Duello europeo sul price capPer Pichetto Fratin la proposta di Bruxelles rischia di essere un regalo a chi specula sul gas

Oggi si incontrano di nuovo i ministri dell’Energia dei Paesi membri. Il ministro dell’Ambiente dice che occorrono dei correttivi: il tetto a 275 euro proposto dalla Commissione è alto e potrebbe trasformarsi «in uno stimolo alla speculazione, in una spinta verso l’alto del prezzo, anziché rappresentare un freno». E dalle prime simulazioni, «non scatterebbe nemmeno se il prezzo esplodesse come è successo l’estate scorsa»

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Oggi a Bruxelles si incontrano di nuovo i ministri dell’Energia dei Paesi membri dell’Unione europea per una riunione straordinaria sulle misure contro il caro-bollette, tra cui gli acquisti congiunti e il tetto al prezzo del gas. Il price cap da 275 euro attivabile solo a fronte di prezzi del gas «straordinariamente elevati», presentato dalla Commissione, è stato accusato di essere troppo elevato e virtualmente impossibile da attivare.

«La montagna europea alla fine ha partorito un topolino», ha commentato il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso. E anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin a Repubblica dice: «Non è quello che ci aspettavamo. Con i colleghi europei siamo d’accordo che dobbiamo valutare la proposta in dettaglio. Ma così come è trapelata lunedì ci lascia insoddisfatti. Occorrono dei correttivi».

Per Pichetto Fratin, il tetto «è molto alto (275 euro a megawattora, ndr). Al punto che potrebbe trasformarsi in uno stimolo alla speculazione, in una spinta verso l’alto del prezzo, anziché rappresentare un freno. E poi non ci convincono le modalità di applicazione (due settimane al di sopra dei 275 euro e una differenza di almeno 58 euro col prezzo del gas liquefatto, per almeno 10 giorni, ndr). Dalle prime simulazioni, con un simile meccanismo il tetto non scatterebbe nemmeno se il prezzo esplodesse come è successo l’estate scorsa».

E anche se il governo italiano ha assunto l’impegno del taglio del 55% delle emissioni in una prima fase, nel 2030, ed emissioni zero nel 2050, l’Italia oggi continua ad avere bisogno di gas per sostituire quello russo. Il ministro ammette che «probabilmente i due nuovi rigassificatori galleggianti di Piombino e Ravenna non basteranno. Dovremo dotarci anche di altri tre o quattro rigassificatori fissi, a terra o in mare. E utilizzare le navi rigassificatrici per le emergenze. Per far questo dovremo anche raddoppiare il gasdotto che va da sud a nord, la cosiddetta dorsale adriatica, che in questo momento è satura, con 125 milioni di metri cubi di gas al giorno. Il che ci impedisce di fare i rigassificatori di Gioia Tauro e Porto Empedocle, dove sono già previsti. O anche di aumentare il flusso di gas in arrivo dal Tap». Intanto il governo ha annunciato anche lo sfruttamento dei giacimenti di gas tra le 9 e le 12 miglia dalla costa: «L’impegno è raggiungere emissioni zero nel 2050. Mancano 27 anni, e in questi 27 anni dovremo comunque spingere moltissimo per far diminuire il gas e aumentare le energie rinnovabili. Ma lo sviluppo delle rinnovabili richiederà 10-15 anni, un periodo più che sufficiente per ammortizzare i costi di impianti come rigassificatori e trivelle».

E sulle rinnovabili, il ministro dice: «Il 2021 si è chiuso con 1,5 gigawatt di nuove rinnovabili installate: pochissimo. L’obiettivo è chiudere il 2022 con oltre 7 gigawatt, forse 9. Ma soprattutto il governo vuole arrivare a una media che ci permetta nei cinque anni di questa legislatura di arrivare ai 60 gigawatt».

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