La tematica meritava di essere approfondita in compagnia di Chiara Sabatini, regista e stylist romana trapiantata a Parigi all’origine di questo fashion short movie che sta facendo il giro dei festival di cinema indipendente di tutto il mondo. Realizzato a Parigi nell’estate del 2021 nei locali del ristorante di Giovanni Passerini, rue Traversière, il corto si interroga sull’adolescenza, su come combattare la noia. Tre adolescenti edonisti scelgono di farlo con l’aiuto della pasta alla carbonara; un piatto tradizionale, nato dal bisogno dei pastori (i Carbonai) di ridurre lo spreco alimentare, servendosi di ingredienti semplici, facilmente conservabili.
Un progetto che ha coinvolto più brand quali Mugler, Undercover, Moon Young Hee, Vibe Harsløf, Helmut Lang e Byronesque, irriverente Mecca del vintage internazionale. Il tutto confezionato con una narrazione sospesa, ritmata da un sound elettronico inebriante, merito del lavoro di un team affiatato. A Parigi, un pomeriggio non ancora primaverile, abbiamo intercettato Chiara Sabatini per esplorare l’estetica incantata che gravita attorno a Carbonara Kids. Un incontro carico di contenuti.
Come racconteresti il tuo lavoro a qualcuno che non lo conosce?
Ho sempre seguito percorsi non lineari, i miei lavori sono come dei viaggi, mi piace sperimentare e lasciarmi sorprendere. Un caro amico scrittore mi ha detto che faccio dei film materici, che creo tessuti in cui si intrecciano immagini, suoni ed emozioni. In realtà ognuno vede cose diverse nei miei lavori e questo mi diverte molto.
Se dovessi descrivere il tuo percorso in tre città che contano?
Mamma Roma, «tutta vizio e sole, invasata di esibizionismo e sensualità» come diceva Pasolini. Roma rappresenta le mie radici, dove tutto è iniziato, vita e passioni. Los Angeles è l’archetipo della postmodernità per il suo essere socialmente e spazialmente frammentata. Per me questa frammentazione è stata sinonimo di evasione, la città in cui mi sono trasferita a venticinque anni e che mi ha insegnato la libertà e l’incoerenza. Parigi, città in cui vivo da dieci anni, per me simboleggia l’incontro in tutte le sue declinazioni. L’incontro intellettuale, l’incontro con gli altri e con se stessi. Incontro con l’amore assoluto. Parigi è una festa continua, impossibile non perdersi.
Se non fossi una regista e stylist, che lavoro faresti oggi?
«Un lavoro che produca libertà e bellezza», citando il pensiero futuristico di Adriano Olivetti di concepire l’unione tra lavoro e vita privata. Non potrei fare a meno ne dell’una né dell’altra.
In che momento ti è venuta l’idea di realizzare Carbonara Kids?
L’adolescenza è un universo che mi affascina molto, l’edonismo, la noia, la scoperta. La carbonara è la metafora per tre adolescenti del piacere soddisfatto. Perché per me l’adolescenza non è che una continua ricerca del piacere per conoscersi e conoscere il mondo.
Un ricordo indelebile legato a questo progetto.
È il primo progetto che ho realizzato dopo la nascita di mio figlio, Carbonara Kids è pieno di piccoli pensieri dedicati a lui.
Quanto conta il rapporto tra cibo e moda?
Il dialogo che c’è tra i due è indubbio, trovo che il legame si trovi sempre nel piacere, sono due modi diversi per viverlo.
Girato nel 2021, Carbonara Kids non è che il secondo dei tuoi film. Come posizionarlo rispetto a Sœur (2019) e Wildflower (2022)?
Oggi considero i tre film una trilogia, ed è strano perchè ho capito il legame forte che c’è tra loro solamente dopo averli terminati tutti. È stata una rivelazione. Lo scorso dicembre i tre i film sono stati proiettati nel mitico Christine Cinéma a Saint-Germain-des-Prés; in quell’occasione ho scoperto la forte connessione stilistica e tematica che li accomuna. In fondo parlano tutti della stessa cosa, della nostra parte più selvatica, autentica, che cerca di uscire e abbattere le barriere.
Qual è la tua percezione dell’ecosistema di tutti i fashion movie festival internazionali a cui ha partecipato il pluripremiato Carbonara Kids?
In questo momento storico riscontro una forte attenzione verso l’ecosostenibilità nei fashion festival. Carbonara Kids è stato premiato al Sarajevo Fashion Film Festival nella categoria “Best Social Message”. Ho deciso di trattare questo argomento perché oggi la sensibilizzazione è necessaria per un cambiamento sociale verso una maggiore integrità.
Pasolini, la musica elettronica, Alda Merini, la psicomagia di Jodorowsky, Lanthimos, Pina Bausch, 8 1/2, l’opera lirica, Harmony Korine… il tuo universo è costellato di riferimenti letterari, poetici e sonori. Quali parti di te si rispecchiano nelle opere di questi artisti?
Penso che ogni sfaccettatura dei miei lavori venga da ciò che mi ha colpito nella vita. Un film, una poesia, un racconto di un amico, un luogo, un concerto, i componenti della mia famiglia, un profumo, come in un collage li ritrovo nelle mie creazioni.
Si potrebbe dire che Diane Pernet, giornalista e critica di moda internazionale fondatrice del festival di film di moda ASVOFF, sia uno dei tuoi mentori. Come si è sviluppato il vostro rapporto nel corso degli anni?
Diane Pernet è una pioniera, un’innovatrice, una rabdomante che ha il talento di vedere prima degli altri le cose. È stata lei a spingermi a realizzare dei film, e per questo le sono grata. Diane è qualcuno che non vedo tutti i giorni, ma che appare nei momenti giusti e mi dona degli input fondamentali.
Parliamo di moda e magia, una sfera che sembra appassionarti ultimamente…
La magia mi ha sempre appassionata, mi piacciono i film perché sono un veicolo magico, mi piace perdermi nella pelle di altre persone, in altri mondi. Per me la magia rappresenta una porta di uscita dalla razionalità.
Una poesia per quest’inizio di primavera?
Se ora tu bussassi alla mia porta / e ti togliessi gli occhiali / e io togliessi i miei che sono uguali / e poi tu entrassi dentro la mia bocca / senza temere baci disuguali / e mi dicessi: « Amore mio / ma che è successo ? », sarebbe un pezzo / di teatro di successo (Se ora tu bussassi alla mia porta, Patrizia Cavalli).