Il neoministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara si occupa da sempre di scuola e università. Professore di diritto romano a Torino, preside all’Università Europea dei legionari di Cristo a Roma, è stato tra le altre cose anche relatore della legge Gelmini per l’università.
In un’intervista al Corriere, spiega quale è il senso del nome del suo ministero, a cui è stata aggiunta quella parola – merito – che si è attirata molte critiche. «Perché la scuola oggi è una scuola classista», dice. «Non è la scuola dell’eguaglianza e non aiuta i ragazzi a realizzarsi costruendosi una soddisfacente vita adulta. La dispersione è al 12,7 per cento, se aggiungiamo quella implicita (cioè di chi ha il diploma ma non le competenze minime), sale ad un preoccupante 20 per cento. Tutto questo dentro un divario di apprendimento tra i territori. Come ha scritto sul Corriere Ernesto Galli Della Loggia, “non è una scuola dell’eguaglianza perché non è una scuola del merito”. Parte da questa consapevolezza la sfida del merito, che dà sostanza alla parola Istruzione».
Come si tradurrà il merito in misure concrete? «Occorre una più incisiva personalizzazione dei piani di studio, anche con una articolazione della funzione docente, che consenta di coltivare le potenzialità di tutti, sostenendo chi è in difficoltà e alimentando le capacità dei più bravi. Bisogna garantire un orientamento che fornisca alle famiglie e agli studenti le informazioni per effettuare scelte consapevoli dalla scuola media. È inoltre fondamentale potenziare l’istruzione tecnico-professionale che va costruita in filiera con l’istruzione tecnica superiore».
Per Valditara, «l’istruzione tecnico-professionale deve avere pari dignità dell’istruzione liceale. Deve fornire solide competenze di base e vanno rafforzate le discipline caratterizzanti con investimenti importanti nelle attività laboratoriali. La formazione tecnico professionale è dove si giocano le capacità pratiche che possono garantire a molteplici talenti una maggiore occupabilità insieme con una più forte competitività del sistema imprenditoriale. Come gli Its, le scuole devono poter utilizzare anche le migliori competenze professionali offerte dalle imprese. Vanno ridefiniti i profili professionali sulla base delle reali esigenze del territorio».
Come? «È con questo spirito che propongo una grande “alleanza per il merito” alle famiglie, al sistema-scuola, alle parti sociali: un’alleanza che permetta ad ogni studente, con la doverosa attenzione agli alunni con disabilità e bisogni speciali a cui va garantita stabilità di sostegno, di perseguire quel “pieno sviluppo della persona umana” affermato nell’articolo 3 della Costituzione».
In questo disegno, «gli Its devono diventare l’altro pilastro, parallelo all’università, per formare le professionalità di cui l’industria ha bisogno. Abbiamo 1,5 miliardi di euro nel Pnrr, correremo per varare i 19 decreti attuativi entro l’anno e dobbiamo farlo nell’interlocuzione con regioni e parti sociali».
Ma bisogna guardare anche al merito degli insegnanti, dice, che «significa riaffermare il loro alto ruolo sociale, strategico per lo sviluppo del Paese, riconoscendo anche economicamente impegno e competenza. Mi batterò perché quella del docente torni a essere una figura autorevole, caratterizzata dal rispetto, dalla dignità e dal decoro. Dobbiamo anche prevedere misure efficaci per tutelare l’autorevolezza degli insegnanti e la serenità del loro lavoro, riscoprendo negli studenti l’educazione alla cittadinanza: la scuola del merito deve educare all’impegno e alla responsabilità e deve pretenderli. Ma, anche considerando il recente caso del professore di Firenze che ha scritto una bestemmia in un post, sono i docenti per primi che non devono mai venire meno al loro ruolo di educatori».
Poi promette: «Nella legge di Bilancio ci sarà grande attenzione alla scuola, senza dover toccare il fondo per la valorizzazione professionale. Già giovedì incontrerò i sindacati».
Sul nuovo percorso di accesso alla professione con laurea magistrale, 60 crediti, tirocinio con prova finale abilitante e poi concorso, dice che «è una linea giusta che consente di avere subito l’abilitazione, e che semmai andrà ulteriormente potenziata».
Poi spiega l’idea di una «diplomazia della scuola». «La nostra scuola ha un grande valore e sarà il centro di un progetto di cooperazione verso un continente strategico come l’Africa». Aprirà scuole italiane in Africa? La risposta: «Perché no?».