».
Il capo dell’Anticorruzione dice: «Bisogna essere onesti: la fissazione di un tetto non riduce la corruzione in quanto tale, perché le tangenti sicuramente non si pagano con contributi tracciabili. Da questo punto di vista l’efficacia della soglia è molto relativa, e oggi per corrompere ci si serve di pagamenti che non sono neanche in denaro, ma passano attraverso consulenze, favori e modalità molto più sofisticate. Però, dal punto di vista scientifico, ci sono studi della Banca d’Italia, ma anche di altri soggetti, che evidenziano come tanto più cresce il tetto nell’uso del contante e tanto più, a parità di altre condizioni, si ha un incremento dell’economia sommersa, del lavoro nero e dell’evasione fiscale».
Secondo Busia, «a voler pagare grandi cifre in contanti possono essere spacciatori, evasori o quanti sfruttano il lavoro in nero. Ci può essere qualche turista proveniente dall’estero, come paesi dell’Est o paesi Arabi, che hanno l’abitudine di pagare in contanti anche spese notevoli. Ma è un ambito molto ristretto».
Ma, avverte, sulla lotta alla corruzione e alle attività illecite «non si deve fare alcun passo indietro perché sarebbe sbagliatissimo». Bisogna proseguire con «il tracciamento di pagamenti che riguardano denaro pubblico. Mi riferisco all’area dei contratti pubblici, che noi presidiano, ma in generale a tutti pagamenti delle provvigioni pubbliche. Per questi non solo vanno usati gli strumenti elettronici, dai bonifici alle carte di credito, ma bisogna fare in modo di accrescere la tracciabilità. Per tale motivo stiamo investendo molto sulla digitalizzazione: è un fattore essenziale, perché è un elemento di modernizzazione del Paese e poi garantisce rapidità, controllabilità, trasparenza nell’utilizzo del denaro pubblico e quindi risparmi sia di tempo che di denaro».
L’Anticorruzione sta investendo sulla Banca nazionale dei contratti pubblici, «strumento che ci invidiano in Europa e per cui siamo stati anche premiati», dice Busia. «La nostra Banca dati è stata inserita come priorità nel Pnrr: il suo rafforzamento è strumento abilitante per gli investimenti. Tutta la spesa pubblica legata alla realizzazione delle opere e all’acquisto di beni e servizi viene tracciata, dal momento della programmazione a quello dell’effettuazione della gara sino all’ultima fattura». La banca dati è inoltre «consultabile liberamente da tutti: consentendo ai cittadini di verificare come vengono spesi i loro soldi, si assicura maggiore partecipazione civica e accresce la fiducia nelle istituzioni».