«Se adesso andassi via violerei una serie infinita di leggi e convenzioni internazionali e qui nel porto di Catania non sto facendo nulla di illegale. Sto seguendo la legge del mare». Joachim Ebeling, comandante della Humanity 1, lo dice a Repubblica. Come Carola Rackete, la comandante di Sea Watch 3 che nel 2019, pur di portare in salvo i naufraghi che aveva a bordo, dopo un’interminabile attesa ha deciso di forzare il blocco imposto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, Ebeling comanda una nave bloccata da un ordine interministeriale che lo obbliga a non far sbarcare naufraghi salvati nel corso della missione.
Quando è arrivato l’ordine di allontanarsi con a bordo i trentacinque sopravvissuti alle traversate del Mediterraneo cui è stato vietato di sbarcare perché non ritenuti sufficientemente fragili, Ebeling si è rifiutato di andare via. «Sono un capitano esperto, con anni di mare alle spalle.Per me, questa è una situazione inedita, che mai avrei immaginato e chiaramente mi mette a disagio. Ma sono sereno perché ho solo fatto il mio dovere in mare, seguendo leggi e regolamenti», dice.
Il momento peggiore di questa missione, ammette, è «esattamente quello che stiamo vivendo adesso: siamo costretti ad assistere inermi alla violazione dei diritti fondamentali delle persone». Che per lui vuol dire «affrontare un governo che cerca di costringermi ad agire contro la legge e contro il mio dovere di capitano di portare la mia nave e chi è a bordo al sicuro». Ai responsabili «di questa situazione direi di informarsi meglio sul dovere di soccorso delle persone in pericolo in mare. Lo sbarco dei naufraghi nel luogo sicuro più vicino è un obbligo. E il nuovo governo italiano non può cambiare il diritto internazionale del mare a proprio piacimento».
Ebeling ribadisce che «un’operazione di salvataggio si conclude quando tutti i naufraghi sono sbarcati in un luogo sicuro. Non andrò via da Catania fino a che non si realizzerà tutto questo». Anche perché, aggiunge, si tratta di «un decreto illegale». «Perché è una forma di respingimento collettivo, dunque illegale. Come le persone già sbarcate, anche gli altri trentacinque rimasti a bordo sono in situazione di emergenza. Sono fuggiti dalla Libia dove vivevano in condizioni terribili e da allora hanno dovuto sopportare più di due settimane in mare».
«Mai visto nulla di tutto ciò», commenta il comandante. «Lo sbarco di un bambino e di centocinque minori non accompagnati è stato rapido. Poi è cambiato tutto. I maggiorenni, spesso solo di un anno o due più grandi di chi ha lasciato la nave, sono stati sottoposti a un sommario controllo medico e poi classificati come bisognosi di protezione o meno. Sono valutazioni arbitrarie assolutamente inaccettabili».
Ebeling spiega che lui e la Sos Humanity «siamo assistiti da un team legale italiano. Verrà avviata una procedura d’urgenza di fronte al tribunale di Catania per garantire ai naufraghi di poter chiedere asilo e sarà presentato appello al Tar del Lazio. Ma il nostro principale interesse è che tutti i trentacinque sopravvissuti al Mediterraneo possano sbarcare immediatamente dalla nave».
Il neoministro del Sud e del Mare Nello Musumeci, in un’intervista al Messaggero, dice: «Mi pare ovvio che prima di ogni sbarco c’è un imbarco. Si contestano gli sbarchi cosiddetti selettivi, dimenticando prima gli imbarchi di massa. Una persona in mare va sempre soccorsa, ma è lo Stato a cui appartiene la nave che deve continuare a farsene carico. La linea del nostro governo è chiara: umanità e fermezza! Massima attenzione ai fragili».
Ma l’appello a un trattamento «umano» dei migranti arriva anche da Papa Francesco nella conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio in Bahrein. Il pontefice ha esortato il governo a fare la sua parte appellandosi nello stesso tempo ai membri Ue affinché siano d’aiuto. «Il Mediterraneo è un cimitero, forse è il cimitero più grande. La politica dei governi, fino a questo momento, è stata di salvare le vite, e credo che questo governo ha la stessa politica, non sarebbe “umano” fare diversamente», ha spiegato Bergoglio. «Ma l’Italia, questo governo, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea. Ogni governo dell’Unione europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, alla Grecia, all’Italia e alla Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge».